Ciao ragazzi, questo è un racconto un po' lunghetto e quindi sarà a puntate, spero che letta la prima parte, qualcuno di voi motociclisti avrà voglia di leggere il resto. Ora, a 77 anni, mi guardo indietro e sorrido di questa avventura, ma allora........
UN VIAGGIO PERICOLOSO. Prima parte.
Questa è una storia che racconta di una corsa, ma non di quelle che solitamente racconto e….non riguarda la mia Gta.
Il suo nome era 900 CBR RR Fire blade185 kili per 124 cv velocità max 265 km /ora. Forse oggi questi dati fanno sorridere, ma vi assicuro che nei primi anni 90 l’honda fire blade, come la spada de foco de Mario Brega, non vi faceva sorridere, vi faceva volare. Ora immaginate uno, che ama la velocità da sempre, ma che sia salito per la prima volta su una moto vicino ai quarant’anni, esattamente su una Suzuki custom 500 per uno di quegli strani casi che a volte capitano nella vita: un tizio mi doveva dei soldi e mi pagò….in moto. Ecco quello sono io. Non avevo mai guidato neanche un Ciao e mi ricordo che per portare a casa questa moto, attraversando Milano, mi vennero i crampi alle gambe per quanto le stringevo attorno al serbatoio. La ritirai in un garage di quelli ….a elica, lei stava all’ultimo piano, dall’altra parte della città. Pregai il custode, pagandogli una mancia da svenarmi, di portarmela a livello strada e di mettermela giù dal marciapiede nella direzione giusta. Già, vi sembra facile tirare giù un custom fino al piano terra non avendo guidato niente a due ruote che non fosse la bicicletta? Mi feci spiegare un po’ come si faceva, tipo: qual’è il freno e quale la frizione “ ah, c’è anche il freno a pedale!?” e il custode alla fine mi guardò interdetto: ” Ma scusi, lei dove deve andare?” “Ad Affori.” “Ma non ha mai guidato una moto? Ma è matto?” Credo di sì, e mi sto cagando addosso, ma non lo dissi. Risposi “ Ce la faccio ce la faccio, non si preoccupi!” . Ma lo stavo dicendo a me stesso e continuai a ripetermelo per tutto il percorso lungo la circonvallazione piena di traffico, percorsa spesso con i piedi per terra e le ginocchia che stringevano disperatamente il serbatoio. Non vi sto a raccontare ‘sto viaggio, credo di non aver mai sudato così tanto in vita mia. Avevo un abbigliamento abbastanza adeguato, in “tinta” con la moto: avirex e jeans, parevo figo, ma ero imbalsamato dalla fifa. La mattina dopo avevo dei dolori fortissimi ai muscoli delle cosce, ma mi svegliai con la voglia di risalirci, su quella moto. In quegli anni gestivo la mia vita da aerografista spiantato……ma non sempre, cercando clienti cui vendere la mia bravura. Non avevo quindi cartellini a cui sottostare, per cui……Inforco il mio Suzuki e vado in tangenziale a vedere l’effetto che fa. E fa un grande effetto!!!! Fu così che scopriii la moto. Oltre la Gta da corsa, ho avuto negli anni, due Porsche 911S, e una Ferrari e mezza, ma la moto……bè, poi che ve lo dico affà, chi ce l’ha lo sa, ma io che non l’avevo mai avuta non lo sapevo. Mi sentivo…..libero, ispirato dal il vento nei capelli e un paio di rayban, che mi si misero subito di traverso per l’aria e che stavo subito a cascà per terra, e così la dipinsi! Quello sapevo fare in quel periodo dei primi anni 80 che le corse erano solo un ricordo. Quando mi fermavo da qualche parte tutti guardavano le mie bellissime pantere dipinte sul serbatoio e per me, questo, era anche un bel veicolo pubblicitario oltre che una grande soddisfazione. Ma non voglio raccontare la storia della mia vita, che sarebbe piuttosto complicato e sembrerebbe quella di Manuel Fantoni( vi ricordate” m’imbarcai su un cargo battente bandiera liberiana…”), ma quella che mi portò ad un’avventura, qualche anno dopo, che non dimenticherò mai vivessi cent’anni. Torniamo alla moto, e siccome l’appetito vien mangiando, con parte dei soldi ricavati dalla vendita della 308 gt4, tenevo famiglia e mi serviva una 2+uno e mezzo per il trasporto, comprai una Honda VFR blu. Non si impara a guidare la moto a 40 anni se non l’hai già fatto