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Hannibal
23/04/2010, 08:04
Buche Killer....
da repubblica
Chi guadagna con la fabbrica delle buche-killer sulle strade - Repubblica.it (http://www.repubblica.it/cronaca/2010/04/23/news/chi_guadagna_con_la_fabbrica_delle_buche-killer_sulle_strade-3553554/)
INCHIESTA ITALIANA
Chi guadagna con la fabbrica delle buche-killer sulle strade
A Roma censiti a marzo più di 240 tratti resi pericolosi dal manto dissestato.
Così avvengono i trucchi: "Subito il catrame, poi lo strato si assottiglia". Per garantire la manutenzione lo Stato investe cinque miliardi ogni anno...
Un business straordinario
La manutenzione delle strade viene definita "ordinaria" quando si occupa della riparazione. "Straordinaria" quando riguarda il rifacimento vero e proprio. In entrambi i casi è un business. Secondo Andrea Petrucci, imprenditore romano che copre l'intero ciclo dell'asfaltatura (dall'estrazione del basalto al lavoro finito), "i margini di redditività vanno dal 12 fino al 18-20%". Nel mondo dell'edilizia - spiegano alla Cgil - non c'è un altro comparto che garantisca ricavi così alti. Per questo gli appalti costituiscono una torta che alimenta gli appetiti dei "signori dell'asfalto", pronti ad aggiudicarseli con ribassi che spesso superano il 40%. Le cifre parlano chiaro: si prendono i lavori a un prezzo notevolmente inferiore alla base d'asta per poi risparmiare successivamente sui materiali, sulla manodopera e sul tempo......
La regola del risparmio
I lavoratori dei cantieri - gli "asfaltisti" - non parlano volentieri. Sanno che basta un niente per perdere il posto. Ma alla fine, con qualche cautela, alcuni dei più esperti accettano di raccontare. E ci spiegano come, in molti casi, si svolgano realmente i lavori.
Manutenzioni "a regola d'arte"? Non proprio.
"Le buche si ricoprono alla meno peggio e più se ne fanno in una giornata, più si guadagna. Se non ci comportassimo così, sarebbe un'attività poco redditizia". Mario L. ha 43 anni, è romano e fa l'asfaltista sia "a terra" che alla guida dei macchinari.
Nei suoi vent'anni di edilizia stradale ha lavorato per imprese molto diverse, "ma tutte, pressappoco, con gli stessi metodi", dice seraficamente, quasi che il suo racconto non costituisca una rivelazione di metodi illegali, bensì la sintesi dell'ovvio. "Risparmiare sul materiale e sul tempo è la regola", aggiunge.
"Di solito - dice Marco R., cinquant'anni - quando rifacciamo una strada, si parte bene perché dobbiamo superare i primi controlli. Poi il geometra dell'impresa ci ordina "abbassa, abbassa", e allora lo strato d'asfalto steso dalla finitrice si assottiglia..............
uno scempio,qualche giorno vorrei fare un report sulle nostre strade....è uno skifo...
Appena letto e mentalmente insultato questo sistema........
...spesso molti utenti del Forum (giustamente) fanno notare come si dovrebbe intervenire sul manto stradale prima di inventarsi legge strane.
Chi vive a Roma lo sa, le strade sono un disastro.
In questa inchiesta si capisce anche una parte del "perché".
Si spendono letteralmente miliardi e i risultati non ci sono, qualcuno forse ci lucra con la sicurezza degli automobilisti e motociclisti? :ph34r:
Chi guadagna con la fabbrica delle buche-killer sulle strade - Repubblica.it (http://www.repubblica.it/cronaca/2010/04/23/news/chi_guadagna_con_la_fabbrica_delle_buche-killer_sulle_strade-3553554/)
Chi guadagna con la fabbrica
delle buche-killer sulle strade
A Roma censiti a marzo più di 240 tratti resi pericolosi dal manto dissestato. Così avvengono i trucchi: "Subito il catrame, poi lo strato si assottiglia". Per garantire la manutenzione lo Stato investe cinque miliardi ogni anno
ROMA - Sulle strade italiane muoiono ogni anno più di cinquemila persone. Come se un paese, o un quartiere, venisse cancellato di colpo. Il 30% delle vittime ha meno di trent'anni. Dati tristemente noti che delineano un fenomeno di enorme gravità, contro il quale le varie campagne di sensibilizzazione non sembrano incidere mai abbastanza. Ciò che si conosce meno è che tra le cause degli incidenti (mortali e no) pesa per il 20% il cosiddetto "ammaloramento" delle infrastrutture.
Ovvero, le condizioni - talvolta disastrose - delle nostre strade. Un problema che ha nell'asfalto, e nel suo continuo dissesto, una di quelle "emergenze nazionali" che non suscita l'attenzione riservata ad altri dissesti, ma che non risparmia niente e nessuno: grandi città e piccoli centri di provincia, arterie urbane e strade secondarie, aree industrializzate e zone rurali. Un'emergenza senza fine che provoca morti e feriti, costa ai cittadini centinaia di milioni di euro e fa di molti motociclisti una popolazione di traumatizzati reali o potenziali.
