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Visualizza Versione Completa : Vecchia Storia.



3keko
19/11/2010, 21:48
ciao a tutti,
ravanando nei meandri di un vecchio hard disc ho ritrovato questo racconto di 3/4 anni fa che scrissi sognando una triumph bonneville che non potevo permettermi di comprare.
rileggendolo oggi mi ha fatto sorridere soprattutto perchè quando lo inventai mai e poi mai pensavo che prima o poi sarei riuscito a comprarmela.
voglio condividerla con voi sul forum invitandovi a pensare alla vostra infanzia e a quando la moto (non necessariamente triumph) vi ha preso il cuore ;)
è un pò lungo e pieno di errori, ma non ho voluto risistemarlo perchè l'ho scritto di getto e preferisco lasciarlo così com'è.


Dieci anni.


- Gomme?-. - Ok. - Bene. Catena?-. - Ok.
- Bene. Hai regolato la tensione vero? -. - Si...No...cioè...Si, -
- Si o No? -. - Cioè...Si, -
- Ok...mmm...Benzina? -. -Ok.- Bene...mmm...patente e documenti di viaggio?-. -Cioè...Non lo so...cioè...Credo di sì, -
- Va bene. Scherzo. Li ho io quelli, -. - Ha ha ha...cioè...sì...ha ha ha...che
scherzo...cioè...-
- Tutto Ok, allora vado...fammi gli auguri -. Il mio migliore amico annuisce
orgoglioso e si fa da parte per farmi uscire dal garage.
Sono passati dieci anni da quando ho deciso di partire da questo paese
inospitale delle campagne romagnole per raggiungere la civiltà.
La campagna è bella ma noiosa. E cʼè sempre puzza di letame. Mi fa schifo
il letame. Bè, cioè, a chi non fa schifo? - Ma tu vivi in campagna, sei abituato
al letame - Dicevano le mie compagne di classe alle medie. - Col cazzo ! -
rispondevo io grezzo, suscitando le risate dei miei amici, che raramente si
schieravano dalla mia parte per aiutarmi, timorosi di essere etichettati come
selvaggi dalle ragazzine educate che dividevano con noi la seconda media.
-Un giorno me ne andrò via da questo schifo di paese e allora vedrete,-
sentenziavo io, serio, facendo quasi sempre sbellicare dalle risate anche le
ragazzine più educate. Queste situazioni si ripetevano spesso durante le
settimane e negli ultimi anni diventavano quasi quotidiane. Mi ero talmente
abituato a far ridere i miei compagni che questi, spargendo la voce alle altre
classi, organizzavano dei veri e propri incontri per farmi sempre dire la stessa cosa:- Un giorno me ne andrò via da questo schifo di paese e allora vedrete,- E giù risate.
Qualche volta in mezzo ai ragazzi si fermava anche qualche
maestra che senza dare troppo nellʼ occhio ascoltava le mie parole e
ghignava sottovoce sicura che non me ne accorgessi. In terza media la cosa
era diventata quasi una consuetudine. Nellʼ intervallo cʼerano adulti e bambini
che si affacciavano nella mia aula e aspettavano che parlassi. Qualcuno mi
indicava anche con il dito. Cosa che ritenevo essere molto maleducata. Poi
da lontano una voce si alzava e faceva: -Ma tu vivi in campagna, sei abituato
al letame - E giù risate. Poi silenzio. Tutti mi guardavano trepidanti, in attesa che io dicessi: - Col cazzo ! - Un boato di risate si levava dai corridoi.
Poi qualche maestra diceva:
- Dai, ti prego, dicci cosa farai da grande, -. Io senza farmi pregare
rispondevo: -Un giorno me ne andrò via da questo schifo di paese e allora
vedrete,- Qualcuno arrivava addirittura a piangere dal ridere e io mi ero
quasi abituato a tutto questo che un giorno aggiunsi: - Un giorno me ne
andrò via da questo schifo di paese e allora vedrete...chi è il più coglione! -
Nessuno rise. Poi la folla si disperse e tutto tornò alla normalità. Fu lʼultima volta che dissi quella frase.
Ma mi ricordai bene quello che successe subito dopo.
Ero davanti al mio banco quando sentii la sua voce: - Hey tu...- Mi
voltai e la vidi. Era la Comanducci Ester. La più bella della scuola. Era
qualche centimetro più alta di me e i suoi capelli avevano lo stesso colore
dorato dei candelabri della chiesa di Don Edero. I suoi genitori erano
molto ricchi. La sua famiglia possedeva tutte le edicole del paese e le
compravano sempre i vestiti più eleganti. Molti miei compagni mi dicevano
che se la Comanducci Ester ti guardava, anche solo per sbaglio, per te la
vita sarebbe cambiata. Avresti avuto lʼammirazione di tutti e le ragazze
sarebbero cadute ai tuoi piedi come pere cotte. Io avevo fatto di più. O
almeno stavo per fare di più. La Comanducci Ester stava per parlarmi.
Nessuno mi avrebbe più preso in giro e nessuno al mondo avrebbe più
osato ridere in mia presenza. Adesso era lì solo per me e avrebbe cambiato
