Non solo Flat Tax. Salvini adesso prepara la rivoluzione del sistema previdenziale
Mille euro di pensione al mese per 14 mensilità indipendentemente dal reddito percepito durante la carriera lavorativa. Dopo la Flat Tax il programma economico di Matteo Salvini si arricchisce della riforma previdenziale. A realizzarla è proprio il teorizzatore della tassazione ad aliquota unica al 15%, Armando Siri, leader del Partito Italia Nuova.
La riforma del sistema pensionistico italiano prevede per i lavoratori dipendenti una pensione di 14 mensilità di importo variabile in base al periodo contributivo: con 35 anni si ha diritto a 800 euro al mese, con 40 anni mille euro. Il datore di lavoro paga 5.000 euro fissi di contributi e il lavoratore il 10% l’anno (oggi è il 9,9%). Il versamento medio annuale previsto è di 7.500 euro per un versamento complessivo in 40 anni di 300mila euro. Calcolando 20 anni di erogazione delle pensione in base all’aspettativa di vita media, emerge un valore lordo di 15mila euro l’anno, cioè 14mila euro netti. Per i lavoratori autonomi invece la pensione viene così calcolata: 3.500 euro di versamenti annuo per 35 anni danno diritto a 500 euro al mese; 3.500 euro l’anno per 40 anni sviluppano una pensione di 600 euro; con 5.000 euro l’anno per 40 anni si ha diritto ai fatidici mille euro al mese.
La riforma si applicherebbe a tutti i lavoratori a prescindere dal reddito senza alcun vincolo di età: gli unici parametri sono il numero di anni e l’entità di effettiva contribuzione. Nel nuovo sistema saranno coinvolti tutti i neolavoratori e quelli che hanno fino a 10 anni di anzianità, ai quali, nel caso di versamenti superiori a 5.000 euro l’anno da parte del datore di lavoro, verrà erogata una tantum dall’Inps per recuperare la differenza. I lavoratori che hanno fino a 25 anni di anzianità contributiva potranno invece scegliere il nuovo sistema solo se la loro aspettativa di pensione è superiore ai mille euro al mese e in questo caso otterranno un rimborso una tantum rateizzato in tre anni per recuperare la differenza.
Per quanto riguarda le pensioni sociali e di vecchiaia, esse verranno finanziate versando il 10% del risparmio a un fondo ad hoc, come avviene del resto già oggi, e ammonteranno a 700 euro al mese. Secondo Siri, con questa riforma gli autonomi avranno la certezza di una contribuzione fissa assai ridotta rispetto a quella attuale. I lavoratori dipendenti, invece, avranno un generalizzato aumento in busta paga, che sarà proporzionale allo stipendio percepito. Progressivamente il paragone con il sistema attuale andrà a sparire e si otterrà un generale aumento degli stipendi netti e l’allargamento contributivo per le imprese contribuirà alla piena occupazione.
«Il principio - spiega Siri - è lo stesso della Flat Tax. Tutti percepiranno la stessa pensione, indipendentemente dal reddito. Resta però fermo il principio di progressività, il differenziale della ricchezza sarà salvaguardato durante l’attività lavorativa». Nello specifico, grazie a questa riforma «ogni lavoratore avrà una busta paga più ricca e il datore di lavoro risparmierà sul costo del lavoro. Oggi - spiega ancora Siri - più un lavoratore guadagna, più aumenta il costo del lavoro per il datore, che paga maggiori contributi pensionistici. Con questa riforma, invece, il datore di lavoro pagherà 5.000 euro l’anno per ciascun lavoratore indipendentemente dal suo reddito. Oggi il versamento dei contributi è obbligatorio per evitare che lo Stato debba sostenere costi sociali eccessivi. La riforma mira a minimizzare i costi sociali: sempre meno persone, infatti, scelgono di non lavorare, le casalinghe sono in dimunizione. In sintesi, il costo previdenziale diventa uguale per tutti, il datore di lavoro, grazie al combinato con la Flat Tax, risparmierà sul costo del lavoro e ogni lavoratore avrà una busta paga più consistente nella certezza che, quando andrà in pensione, lo Stato garantirà a tutti una somma dignitosa per vivere».