Sulla gravità degli incidenti causati dalle "buche-killer" c'è una casistica impressionante. È sufficiente ripercorrere la cronaca degli ultimi anni per imbattersi in una sequenza interminabile di incidenti, non di rado gravissimi. Eppure ogni anno, per la manutenzione della viabilità, lo Stato investe cinque miliardi di euro. I lavori stradali, rispetto all'ammontare degli appalti pubblici, rappresentano la più alta percentuale sia per gli interventi (il 30,6%) sia per l'ammontare economico (il 34%). Dunque un'industria di dimensioni considerevoli, che conta circa dodicimila imprese, il 14% del totale. Il solo Comune di Roma, maggiore "stazione appaltante" d'Italia, stanzia annualmente cento milioni di euro. Un fiume ininterrotto di denaro pubblico che però, in larga parte, nelle crepe dell'asfalto sembra letteralmente svanire. Dove vanno a finire questi soldi? Di chi sono le responsabilità se, oltre al decoro e all'immagine di una città, spesso non viene garantita neanche la sicurezza delle persone? E perché, cavalcando le proteste popolari, la politica fa di questo argomento un ariete elettorale che non porta quasi mai a soluzioni concrete?
Un business straordinario
La manutenzione delle strade viene definita "ordinaria" quando si occupa della riparazione. "Straordinaria" quando riguarda il rifacimento vero e proprio. In entrambi i casi è un business. Secondo Andrea Petrucci, imprenditore romano che copre l'intero ciclo dell'asfaltatura (dall'estrazione del basalto al lavoro finito), "i margini di redditività vanno dal 12 fino al 18-20%". Nel mondo dell'edilizia - spiegano alla Cgil - non c'è un altro comparto che garantisca ricavi così alti. Per questo gli appalti costituiscono una torta che alimenta gli appetiti dei "signori dell'asfalto", pronti ad aggiudicarseli con ribassi che spesso superano il 40%. Le cifre parlano chiaro: si prendono i lavori a un prezzo notevolmente inferiore alla base d'asta per poi risparmiare successivamente sui materiali, sulla manodopera e sul tempo, confidando nel fiume di appalti che, anno dopo anno, non s'interrompe mai. Insomma, c'è la sensazione che si giochi pesantemente sulla qualità delle opere. Senza dimenticare il capitolo dei controlli che gli enti appaltanti - a cominciare dai Comuni - dovrebbero eseguire con rigore e puntualità, pronti a contestare un lavoro difettoso. Ma questo sembra succedere di rado, e da qui nasce l'emergenza.
La capitale del pericolo
In un Paese che sulle emergenze ha saputo costruire un'industria, è proprio la Capitale a condensare tutti i peggiori aspetti di questo problema. È a Roma, più che in qualsiasi altra città italiana, che questa "calamità ridicola", come la definiscono sui siti internet migliaia di utenti inferociti, può svelare lassismi, inefficienze e grandi sprechi.
La Città Eterna, la metropoli che vuole il Gran Premio di Formula 1 e le Olimpiadi del 2020, e che gli inglesi hanno recentemente ribattezzato "tra le più sexy d'Europa", è ai primi posti nella classifica delle città italiane più pericolose per gli incidenti (in testa c'è Napoli, chiude Ferrara) e guida la graduatoria delle capitali europee con un distacco incolmabile sulla seconda: Copenaghen. Nel 2008, 190 morti e 24mila feriti per 18.181 incidenti. Cantieri stradali se ne aprono continuamente, ma le insidie, anziché diminuire, aumentano. Sandro Salvati, presidente della Fondazione Ania (l'associazione delle compagnie di assicurazione), li definisce black-point. Un modo elegante per dire "trappole". A marzo erano 243 i tratti "pericolosi per buche" censiti con la collaborazione dei romani. Nel 2009 erano 215.
"Per risanare davvero le strade della Capitale bisognerebbe spendere un miliardo e duecento milioni in cinque anni", afferma Eugenio Batelli, presidente dei costruttori romani (Acer). "Con i cento milioni che il Comune stanzia ogni anno - aggiunge - non si riuscirà mai ad andare oltre la soglia del minimo indispensabile". Poi, per spiegare la scarsa resistenza di molte manutenzioni, chiama in causa il traffico e la pioggia (eccezionali entrambi), i continui scavi delle società di sottoservizi (cavi e condutture), fino alla storia ultramillenaria della città.
Non la pensa così il sindacato. "Il rifacimento delle strade spesso non rispetta i capitolati d'appalto", dice Roberto Cellini, leader regionale della Fillea-Cgil. "Quanto a certi controlli dell'ente appaltante, ci risultano carenti e talvolta molto benevoli", aggiunge Marco Carletti, della stessa segreteria.
Ombre sulla qualità dei lavori? Comportamenti discutibili nelle imprese? Sospetti di inefficienza sui controlli degli enti e sui collaudi delle opere? Il punto sembra essere proprio questo. Perché si potrebbe pensare all'edilizia stradale come a uno di quei settori-giungla pieni di norme confuse. Niente di tutto ciò. Le regole sono capillari. "Sbagliare" è difficile. E infatti non di errori si tratta.
La regola del risparmio
I lavoratori dei cantieri - gli "asfaltisti" - non parlano volentieri. Sanno che basta un niente per perdere il posto. Ma alla fine, con qualche cautela, alcuni dei più esperti accettano di raccontare. E ci spiegano come, in molti casi, si svolgano realmente i lavori. Manutenzioni "a regola d'arte"? Non proprio.
"Le buche si ricoprono alla meno peggio e più se ne fanno in una giornata, più si guadagna. Se non ci comportassimo così, sarebbe un'attività poco redditizia". Mario L. ha 43 anni, è romano e fa l'asfaltista sia "a terra" che alla guida dei macchinari. Nei suoi vent'anni di edilizia stradale ha lavorato per imprese molto diverse, "ma tutte, pressappoco, con gli stessi metodi", dice seraficamente, quasi che il suo racconto non costituisca una rivelazione di metodi illegali, bensì la sintesi dell'ovvio. "Risparmiare sul materiale e sul tempo è la regola", aggiunge.