la mia vita. La guardai negli occhi. Le sue labbra sembravano petali di rosa
delicatamente inumiditi dalla rugiada del mattino. Nei suoi occhi vedevo il
riflesso del mare, lontano da qui centinaia di chilometri. Il suo odore mi
riempiva le narici. Aveva quel buon profumo di bucato appena stirato. Era a
pochi centimetri dal mio viso. Lo stomaco mi si era aggrovigliato e mi ero
scordato di respirare. - Hey tu...eri serio quando dicevi che volevi andartene
da questo paese? -. La guardai negli occhi. Mi capiva. Sentivo le lacrime
che rigavano le mie guance come due torrenti. Rilassai le spalle e sentii
lʼodore del mare attraverso il suo sguardo. Con la mano le scostai un
ricciolo ribelle dal viso, sorrisi e le risposi: - Si -.
Rise talmente forte che tra un singhiozzo e l’altro scorreggiava come la moto scarburata del postino del paese. Questa a sua volta fece partire un crescendo di risate intorno a noi che in pochi attimi si trasformò in un boato di grida e pianti di ilarità che non mi sarei mai aspettato.
Entro un minuto rideva tutta scuola. Cazzo.
Rideva anche il cane del custode. - Maledetto cagnaccio - Pensai. - Io che ti
davo anche metà della mia cotoletta - . La mia breve vita mi passò davanti
agli occhi come un film in Super8, cioè fotogramma per fotogramma con delle inquadrature storte e altre bruciacchiate.
Il preside decise, sghignazzando dietro al registro, di chiudere la scuola per qualche giorno, ufficialmente per far passare la ridarella che ormai stava dilagando anche al vicino collegio.
In quel momento presi la decisione più importante della mia vita. Dissi a me
stesso: - Tra dieci anni esatti da oggi a questʼ ora, me ne andrò via da questo schifo di paese, .
Oggi sono qui. Sono passati dieci anni esatti da quel giorno. Tra due minuti
esatti salirò sulla mia motocicletta e partirò senza voltarmi indietro.
La mia famiglia è tutta in strada per salutarmi.
Qualcuno forse è venuto solo per vedere se me ne vado veramente o è uno scherzo. Sono serio.
Ho lasciato la scuola e ho cominciato a lavorare dieci giorni dopo quello
che era successo con la Comanducci Ester e lʼesame di terza media lʼho
fatto alle scuole serali alle quali mi ero iscritto insieme al mio amico Loris, che era stato obbligato dal padre a frequentare anche la sera per farlo diventare più velocemente impiegato nel negozio di motociclette di famiglia.
Loris era un genio della meccanica. Smontava e rimontava un motore ad occhi chiusi e con le mani dietro alla schiena senza sbagliare una virgola. Senza perdere una vite o una molla. Distingueva un tipo di lubrificante dall altro solo sentendone il sapore con la punta della lingua. Era il mio migliore amico. Era lʼunico a non ridere quando tutti ridevano e non solo perché era dʼaccordo con me, ma anche perché era mezzo sordo. Il padre, già quando era nella culla, lo metteva vicino alle marmitte delle sue bicilindriche e apriva il gas a tutta manetta per- diceva lui- abituarlo a distinguere il suono delle Triumph dal motore Harley a, chennesò il Guzzi dal rombo delle Norton.
Il padre di Loris amava definirsi un buongustaio. Per lui le moto giapponesi non esistevano e non erano mai esistite. Se solo provavi a dire: - Honda! - rischiavi seriamente di essere preso a frustate con la catena che teneva sempre appesa alla cintura. Conobbi lui e tutta la famiglia un giorno di primavera.
Un giorno presi i miei risparmi e andai dal padre di Loris. Erano solo
centomila lire, ma dissi : - Signor meccanico, vorrei una moto ...per favore - Lui mi guardò e pianse. Poi mi disse, carezzandomi la testa: - Ragazzo. Con centomila lire non ci compri nemmeno un cazzo di fanale,-
Ma mi piace come ragioni e voglio aiutarti. - Ti presento mio figlio Loris, non sente un cazzo ma è un bravo meccanico...Loris, cazzo...vieni qui.-
Loris era sordo e non sentiva il padre, così questo dovette tirargli una chiave inglese nella schiena per attirare la sua attenzione. Cosa che gli riuscì alla perfezione. - Ragazzo,- mi apostrofò: Se aiuterai mio figlio nel suo lavoro quella moto laggiù un giorno sarà tua, - Guardai nella direzione che mi aveva indicato ma vidi solo un ammasso di ferraglia buttata in terra. - Mi scusi signor meccanico, ma io vedo solo dei rottami del cazzo,-.Dissi per fare il duro. -Bada a come parli ragazzo...quei rottami sono una Triumph Bonneville del 1959. La Signora Motocicletta Cazzuta con la L, la S, la M e la C maiuscole. - Ma...mi ci vorranno...dieci anni per sistemarla...-. Loris e suo padre mi sorrisero e in quel momento capii.





