Sam il Cinghio
13/07/2009, 09:24
Il primo 'motorino' arrivo' in casa che avevo 12 anni: era un Innocenti a pedali, telaio a tubo, una palla per serbatoio, sella piccola, due comodi portapacchi (uno posteriore, uno anteriore) fatti apposta per le gerle del pane.
Essi', era il classico motorino da cinno del fornaio.
Pero' era il primo, ed io ero strafelice.
I primi km li feci sul viottolo, sterrato, davanti a casa: aprivo piano il gas e appena l'affare prendeva velocita' mollavo, mettevo giu' i piedi, ripartivo.
Per fare inversione manovravo come se stessi portando una bisarca.
Di quei primi giorni ricordo due cose: un casco Nava integrale, rosso con scritta outline gialla, senza visiera, probabilmente abbondante intorno alle mie guance da adolescente; e mio padre, che dal fondo della via gridava istruzioni senza che le sentissi.
Chissa' se ero piu' intimorito io che ero in sella o lui, che in caso di mia caduta si sarebbe dovuto far carico dei moccoli di mia madre, ovviamente contraria fin da subito all'idea del motociclo.
Dopo l'Innocenti, che entro' in casa gia' stra-usato, mi passarono di mano molti altri motorini... tutti adeguatamente di seconda/terza mano: Gilera, Garelli, Fantic... persino un Malanca con semimanubri che, adeguatamente dopato, raggiungeva i 90 e teneva dietro il Caballero con 19 del mio amico.
Erano i tempi delle 'gite' con gli amici: passavo le giornate estive con gli amici in giro per la Brianza, quando bastavano mille lire per divertirsi, e tornavo a casa con le braccia scottate e la voglia di andare sempre piu' lontano.
Arrivarono i 16 anni e la patente A. Arrivo' mio padre con un Fantic Raider 125, terza mano, che risulto' significativo per la mia carriera da motardo: la prima grippata, il primo 'viaggio' (Merate-CN e ritorno in 48 ore), la prima gamba rotta.
Dal Fantic in poi le successive esperienze si perdono, in un certo senso, nella nebbia dell'ordinario, fino ad arrivare ad oggi. Ma c'e' una cosa che non ho mai detto per quel brutto, sgraziato Innocenti a pedali... e per quello che forse ha fatto nascere e che mi ha fatto dicentare quello che sono oggi.
Grazie Papa'.
Essi', era il classico motorino da cinno del fornaio.
Pero' era il primo, ed io ero strafelice.
I primi km li feci sul viottolo, sterrato, davanti a casa: aprivo piano il gas e appena l'affare prendeva velocita' mollavo, mettevo giu' i piedi, ripartivo.
Per fare inversione manovravo come se stessi portando una bisarca.
Di quei primi giorni ricordo due cose: un casco Nava integrale, rosso con scritta outline gialla, senza visiera, probabilmente abbondante intorno alle mie guance da adolescente; e mio padre, che dal fondo della via gridava istruzioni senza che le sentissi.
Chissa' se ero piu' intimorito io che ero in sella o lui, che in caso di mia caduta si sarebbe dovuto far carico dei moccoli di mia madre, ovviamente contraria fin da subito all'idea del motociclo.
Dopo l'Innocenti, che entro' in casa gia' stra-usato, mi passarono di mano molti altri motorini... tutti adeguatamente di seconda/terza mano: Gilera, Garelli, Fantic... persino un Malanca con semimanubri che, adeguatamente dopato, raggiungeva i 90 e teneva dietro il Caballero con 19 del mio amico.
Erano i tempi delle 'gite' con gli amici: passavo le giornate estive con gli amici in giro per la Brianza, quando bastavano mille lire per divertirsi, e tornavo a casa con le braccia scottate e la voglia di andare sempre piu' lontano.
Arrivarono i 16 anni e la patente A. Arrivo' mio padre con un Fantic Raider 125, terza mano, che risulto' significativo per la mia carriera da motardo: la prima grippata, il primo 'viaggio' (Merate-CN e ritorno in 48 ore), la prima gamba rotta.
Dal Fantic in poi le successive esperienze si perdono, in un certo senso, nella nebbia dell'ordinario, fino ad arrivare ad oggi. Ma c'e' una cosa che non ho mai detto per quel brutto, sgraziato Innocenti a pedali... e per quello che forse ha fatto nascere e che mi ha fatto dicentare quello che sono oggi.
Grazie Papa'.