"Di solito - dice Marco R., cinquant'anni - quando rifacciamo una strada, si parte bene perché dobbiamo superare i primi controlli. Poi il geometra dell'impresa ci ordina "abbassa, abbassa", e allora lo strato d'asfalto steso dalla finitrice si assottiglia. Così si fa molto prima e si risparmia sul materiale. Se poi vengono altri controlli, vedo che i tecnici incaricati spesso sanno già su quali tratti fare i carotaggi".
"Non funziona così dappertutto", dice Fabrizio E., quarant'anni, asfaltista da quindici con esperienze in varie città italiane. "Ho lavorato in Piemonte, in Toscana e in altre regioni. Una situazione come quella romana non ha eguali. Si comincia rispettando il capitolato, ma poi, via via che si procede, meno asfalto, meno tempo, meno tutto...".
E minore qualità del lavoro. Si risparmia sul bitume e sui materiali più costosi. Si assottigliano gli interventi. Si tira via. Le riparazioni durano poco, le strade sono continuamente da rifare e l'amministrazione pubblica - di solito dopo le proteste dei cittadini - è costretta a correre ai ripari. Magari saltando dei passaggi fondamentali come indire regolari gare d'appalto. Ma così facendo, non si alimenta l'ennesimo circuito del profitto fondato sull'emergenza? L'anno passato la giunta comunale di centrodestra guidata dal 2008 dal sindaco Gianni Alemanno ha distribuito lavori per novanta milioni di euro. Con quali criteri? E perché ci sono state polemiche ed esposti alla Corte dei Conti?
Il cartello dell'emergenza
"Le polemiche sono pretestuose", afferma Fabrizio Ghera, assessore ai lavori pubblici. "Abbiamo riparato il 516% in più di strade rispetto alla precedente amministrazione e abbiamo stanziato il 400% di fondi in più".
Se qualcuno gli fa rilevare che però le buche sono aumentate, e che in alcune strade (esempio la centralissima via Nazionale) i lavori e i disagi non finiscono mai, e che perfino la pacatissima Associazione dei familiari vittime della strada ha dichiarato che sul dissesto il Campidoglio è in forte ritardo, l'assessore punta l'indice contro la giunta precedente: è sua la colpa, con quell'idea di affidare in concessione gli 800 chilometri di grande viabilità cittadina (sui 5.500 totali) a un solo gestore: il consorzio "Romeo-Vianini-Strade Sicure".
Revocato nel novembre 2008 il cosiddetto "appaltone Romeo", Alemanno e Ghera si sono messi a studiare un loro piano anti-dissesto. Nel frattempo pioveva, il traffico era quello di sempre, le buche si allargavano, la gente si arrabbiava. Alla fine, sollecitati anche dal prefetto, sindaco e assessore hanno proclamato "l'emergenza". Quindi avanti di gran carriera con la "somma urgenza". Ed ecco la raffica di appalti, molti dei quali - dicono i numeri ufficiali - a trattativa privata, il che significa scegliere direttamente le imprese, senza gara pubblica. Una procedura che, specie nelle opere più rilevanti, rischia di privilegiare un ristretto cartello di imprenditori. I "signori dell'asfalto". Interpellato su questo metodo che un po' ricorda le antiche pratiche della Prima Repubblica, l'assessore Ghera ripete monocorde: "A giugno 2009 è stata pubblicata la gara di 77 milioni di euro per la manutenzione della grande viabilità e abbiamo fatto ripartire i cantieri lasciati sospesi dalla giunta Veltroni. I vostri numeri sono sbagliati".
"No, i numeri sono proprio questi", controbatte Massimiliano Valeriani, presidente Pd della Commissione trasparenza del Comune, mostrando la documentazione che ha inviato alla procura della Corte dei Conti. "Tra l'altro, la legge fissa un tetto di 500mila euro per la trattativa privata, e solo in situazioni di reale emergenza. Qui siano ben oltre". Ma come si è arrivati a sfondare i tetti prestabiliti?
Il primato della trattativa privata
L'appalto in trattativa privata è una pratica che l'Autorità di controllo del settore considera subordinata a precisi criteri di urgenza ed efficienza. D'altro canto, per garantire la trasparenza del mercato, una via maestra c'è da sempre: la procedura aperta, ovvero la gara con bando pubblico. Ma dal 2007 al 2009, secondo i dati dell'Authority, i lavori appaltati dal Campidoglio con procedura aperta sono calati dal 36,8% al 13,8, e quelli a trattativa privata sono passati dal 28,4% al 74,9. Il che, in soldoni, significa essere balzati da 6 milioni di euro a 89 milioni. Una "esplosione", la definiscono un po' a mezza bocca gli esperti dell'Authority. Anche i loro dati sono "sbagliati"? Improbabile. Però potrebbero essere parziali, visto che l'Authority non ha ancora il quadro completo sulle aggiudicazioni del 2009. La sensazione è che la quantità dei lavori affidati discrezionalmente dal Comune di Roma potrebbe essere ancora maggiore. Da verificare se, nel frattempo, le strade saranno migliorate, rendendo la Capitale un po' meno insidiosa per i suoi abitanti e per i nove milioni di turisti che ogni anno la attraversano.
giorgiorox
23/04/2010, 08:15
CRIMINALI
Sfigatto
23/04/2010, 08:15
Sentita anch'io in una trasmissione radiofonica stamattina...il primo pensiero è stato che non troverei esagerato considerarli assassini :mad:
triumpassion
23/04/2010, 08:18
che tristezza........
Sentita anch'io in una trasmissione radiofonica stamattina...il primo pensiero è stato che non troverei esagerato considerarli assassini :mad:
non saprei, resta il fatto che a RM la situazione è veramente pazzesca.
Io vivo e lavoro all'EUR, adesso hanno dato una sistemata ma sino a pochi giorni fa la importante v.le Europa (e tutte le strade intorno) era tutta una buca e ghiaia (l'asfalto letteralmente si sbriciolava, alcune curve dovevo farle a passo d'uomo).
fossi nel comune una domandina sulla qualità dei materiali me la farei...
inoltre continuo a non capire il meccanismo, se io a lavoro sbaglio o non faccio un buon lavoro alla fine qualcuno me ne renderà conto! ma possibile che nel pubblico non accada mai?
eh...a furia di giocare al ribasso che si aspettavano????
alla fine c'è un minimo sotto il quale non si può scendere...... eppure....
Sfigatto
23/04/2010, 08:24
non saprei, resta il fatto che a RM la situazione è veramente pazzesca.
Io vivo e lavoro all'EUR, adesso hanno dato una sistemata ma sino a pochi giorni fa la importante v.le Europa (e tutte le strade intorno) era tutta una buca e ghiaia (l'asfalto letteralmente si sbriciolava, alcune curve dovevo farle a passo d'uomo).
fossi nel comune una domandina sulla qualità dei materiali me la farei...
inoltre continuo a non capire il meccanismo, se io a lavoro sbaglio o non faccio un buon lavoro alla fine qualcuno me ne renderà conto! ma possibile che nel pubblico non accada mai?
Beh, visto che qualcuno ci ha anche lasciato la pelle o rischiato di lasciarcela, ho ragionato di conseguenza.
Penso sia condizionato dagli "aspetti premianti": un cittadino soddisfatto vale molto meno dei quattrini di un appalto (tanto poi, in molti casi, il cittadino si adegua anche se insoddisfatto). L'altro problema, secondo me, è che non è più pubblico consistendo in un intreccio di interessi per lo più privati :cry:
non saprei, resta il fatto che a RM la situazione è veramente pazzesca.
Io vivo e lavoro all'EUR, adesso hanno dato una sistemata ma sino a pochi giorni fa la importante v.le Europa (e tutte le strade intorno) era tutta una buca e ghiaia (l'asfalto letteralmente si sbriciolava, alcune curve dovevo farle a passo d'uomo).
fossi nel comune una domandina sulla qualità dei materiali me la farei...
inoltre continuo a non capire il meccanismo, se io a lavoro sbaglio o non faccio un buon lavoro alla fine qualcuno me ne renderà conto! ma possibile che nel pubblico non accada mai?
questo non accade perkè molto spesso le imprese sono legate a doppio filo con l' amministrazione o al burocrate di turno a cui scuce le bustarelle con percentuali ke possono arrivare fino al 33% quindi sti soldi da qualke parte li dovranno pur recuperare, ecco quindi i materiali scarsi:wink_:
Hannibal
23/04/2010, 08:25
Ma sta gente ce l'ha un briciolo di coscienza?:ph34r:
Maledetti!
Millejager
23/04/2010, 08:26
gli appalti sono proprio una delle cause dei lavori di merda che vengono fatti.
non dico che fare una trattativa privata sia meglio... anzi....
dovremmo avere un servizio di manutenzione statale! altro che ditte private che si scannano a fare il prezzo + basso.... e poi le strade non durano... per forza, a casa mia, di solito, se uno paga il prezzo + basso c'è qualcosa sotto... ed il lavoro viene fatto alla cazzo di cane
Millejager
23/04/2010, 08:27
doppio
gli appalti sono proprio una delle cause dei lavori di merda che vengono fatti.
non dico che fare una trattativa privata sia meglio... anzi....
dovremmo avere un servizio di manutenzione statale! altro che ditte private che si scannano a fare il prezzo + basso.... e poi le strade non durano... per forza, a casa mia, di solito, se uno paga il prezzo + basso c'è qualcosa sotto... ed il lavoro viene fatto alla cazzo di cane
non è proprio così
Andyspeed
23/04/2010, 08:31
non saprei, resta il fatto che a RM la situazione è veramente pazzesca.
Io vivo e lavoro all'EUR, adesso hanno dato una sistemata ma sino a pochi giorni fa la importante v.le Europa (e tutte le strade intorno) era tutta una buca e ghiaia (l'asfalto letteralmente si sbriciolava, alcune curve dovevo farle a passo d'uomo).
fossi nel comune una domandina sulla qualità dei materiali me la farei...
inoltre continuo a non capire il meccanismo, se io a lavoro sbaglio o non faccio un buon lavoro alla fine qualcuno me ne renderà conto! ma possibile che nel pubblico non accada mai?
...Ogni volta che prendo la macchina o peggio, il motorino, non so se mettermi a piangere o inca@@armi di brutto :mad:
ma a che pro ? Contro chi ?
ALLUCINANTE e chi specula facendo rischiare la vita a migliaia di utenti della strada è un CRIMINALE !!!
Hannibal
23/04/2010, 08:33
l'altro e' delle 10.10 il mio delle 10.04...
ho vinto:w00t:
Non serviva l'inchiesta, è sufficiente mettere il naso fuori dall'Italia per trovare strade in perfetto stato. La cosa più comica è sentir dare la colpa all'inverno ed al gelo che spaccano l'asfalto. Se così fosse, allora nei paesi del nord dovrebbero viaggiare sopra delle mulattiere. Ed invece... tavoli da biliardo, almeno le strade principali.
In Italia si fanno i lavori con il culo, gli "imprenditori" si arricchiscono, gli "amministratori" prendono le mazzette e gli utenti della strada si ammazzano.
Il minimo che posso augurare ai responsabili di questa situazione, che sta peggiorando anno dopo anno, è un figlio morto ammazzato a causa di una buca.
S1m0ne75
23/04/2010, 08:54
:wacko::sick::sick:
legge 109/94, uscita dopo lo scandalo di tangentopoli: tratta di appalti, e regolamenta tutto.
impossibile trovare una scappatoia da questa cosa, considerando anche che stata integrata nel 2006.
All’inizio degli anni 90 si è assistito ad un forte periodo di crisi politica ed istituzionale, in cui
“ogni appalto implicava un illecito ed un possibile episodio di corruzione”. La legge del 1865 a cui
si faceva riferimento risultava ormai inadeguata, in particolare non impediva di:
− realizzare un intervento senza inserirlo in un programma complessivo di opere da costruire;
− fare opere pubbliche senza verificarne l’esigenza;
− appaltare un’opera con un progetto di massima e contenente cifre approssimate che veniva
moltiplicato con le “inevitabili varianti in corso d’opera”;
− evitare una precisa distinzione tra progettazione ed esecuzione. Il progettista realizzava
gran parte della progettazione in fase di esecuzione, nella sua doppia funzione di progettista-
direttore dei lavori.
La legge 109/94 viene emanata come risposta agli avvenimenti di "tangentopoli" negli appalti
pubblici dai quali era emerso, tra l'altro, che la cattiva qualità progettuale, il mancato rispetto dei
tempi e dei costi fissati erano causati in rilevante quota parte da carenza e da errori di progettazione
esecutiva, oppure da progettazioni solo formalmente esecutive, ma di fatto non direttamente
relazionate all'intervento specifico, allo stato e disponibilità dei luoghi e al sistema degli obiettivi e
vincoli della Stazione Appaltante. D'altra parte anche la committenza raramente esprimeva in modo
chiaro ed attendibile il proprio quadro esigenziale ed attuava con puntualità ed efficacia il controllo
sulla progettazione e sulla esecuzione. Si era anche nel periodo di massima diffusione della
"delega" da parte delle Amministrazioni del loro "potere pubblico" alle concessionarie di
progettazione, costruzione e (a volte) di gestione delle opere pubbliche. Questo modo di operare ha
avuto le seguenti conseguenze negative:
− Perdita di capacità di indirizzo e controllo da parte della committenza; impoverimento
tecnico e numerico degli uffici tecnici ed amministrativi delle stesse con conseguente delega
totale alle concessionarie e deresponsabilizzazione delle Pubbliche Amministrazioni;
− Redazione dei progetti in modo frettoloso, con carenze e mancanze di finalizzazione
all'intervento specifico, il più delle volte allestiti in brevissimo tempo solo in funzione di
ottenere finanziamenti esterni, con approvazioni quasi esclusivamente in via amministrativa
senza approfonditi controlli tecnici. I progetti venivano poi corretti ed integrati in corso
d'opera con reiterati aggiornamenti del quadro economico di spesa, ed il progetto esecutivo
veniva trasferito come onere all'impresa esecutrice dei lavori. D'altra parte lo stesso
soggetto, la concessionaria, doveva redigere il progetto, appaltare i lavori, controllare gli
stessi e liquidare la spesa finale, nonché ottenere, preliminarmente i finanziamenti;
− Assegnazione degli incarichi di progettazione e direzione lavori con scelta discrezionale,
che il più delle volte era di natura politica. Non erano richiesti in genere sviluppi progettuali
approfonditi, proprio per favorire l'introduzione di completamenti o varianti in corso d'opera
(perizie suppletive di variante). Era invece richiesto o gradito un comportamento almeno
"non ostativo" da parte del progettista o del direttore lavori verso tale tipo di prassi di
gestione dei lavori pubblici, che si verificava in modo diffuso anche al di fuori del regime
concessorio.
Nel settore dell'edilizia privata si sono registrate distorsioni analoghe che perdurano ancora oggi,
anche se la motivazione è diversa.
Innanzi tutto i lunghi tempi e la complessità dell’iter amministrativo di approvazione del progetto
“comunale” (paragonabile al progetto definitivo delle opere pubbliche), inducono il committente -
una volta ottenuta la concessione edilizia - ad appaltare i lavori sulla base del progetto definitivo
senza attendere lo sviluppo del progetto esecutivo, che molte volte viene redatto in corso d'opera o
delegato all'impresa.
Il comportamento della committenza è comprensibile, anche se non condivisibile, in quanto i
lunghi tempi di attesa delle autorizzazioni, 10-12 mesi o più nelle grandi città (tempo
assolutamente abnorme se paragonato con altre nazioni europee), comportano per la committenza
stessa due situazioni negative, ovvero:
•
maggiori oneri finanziari che si generano sui capitali già investiti per l'acquisizione dei terreni o
degli immobili, per la progettazione, per le verifiche preliminari;
•
incertezze sull'esito delle verifiche e controlli da parte degli Enti preposti (ASL, VV. FF) che
impediscono di attivare la progettazione esecutiva.