:wink_:

urasch
19/11/2010, 21:52
troppo lungo

Bob Manubrio
19/11/2010, 22:02
no no, mi piace

D@v1d3
19/11/2010, 22:31
Non ho capito quanto ci sia di vero e quanto di fantasia, ma ho riso a crepapelle anch'io (:tongue:) e mi è molto piaciuto!
Complimenti!


troppo lungo

no comment

BladeNitrix
19/11/2010, 23:26
bellina la storia.. ^^

Millejager
20/11/2010, 01:14
Sono passati dieci anni da quando ho deciso di partire da questo paese
inospitale delle campagne romagnole per raggiungere la civiltà.
La campagna è bella ma noiosa. E cʼè sempre puzza di letame. Mi fa schifo
il letame. Bè, cioè, a chi non fa schifo? - Ma tu vivi in campagna, sei abituato
al letame -

qui da noi la campagna non puzza di letame :coool::coool:

S1m0ne75
20/11/2010, 06:45
troppo lungo

:wink_:

bi_andrea_elle
20/11/2010, 06:59
sai cosa puoi fare adesso? Andare dalla ester con le stesse 100 mila che avevi per la moto :rolleyes::wink_:

orcablu
20/11/2010, 08:39
bello!
complimenti

Mr. Number
20/11/2010, 09:05
bella bella, scrivi proprio bene. :wink_:


sai cosa puoi fare adesso? Andare dalla ester con le stesse 100 mila che avevi per la moto :rolleyes::wink_:

:laugh2::laugh2::laugh2:

miss_valentine
20/11/2010, 09:23
Ma è bellissima!!! :w00t:

Il tuo stile mi ricorda quello dei migliori scrittori: quelli che sanno raccontare in modo semplice, usando le parole per creare immagini vivide e precise, tanto da sembrare di essere dentro il pezzo di vita che hai descritto e viverlo insieme al protagonista :wink_:

Complimenti!

MR-T
20/11/2010, 09:47
:smoke_:

belle cose....

Tranzarp
20/11/2010, 10:16
Rise talmente forte che tra un singhiozzo e l’altro scorreggiava come la moto scarburata del postino del paese....

Rideva anche il cane del custode. - Maledetto cagnaccio - Pensai. - Io che ti
davo anche metà della mia cotoletta -

waaaaaaaa... mi è piaciuta come storia... ma mi ha fatto piegare in due la parte comica... bravo. Ho letto con piacere :)!

Non è troppo lungo. Se inizi a leggere divori in due secondi:biggrin3:

Brontolo
20/11/2010, 10:23
Bello mi è proprio piaciuto :oook:

Ma con la Ester poi........:attentodietro::icon_banana: :laugh2::laugh2:

winter1969
20/11/2010, 10:39
:biggrin3:

3keko
20/11/2010, 11:20
Grazie a tutti.
Per essere precisi devo dire che e' tutto inventato perché, grazie a dio, quando frequentavo la scuola le ragazze mi cagavano quel tanto da non passare per coglione :)

Appena trovo anche l'altro racconto vi faccio leggere anche quello.