da ragazzo. Continuavo a guardare il mio battistrada posteriore nella speranza che, col passar del tempo, diminuisse quel centimetro e mezzo che mi separava dal bordo esterno e dalla bravura. Cercavo di sfidare la paura in curva e di tenere sempre aperto al massimo sul dritto, amavo vedere dove arrivava il contachilometri in sesta, sentire quell’accelerazione mai provata prima. Oh, tenete conto che in quel periodo io avevo una bellissima R4 che mi ha accompagnato per gran parte degli “alti e bassi” della mia vita e con la quale sfioravo i 130 all’ora, usavo sempre quella anche se nel box , per un certo periodo, avevo la Ferrari, a proposito, sapete che a volte scendevo nel box, mi sedevo, chiudevo lo sportello, guardavo il cruscotto, la H lucida del selettore del cambio mettevo le mani sul volante e facevo: baaaaaaaa-baaaaa-bam- bam- bam, queste erano le scalate con ll punta tacco eh eh eh, come facevo da bambino con la topolino C, solo che non facevo il punta tacco. Vabbè, torniamo alla Honda. Come tanti motociclisti, il sabato andavo verso Lecco, fermandomi sul lungo lago e parcheggiando il VFR, come tutti, in prossimità del bar . Lì tutte le moto erano in fila, colorate e cattive e tutte mostravano, orgogliose, la loro gomma posteriore. Io le guardavo con invidia e rammarico quelle gomme, che raccontavano storie di pieghe estreme, e pensavo a quel centimetro e mezzo che mi mancava e di cui mi vergognavo. Qui, la maggior parte erano consumate fino al bordo….e pure di più , e alcune con i riccioli di gomma. Ecco, quelle erano le gomme di quelli “intutati” nella pelle colorata, spesso con foulard che usciva sventolando da sotto il casco e che dopo quella sosta, si sfidavano in pieghe folli, lungo la strada delle gallerie, che da Lecco s’inoltra verso la val Chiavenna. Ci andavo anch’io e a volte mi mischiavo a loro e mi inebriavo…. fino al primo curvone . La velocità è una questione di abitudine e con la moto l’abitudine ce la facevi…… ma solo.sul dritto. C’erano due cose che amavo in quel periodo, dipingere e andare in moto. Ci andavo ovunque, da solo, con mia figlia, che mia moglie si rifiutava. Dopo l’esperienza con il Gta, non avevo più la sua fiducia come pilota. Andavo come tutti in montagna, spesso con Fabrizio, per cercare di migliorare la tecnica di guida in curva e di accorciare quel centimetro e mezzo di gomma vergine. Allora non c’erano i multanova e ti potevi divertire. Insomma, mi sentivo un centauro, con i pantaloni di pelle stivali Dainese e tutto il resto…..ma la moto non la sapevo guidare, anche se andavo sempre col gas aperto. Poi comprai il CBR 900! La ritirai a Como insieme a Fabrizio che mi accompagnò. Sembrava un ufo, ma era una bici. La posizione di guida, fatta per “piegare” la leggerezza con il ruotino anteriore da 16 e la sua instabilità nei curvoni veloci, e poi, poi non sapevo mai che marcia avevo dentro, perché quando cambiavi tirava sempre come la marcia precedente. Un fulmine! Era inverno, anzi era dicembre , quasi natale. La notte non riuscivo a dormire, avevo voglia di provarla sul serio, in autostrada, volevo vedere quanto faceva, che cosa si prova a vedere il contachilometri a 300 all’ora, anche se era un’illusione. Volevo fare un viaggio, da solo, io e lei. Il venerdì, quindi, informai la mia famiglia che sabato mattina sarei andato a fare un giretto andata e ritorno…..a Roseto! Eeeeh, lo so, detto così sembra un po’ sopra le righe, ma vi assicuro che non ho mai fatto uso di droghe, mi bastava quella che aspiravo dalle vernici. Così, tra molte raccomandazioni di vai piano…..che mia figlia sapeva inutili e manco me lo diceva, il sabato mattina partii. Un par de scarpe da tennis nel sottosella e un paio di jeans, e poi girà tutto er monno, diceva Manfredi. Avrei dormito nella mia cara vecchia casa di Roseto quella notte e la domenica sarei ripartito per tornare, Quasi1200 km in sella al mio CBR! Mai come in quel momento pensai: “ l’importante è il viaggio e non la meta” …..E fu così.