Con tale situazione la committenza privata a volte ha assunto comportamenti molto simili a quelli
delle pubbliche amministrazioni coinvolte in "tangentopoli" ovvero scelta di progettisti in grado di
"ottenere" in breve tempo le concessioni edilizie, grazie ai legami che si instaurano con le P.A.
stesse, non pretendendo, per contro, dagli stessi una dettagliata progettazione esecutiva.
I principi fondamentali su cui si basa la legge quadro possono essere così enunciati:
•
L'obbligo di programmazione degli investimenti e degli interventi da realizzare che nasca
dalla identificazione e quantificazione dei bisogni e dichiarando la destinazione delle risorse
pubbliche al cittadino;
•
Introduzione dell’intervento di capitale privato nella realizzazione di opere pubbliche: il
project financing;
•
Introduzione all’interno della pubblica amministrazione di una organizzazione di tipo
matriciale creando una figura che incrociando le varie competenze, agisca come capo di un
gruppo di lavoro formato da soggetti appartenenti ad uffici diversi, ciascuno dei quali
risponde, per il contenuto del proprio lavoro, al capo del suo ufficio e contemporaneamente,
risponde, per tempi di svolgimento del proprio lavoro al capo del gruppo di lavoro: nasce il
responsabile unico del procedimento. Ciò vale anche per i procedimenti amministrativi
riguardanti le istanze dei privati, che hanno modo di individuare un riferimento ed una
responsabilità personale e non generica, impersonale della istituzione.
•
Procedimentalizzazione della progettazione che dovrà svolgersi su tre livelli, obbligando il
prestatore dell’opera, che fino ad oggi era considerata di tipo “intellettuale”, alla produzione
di documenti che hanno la loro visibilità e alla elaborazione di una progettazione definitiva
ed esecutiva;
•
La definizione delle condizioni di concorrenza tra gli operatori secondo procedure
improntate su tempestività, trasparenza e correttezza nel rispetto del diritto comunitario e
della libera concorrenza fra gli operatori. In relazione alle caratteristiche possedute, verrà
indicata la necessità di una opportuna qualificazione e di improntare tutte le attività secondo
i principi della qualità.
•
L’attribuzione delle responsabilità nei rapporti con il committente pubblico per distinguere
le responsabilità del progettista, del costruttore e del responsabile del procedimento
richiedendo agli stessi garanzie e coperture assicurative.
•
Definire i soggetti atti ad assumere il ruolo di “organismo di progettazione”; inserendo tra
questi le stazioni appaltanti proprio per riaffermare il ruolo di indirizzo e controllo dei
committenti pubblici;
•
Regolamentare le varianti progettuali (Art. 25) definendo una normativa apposita;
•
Anticipa già nelle fasi di progettazione esecutiva ponendoli a carico dei progettisti, alcuni
atti ed elaborati propri delle fasi di pianificazione. Sono previsti in tale fase il piano di
manutenzione ed il piano di sicurezza.
•
Modifica le procedure per l'affidamento degli incarichi di progettazione (Art. 17) intesi
come appalti di servizi ai sensi della Direttiva CEE 92/50, e le procedure di scelta del
contraente (Art. 20 appalti di lavori).
•
Introduzione di una attenta e puntuale attività di controllo del processo dalle fasi di
programmazione alla validazione del progetto prima di iniziare le procedure di
aggiudicazione dei lavori, e al controllo dell’esecuzione da parte della direzione lavori
Come si può chiaramente apprezzare dai punti precedenti la Legge Quadro pone a carico dei
progettisti compiti e responsabilità ben maggiori delle precedenti, che a volte sconfinano nel settore
della attività e responsabilità imprenditoriale e non più professionale, cioè dell'esercizio di una
professione intellettuale tutelata. L'attività professionale poco alla volta tende a diventare una
prestazione di servizi di ingegneria e architettura soggetta a procedure di gara (appalti di servizi per
importi superiori a 100.000€).
II legislatore italiano, con la "legge quadro in materia di lavori pubblici" (uscita in successive
aggiornamenti ed integrazioni: L. 109/94, L. 216/95, L. 415/98, L.166/2002), si propone di
risolvere tutti gli inconvenienti sopra elencati e cerca evitare le deviazioni possibili con le vecchie
leggi e di rendere il sistema italiano coerente con le norme europee
L’articolazione della normativa sopra indicata si traduce in quattro testi fondamentali:
− legge quadro (11 febbraio 1994, n.109 e successive modificazioni)
− regolamento generale (approvato con dpr 21 dicembre 1999, n.554),
− regolamento di qualificazione delle imprese (approvato con dpr 25 gennaio 2000, n.34),
− capitolato generale d’appalto (approvato con il dm ll.pp. 19 aprile 2000, n. 145).
Ognuno di questi provvedimenti è rivolto principalmente ad uno dei diversi soggetti (stazioni
appaltanti, progettisti, imprese) che partecipano al processo di realizzazione degli interventi edilizi
ed infrastrutturali pubblici, soggetti che tuttavia interagiscono tra loro. Tutti i provvedimenti
incidono quindi, direttamente o indirettamente, sull’attività di tutti i protagonisti e vanno pertanto
letti congiuntamente, interpretando in modo coordinato le varie disposizioni.
La progettazione rappresenta uno dei punti più importanti nella strategia della "legge quadro in
materia di lavori pubblici", in quanto si propone di superare le devianze nate nel settore dei lavori
pubblici a causa di carenti o inadeguate attività di progettazione che consentivano l'abuso delle
varianti in corso d'opera e delle offerte anomale.
Il progetto, proprio per la sua natura di strumento complesso - composto da relazioni tecniche ed
elaborati grafici che identificano l'opera definendo natura, forma, dimensioni, caratteristiche
spaziali e funzionali, tecniche e materiche, rappresenta la sintesi di un insieme di indagini e di
valutazioni che consentono di:
− individuare univocamente soluzioni tecniche e modalità di realizzazione;
− definire il rapporto costi-benefici dell'intervento;
− confermare la validità dell'impegno delle scelte del committente;
− confermare l'attendibilità delle scelte programmatiche.
I lavori pubblici previsti dalla normativa suddetta possono essere realizzati esclusivamente tramite
contratti d'appalto o di concessione, oltre che, per alcuni specifici casi, in economia.
La legge Quadro introduce modifiche sostanziali ad entrambe le tipologie principali di contratto
introducendo concetti che in qualche modo incentivano la partecipazione dell'imprenditore alla
realizzazione e alla gestione dell'opera, fino alla partecipazione alla stessa fase progettuale.
Altrettanto determinanti, nell’ambito dell’evoluzione legislativa italiana sugli appalti pubblici, sono
risultati gli obblighi nei confronti della Comunità Europea.
La Comunità, al fine di costituire un grande mercato interno, emanò una serie di direttive volte ad
aprire gli appalti pubblici alla concorrenza comunitaria. La liberalizzazione degli appalti pubblici
rivestiva, infatti, una grande importanza sia sotto il profilo economico che sotto il profilo più
specifico dell’integrazione europea, nella prospettiva di creare un ampio spazio economico. Le
istituzioni comunitarie hanno rivolto la loro attenzione a tale mercato già all’inizio degli anni
settanta con l’adozione di due direttive aventi lo scopo di coordinare le procedure di aggiudicazione
degli appalti sia dei lavori pubblici, che delle forniture.
Tali iniziative denunciavano in modo chiaro la volontà del legislatore comunitario di fissare una
serie di principi volti ad instaurare la parità di condizioni di partecipazione agli appalti pubblici in
tutti i Paesi membri.
Questo progetto di mercato interno ha richiesto ad ogni Stato membro di modificare il proprio
ordinamento recependo quello comunitario e di farlo in tempi abbastanza brevi.
Le direttive europee, infatti, non sono direttamente applicabili a livello interno, ma devono essere
incorporate in disposizioni nazionali prima di esplicare i propri effetti. In media, il tempo consentito
per la conclusione della trasposizione si aggira intorno ai due anni, ma i limiti temporali possono
variare a seconda del caso. Nell’eventualità in cui la Commissione Europea non riceva la notifica
dell’avvenuto recepimento di una qualunque direttiva da parte di uno Stato membro, si innesca con
scadenza bimensile un procedimento di infrazione.
Processi di recepimento temporalmente sfasati non consentono al mercato interno di funzionare a
regime ed esprimere, quindi, le sue potenzialità in termini di sostegno allo sviluppo ed alla crescita.
In un ampio panorama caratterizzato dalla generale convergenza degli Stati membri verso le misure
legislative comunitarie, l’inadeguatezza italiana non poteva che risaltare: regolarmente ricopriva gli
ultimi posti nelle classifiche predisposte dalla Commissione Europea che riportavano le risposte
degli Stati membri per ciò che riguardava l’applicazione interna delle normative comunitarie. Nel
corso degli anni, il nostro paese ha spesso detenuto un record in termini di ritardi nel recepimento
delle direttive, di numero di procedure d’infrazione avviate contro e di rinvii alla Corte di Giustizia
Europea.
L’art. 30 della Direttiva Comunitaria 93/37 del 14/06/1993 prevedeva che le amministrazioni
potessero indifferentemente aggiudicare gli appalti di lavori pubblici con il metodo del prezzo più
basso o con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, a prescindere dal tipo di
procedura posta in essere. A questo proposito citiamo la sentenza del 7 ottobre 2004 (Causa C-
247/2002) con la quale la Corte di Giustizia Europea aveva stabilito che la legge
quadro sui lavori pubblici non era conforme al diritto comunitario in quanto violava il sopraccitato
articolo 30 della Direttiva 93/37. La norma nazionale, vigente fino all’entrata in vigore del Testo
“Processi e Metodi della Produzione edilizia”- MODULO 1 - Appunti del corso tenuto dal Prof. Carlo Argiolas – agg. 2008
Unico del 2006, imponeva alle amministrazioni aggiudicatrici, nelle procedure di gara aperte o
ristrette, il ricorso al criterio del prezzo più basso, privandole della possibilità di prendere in
considerazione la natura e le caratteristiche di ogni appalto e di scegliere per ciascuno di essi il
criterio più idoneo a garantire la libera concorrenza e ad assicurare la selezione della migliore
offerta.
L’effetto pratico della sentenza è stato quello di determinare la disapplicazione della norma
nazionale ritenuta contraria al diritto comunitario e, quindi, la libera utilizzazione del criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa nelle licitazioni private e nel pubblico incanto, al di là
delle limitate eccezioni previste dall’art. 21, per gli appalti complessi.
La svolta definitiva viene avviata dalle direttive comunitarie n°17 e n°18 del 2004: la prima relativa
al “Coordinamento delle procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti
che forniscono servizi di trasporto e servizi postali” (in sostanza si concentra sui settori definiti
“speciali”), la seconda relativa al “Coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti
pubblici di lavori, di forniture e di servizi”(è volta ad unificare la disciplina degli appalti e
concessioni di lavori, servizi, forniture nei settori definiti “ordinari).
Entrambe le direttive ripropongono le precedenti e introducono nuovi strumenti ed istituti volti a
semplificare, modernizzare e rendere più flessibile l’attività della pubblica amministrazione e al
tempo stesso a garantire sia la concorrenza, sia le esigenze sociali ed ambientali specifiche.
Dal 12 Aprile 2006, il Decreto legislativo n.163 raccoglie e sostituisce tutte le leggi che regolavano
gli appalti pubblici aventi per oggetto lavori, servizi e forniture, recependo e dando, inoltre,
attuazione alle già citate direttive della Comunità Europea del 2004.
In particolare, per quanto concerne l’aggiudicazione degli appalti, si converge verso l’equiparazione
del criterio di scelta del massimo ribasso a quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Con il Testo Unico è stata, quindi, definitivamente codificata la perfetta alternatività tra i due
sistemi tra cui è necessario scegliere in base alle caratteristiche dell’oggetto dell’appalto.
Risulta ormai evidente che il criterio del prezzo più basso può considerarsi solo per lavori
standardizzati, per lavori privi di apporto tecnologico, ripetitivi ed elementari.
Nel nuovo Testo Unico il legislatore ha rivisitato le procedure di aggiudicazione degli appalti
previste dalla vecchia 109/1994, “ampliando” il potere discrezionale della Pubblica
Amministrazione nella scelta del contraente.
In questo nuovo scenario la pubblica amministrazione vede crescere il suo potere discrezionale, cui
fanno da contrappeso l’aumento di responsabilità, procedure di valutazione rigorose che dovrebbero
garantire un “non ritorno” al passato.
Infatti, è doveroso precisare che la Pubblica Amministrazione è obbligata a motivare la scelta del
contraente secondo regole fissate a monte della gara che tengano conto delle circostanze, delle
specifiche esigenze ed aspettative da soddisfare. Ciò significa che la discrezionalità deve essere
vincolata a quanto specificatamente richiesto a monte della procedura d’appalto per evitare di per-
venire a scelte illegittime e facilmente impugnabili. Purtroppo, spesso accade, che quando aumenta
la discrezionalità della Pubblica Amministrazione, aumenta anche la probabilità di errore e la
probabilità che si verifichino abusi ed irregolarità.
Per non incorrere in queste situazioni, all’aumento di discrezionalità deve corrispondere la
predisposizione di vincoli che la Pubblica Amministrazione deve porre alla base della gara. I criteri
di scelta devono essere stabiliti in partenza e, quindi, la Pubblica Amministrazione deve
autovincolarsi con il bando e con il capitolato, stabilendo corretti e specifici sistemi di valutazione.
Sulla base di quanto è stato finora detto, appare necessario creare processi capaci di supportare
l’Amministrazione nel delicato processo di adeguamento al nuovo contesto normativo, in
particolare per quanto concerne la fase di appalto.
Notturno
23/04/2010, 09:43
mi sa ke è doppio
doppio
Discussioni unite...
:coool:
Mr Frowning
23/04/2010, 10:36
CRIMINALI
q8
wailingmongi
23/04/2010, 10:45
ma si era sottinteso che andassero al massimo risparmio sti fdp...ma non è stupido fare un lavoro cosi per poi dover tornare dopo poco tempo a rifarlo quando si puo fare una cosa fatta bene e tornare dopo piu tempo?
7373massimo
23/04/2010, 11:12
:sick::sick::sick:
Mi vengono i brividi. Andro' a vivere in sardegna; li' si che e' un'altra cosa.
è ovvio che avvenga,è la legge degli appalti
se io ente bandisco una gara d'appalto che si fonda sul maggior ribasso come volete che vada a finire???
nessuno controlla ne s'interessa,perchè il fine ultimo è risparmiare soldi,la maggior parte delle volte le offerte troppo basse vengono cosiderate ANOMALE,vengono chieste delle giustificazioni che poi nel 98% dei casi non corrispondono a verità,quindi ci si aggiudica il lavoro e se va bene lo si fa a cazzo di cane con uno sperco immenso di soldi da parte dell'ente che poi dovrà far rifare il lavoro,se invece va male,l'impresa comincia i lavori dichiara fallimento e s'intasca i soldi(come hanno fatto qui nel mio paese)
queste sono più o meno le strade di acilia axa ostia :mad:
http://www.dada.it/cgi-bin/sn_media/image/print.cgi?id=77369&view=medium?id=77369&view=medium
Chinaski
23/04/2010, 16:40
Mi vengono i brividi. Andro' a vivere in sardegna; li' si che e' un'altra cosa.
Ne sei sicuro?:rolleyes:
Mi vengono i brividi. Andro' a vivere in sardegna; li' si che e' un'altra cosa.
però il rapporto tra numero di strade e territorio rispetto alla terraferma è il 60%!!! senza parlare di tutte quelle sterrate!!!!
cmq la sardegna è bellissima così!!!
SpongeBob
23/04/2010, 21:59
Se venite tutti a stare in Sardegna poi diventa come il resto d'itaglia...
Non Fatelo!!!!!!
:tongue::tongue::tongue:
papitosky
25/04/2010, 19:22
:sick:
Diego 79
25/04/2010, 19:29
:boxe::angry:
Diego 79
28/04/2010, 17:09
Se venite tutti a stare in Sardegna poi diventa come il resto d'itaglia...
Non Fatelo!!!!!!
:tongue::tongue::tongue:
mi sa che hai messo una G di troppo! :laugh2:
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