Sarà il momento particolarmente ispirato ma ho appena scritto di getto la fine del racconto.

Spero gradirete:wink_:

E dieci anni sono passati. Scadono proprio tra un minuto. Giro la chiave dell’accensione e scalcio un paio di volte il pedale dell’avviamento. La Triumph su cui sono seduto tossicchia qualche secondo per poi liberare tutta la sua voce in un rombo liberatorio. Da quando la vidi nell’officina di Loris ad oggi sembra sia passato un secolo. In dieci anni l’ho completamente rimessa a nuovo. E non l’ho mai guidata. Era una promessa che feci con me stesso quando sollevai per la prima volta il serbatoio tutto arrugginito da quel mucchio di rottami. Dissi tra me e me che l’avrei curata e rimessa in sesto e, fatto questo, l’avrei accesa e...- saremmo andati via da questo schifo di paese -. Fu l’unica a non ridere insieme a Loris che era mezzo sordo e a suo padre che credeva in me. Lo giurai. Ora siamo qui insieme.
La mia mano sinistra stringe con delicatezza la leva della frizione e tende il cavo d’acciaio cromato come la corda di un violino. Un colpetto in basso con il piede sinistro per innestare la prima marcia mentre la mano destra apre la manopola dell’acceleratore sprigionando, dopo cinquant’anni, lo spirito selvaggio dei due cilindri inglesi che, in perfetta armonia, sprigionano tutta la loro rabbia repressa. Loris apre il portone dell’officina e il bagliore del sole mi inonda con la sua energia. Mi sento come Steve McQueen. Paradiso o Inferno? Cosa c’è fuori da qui? Lascio andare lentamente la frizione e la mia bambina compie i primi passi. E’ più un’arzilla signora che una bambina, ma la potenza del motore da settecento centimetri cubici che sento dentro allo stomaco, mi fa venire in mente una di quelle matrone tedesche che si vedono nei documentari di guerra.
-Eins, zwei, drei, vier...atenti pampini che io tare foi tante potte su setere se foi non fare come io tire...foi tire hail zignora Fon Zraxton…ja?-
Supero il portone e finalmente mi tuffo nell’aria frizzante del mattino. Lancio un’occhiata veloce ai miei genitori e li saluto con la mano sinistra. Per puro caso non mi schianto contro il camion dell’immondizia.
Sono in ballo e devo ballare. Apro il gas e mi dirigo fuori città. L’avventura ha inizio.
Sto guidando da qualche minuto quando decido di fermarmi a prendere dell’acqua e qualcosa da mangiare durante il viaggio. Tra un paio di chilometri c’è una piccola area di servizio che fa al caso mio.
Il pieno per favore!- dico al benzinaio con una sicurezza che non credevo di avere.
Mentre la mia bella viene riempita di benzina mi dirigo verso l’edicola per vedere, con molta presunzione, se i giornali locali parlano della mia partenza.
L’edicolante è una vecchia grassona con le tette che arrivano alle ginocchia ma con un bel viso. Vicino a lei un’altra cicciona mi guarda con sguardo interrogativo.
Da giovane doveva essere carina ma il tempo deve averle giocato un brutto scherzo.
Mi da il Gazzettino del Campagnolo per favore?
Ecco qua, ci conosciamo?- chiede lei aggrottando le sopracciglia.
Non mi pare- dico io...- ma...cazzo...no...Ester?-
Si, è il mio nome. Tu chi sei invece? mi pare di averti già visto.- Il mio volto si sforza di dire:
No, ti sbagli!- ma in realtà sta dicendo: - Troia! - O forse l’ho detto. Non so.
Mi guarda con disprezzo. Forse l’ho proprio detto. Ma non abbasso lo sguardo. Steve McQueen non abbasserebbe mai lo sguardo.
Ho capito chi sei.- sentenzia lei a denti stretti. -Bene, quant’è per il giornale?- taglio corto io. -Un euro- dice lei fredda come se dicesse: -cacca-.
Tiro fuori una banconota dalla tasca senza nemmeno guardare e gliela poggio dolcemente sul bancone.
-Cazzo se sono superiore- penso con gli occhi sbarrati per non concederle nemmeno una battuta delle palpebre.
Dopo un intero minuto lei prende la banconota e appoggia un mucchietto di monete sul bancone abbastanza lontano da me da obbligarmi a sporgermi in avanti per prenderle.
I miei occhi sono in fiamme. Ho bisogno di battere le palpebre ma non voglio farlo. La mia vista è annebbiata. Mi sporgo e afferro le monete. Me le metto in tasca ma sento una moneta che cade. -Non me ne frega un cazzo - penso.
Qualche centesimo in terra contro la mia fierezza. O erano due euro? -cazzo-
penso sgranando ancora di più gli occhi. - Cazzo, se sono due euro mi tira veramente il culo!-. Lei lo capisce e la sua bocca si increspa leggermente da un lato in un sorrisino diabolico. I suoi occhi parlano. - Coglione, prendi la monetina, su! -. -Vaffanculo ai due euro- Penso io non troppo convinto. Ma non cedo. Alzo il sopracciglio e mi volto. Sorrido a me stesso ed esco all’aria aperta. Sento il rumore della moto del postino ma non lo vedo. Poi mi ricordo.
Ester sta ridendo con sua madre e insieme scorreggiano come una banda di bikers. La Triumph è pronta. E mi guarda. Impossibile. Eppure mi sembra che stia dicendo qualcosa. La fisso dritta nel fanale e cerco di capire. Sento una voce nella mia testa. Forse è la mia immaginazione. Il sole fa capolino dietro ad una nuvola. Un raggio di sole mi scalda il viso. Il riflesso sul serbatoio mi acceca per un attimo. Sorrido. Mi chiudo il giubbotto e mi metto il casco. Sento ancora quella voce. Guardo la Triumph. E finalmente capisco cosa mi sta dicendo. E’ solo una parola ma è quella che mi ripeto da una vita.
- Andiamo ! -

3keko
20/11/2010, 13:50
Riposto la seconda parte perchè il mio computer mi da dei problemi nel leggere il vecchio post.

Sarà il momento particolarmente ispirato ma ho appena scritto di getto la fine del precedente racconto.

questo:
http://www.forumtriumphchepassione.com/forum/il-bar-di-triumphchepassione/155619-vecchia-storia.html

Spero gradirete

E dieci anni sono passati. Scadono proprio tra un minuto. Giro la chiave dell’accensione e scalcio un paio di volte il pedale dell’avviamento. La Triumph su cui sono seduto tossicchia qualche secondo per poi liberare tutta la sua voce in un rombo liberatorio. Da quando la vidi nell’officina di Loris ad oggi sembra sia passato un secolo. In dieci anni l’ho completamente rimessa a nuovo. E non l’ho mai guidata. Era una promessa che feci con me stesso quando sollevai per la prima volta il serbatoio tutto arrugginito da quel mucchio di rottami. Dissi tra me e me che l’avrei curata e rimessa in sesto e, fatto questo, l’avrei accesa e...- saremmo andati via da questo schifo di paese -. Fu l’unica a non ridere insieme a Loris che era mezzo sordo e a suo padre che credeva in me. Lo giurai. Ora siamo qui insieme.
La mia mano sinistra stringe con delicatezza la leva della frizione e tende il cavo d’acciaio cromato come la corda di un violino. Un colpetto in basso con il piede sinistro per innestare la prima marcia mentre la mano destra apre la manopola dell’acceleratore sprigionando, dopo cinquant’anni, lo spirito selvaggio dei due cilindri inglesi che, in perfetta armonia, sprigionano tutta la loro rabbia repressa. Loris apre il portone dell’officina e il bagliore del sole mi inonda con la sua energia. Mi sento come Steve McQueen. Paradiso o Inferno? Cosa c’è fuori da qui? Lascio andare lentamente la frizione e la mia bambina compie i primi passi. E’ più un’arzilla signora che una bambina, ma la potenza del motore da settecento centimetri cubici che sento dentro allo stomaco, mi fa venire in mente una di quelle matrone tedesche che si vedono nei documentari di guerra.
-Eins, zwei, drei, vier...atenti pampini che io tare foi tante potte su setere se foi non fare come io tire...foi tire hail zignora Fon Zraxton…ja?-
Supero il portone e finalmente mi tuffo nell’aria frizzante del mattino. Lancio un’occhiata veloce ai miei genitori e li saluto con la mano sinistra. Per puro caso non mi schianto contro il camion dell’immondizia.
Sono in ballo e devo ballare. Apro il gas e mi dirigo fuori città. L’avventura ha inizio.
Sto guidando da qualche minuto quando decido di fermarmi a prendere dell’acqua e qualcosa da mangiare durante il viaggio. Tra un paio di chilometri c’è una piccola area di servizio che fa al caso mio.
Il pieno per favore!- dico al benzinaio con una sicurezza che non credevo di avere.
Mentre la mia bella viene riempita di benzina mi dirigo verso l’edicola per vedere, con molta presunzione, se i giornali locali parlano della mia partenza.
L’edicolante è una vecchia grassona con le tette che arrivano alle ginocchia ma con un bel viso. Vicino a lei un’altra cicciona mi guarda con sguardo interrogativo.
Da giovane doveva essere carina ma il tempo deve averle giocato un brutto scherzo.
Mi da il Gazzettino del Campagnolo per favore?
Ecco qua, ci conosciamo?- chiede lei aggrottando le sopracciglia.
Non mi pare- dico io...- ma...cazzo...no...Ester?-
Si, è il mio nome. Tu chi sei invece? mi pare di averti già visto.- Il mio volto si sforza di dire:
No, ti sbagli!- ma in realtà sta dicendo: - Troia! - O forse l’ho detto. Non so.
Mi guarda con disprezzo. Forse l’ho proprio detto. Ma non abbasso lo sguardo. Steve McQueen non abbasserebbe mai lo sguardo.
Ho capito chi sei.- sentenzia lei a denti stretti. -Bene, quant’è per il giornale?- taglio corto io. -Un euro- dice lei fredda come se dicesse: -cacca-.
Tiro fuori una banconota dalla tasca senza nemmeno guardare e gliela poggio dolcemente sul bancone.
-Cazzo se sono superiore- penso con gli occhi sbarrati per non concederle nemmeno una battuta delle palpebre.
Dopo un intero minuto lei prende la banconota e appoggia un mucchietto di monete sul bancone abbastanza lontano da me da obbligarmi a sporgermi in avanti per prenderle.
I miei occhi sono in fiamme. Ho bisogno di battere le palpebre ma non voglio farlo. La mia vista è annebbiata. Mi sporgo e afferro le monete. Me le metto in tasca ma sento una moneta che cade. -Non me ne frega un cazzo - penso.
Qualche centesimo in terra contro la mia fierezza. O erano due euro? -cazzo-
penso sgranando ancora di più gli occhi. - Cazzo, se sono due euro mi tira veramente il culo!-. Lei lo capisce e la sua bocca si increspa leggermente da un lato in un sorrisino diabolico. I suoi occhi parlano. - Coglione, prendi la monetina, su! -. -Vaffanculo ai due euro- Penso io non troppo convinto. Ma non cedo. Alzo il sopracciglio e mi volto. Sorrido a me stesso ed esco all’aria aperta. Sento il rumore della moto del postino ma non lo vedo. Poi mi ricordo.
Ester sta ridendo con sua madre e insieme scorreggiano come una banda di bikers. La Triumph è pronta. E mi guarda. Impossibile. Eppure mi sembra che stia dicendo qualcosa. La fisso dritta nel fanale e cerco di capire. Sento una voce nella mia testa. Forse è la mia immaginazione. Il sole fa capolino dietro ad una nuvola. Un raggio di sole mi scalda il viso. Il riflesso sul serbatoio mi acceca per un attimo. Sorrido. Mi chiudo il giubbotto e mi metto il casco. Sento ancora quella voce. Guardo la Triumph. E finalmente capisco cosa mi sta dicendo. E’ solo una parola ma è quella che mi ripeto da una vita.
- Andiamo ! -

BladeNitrix
20/11/2010, 14:02
bella conclusione! in fin dei conti è un bel racconto ^^. mette molta sensazione addosso..

MR-T
20/11/2010, 16:28
eh beh!

D@v1d3
20/11/2010, 16:39
bella conclusione! in fin dei conti è un bel racconto ^^. mette molta sensazione addosso..

:yess:

Volkom
20/11/2010, 16:55
Bravissimo

Tranzarp
20/11/2010, 23:53
:yess:

:laugh2:

Brontolo
21/11/2010, 21:14
Molto bella la conclusione! :oook:

Quindi con la Ester cicca,eh???:laugh2:
Meglio cosi.:wink_: