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DoK.1200.S
14/10/2012, 15:29
Come già postato qui...... Tour Bosnia 2012 - Tiger Explorer 1200 - Ruoteinpiega.com (http://www.ruoteinpiega.com/cms/report-e-racconti-di-viaggio/37-luoghi/155-tour-bosnia-2012-tiger-explorer-1200.html)





Tour della Bosnia 2012

Tutto comincia a marzo, quando in un viaggio di lavoro conosco Mario, italiano emigrato da almeno un anno a Sarajevo. Tra un discorso di lavoro e l’altro scopriamo di essere entrambi amanti della moto, seppur in forme diverse, perciò questi mi invita a seguire lui ed i ragazzi del Motoclub Suburb’s Riders di Ilidza in un giro alla scoperta della Vera Bosnia. Nel mio immaginario questo nome riporta alla memoria i ricordi della sofferta storia di quelle zone e purtroppo i segni dei conflitti esistono ancora, negli edifici e nei racconti della gente, ma lo scopo dell’invito di Mario e Dino, capo del Motoklub, è mostrare ai turisti (moto turisti!) delle nazioni vicine che la Bosnia è qualcosa di diverso da ciò che abbiamo visto in televisione negli anni ’90. E mentre ha luogo quest’opera di “advertising”, l’effetto secondario è far vedere alla gente bosniaca , di qualsiasi estrazione religiosa, politica o nazionale essa sia, che esistono delle enormi potenzialità nel loro bel territorio, fatte di “oasi nascoste, magnifici fiumi impetuosi, laghi cristallini e montagne inesplorate attraversate da sentieri che conducono a canyon nascosti” e che questi gioielli vengono apprezzati sempre di più dagli stranieri in viaggio proprio in questo paese e non solo di passaggio.

Il viaggio che mi programma Dino mira proprio a rivelare pian piano questo segreto incantato. Lui ed alcuni dei soci del MotoKlub hanno creato un sito internet (Moto route.ba (http://www.motoroute.ba)), tanto per iniziare, dove hanno postato 14 itinerari che attraversano la Bosnia partendo da una delle 14 porte di confine e terminando a Sarajevo. Il turista che incappi nel loro sito troverà informazioni relative alle strade, alle attrazioni quali monumenti, opere, castelli, musei, e indirizzi dei luoghi biker’s friendly, con prezzi speciali applicati sulle già basse tariffe locali.




L’appuntamento coi “ragazzi” è per sabato pomeriggio a Bihac, al confine nord occidentale con la Croazia; il percorso di cinque giorni in loro compagnia mi porterà attraverso Sarajevo sino al mare Adriatico, dove sarò di nuovo solo e libero di scegliere la strada per tornare a casa. Parto venerdì pomeriggio per fermarmi a dormire a Trieste dopo una tirata autostradale per la verità poco stancante, anche grazie al ‘mio’ nuovo mezzo… Questo viaggio lo faccio con una Tiger Explorer 1200 che Triumph Italia mi ha prestato mentre la mia Speed è ferma dal meccanico (vedi avanti per le impressioni sulla moto).

Sabato mi alzo con calma perché la strada non sarà molta, anche se l’attraversamento del confine tra Croazia e Bosnia è un po’ lento, causa verifica dei documenti della moto; la prendo come una indicazione del fatto che il controllo e l’ordine sul territorio sono punto cardine da parte delle forze dell’ordine in Bosnia; e ciò sarà estremamente evidente a Sarajevo, dove le ragazze vanno in giro per il centro da sole anche alle due del mattino, non proprio in abiti clericali! Dal confine di Izacic, primo paese che incontro, la strada è un fondo valle piuttosto dritto, anche se le colline verdissime che mi circondano sono un preludio ai paesaggi che vedrò nei giorni a venire. Giunto a Bihac con lauto anticipo, decido di dirigermi a nord per una dozzina di kilometri per visitare il castello di Ostrozac: dopo aver costeggiato il fiume Una verso nord est, devio in direzione del maniero che svetta su di una rupe controllando tutta la vallata… Ehm, diciamo che non appena prendo la 4-2 direzione Velika, mi dimentico dello scopo culturale del mio viaggio e, trovando curve perfette ed un asfalto da pista, comincio a mettere alla prova il motorone che ho sotto le chiappe, percorrendo una decina di Km di strade secondarie da piega e contropiega, sinché rinsavisco e torno verso il castello.

La fortezza ha un piccolo parcheggio davanti al massiccio Barbacane, ma non c’è nessun custode né biglietteria, perciò entro a piedi, ma con già nella testa l’idea di portare la moto dentro per alcune foto ‘medioevali’. Dopo un vasto giardino con collinette che risalgono lungo le alte mura, il sentiero ben tenuto tra radi alberi sempreverdi conduce alla Casa, difesa da un secondo giro di mura; tutto è ben tenuto e ordinato, seppur con qualche segno di lesione dalle ultime vicende storiche. Il portone è spalancato e mi avventuro dentro registrando col telefono (e sentendo la vocina della mia mamma che mi dice nella testa “dove vai? Che è tutto franato il pavimento… Non lo vedi?!” e anche “hai messo la maglia di lana?”, ma questo è un altro aspetto della coscienza di mamma…). Dal corridoio centrale si dipartono varie stanze col soffitto crollato che le mette in comunicazione col primo piano… Primo piano?! Cerco una scala che mi porti su e la trovo. Accanto all’ingresso c’è un’ampia scalinata con tre rampe di marmo bianco che porta nel corridoio equivalente del piano superiore; le stanze ai lati son tutte senza pavimento, ma quella finale è una meraviglia! Penso sia la stanza del signore del castello: larga, di pianta pentagonale, con una vasta nicchia rialzata su un lato in cui probabilmente c’era il letto, un enorme camino su un altro e finestre sui restanti due dalle quali si domina la vallata sottostante.; il pavimento è in parquet ancora discretamente conservato, ma i forti scricchiolii mi invitano a tornare all’idea originaria di fare qualche foto della moto all’interno delle mura. Il risultato è davvero da Elmuth Newton…….

Una telefonata di Dino mi dà la sveglia, annunciandomi che mi stanno aspettando all’albergo. Il desiderio di sfogarmi ancora un po’ su quelle curve viene per il momento accantonato per cercare il Kostelski-Buk. Questo è il classico simbolo di come è la Bosnia: da fuori, sulla statale, sembra un normale albergo a tre piani, forse addirittura “casermone”, nuovo ma privo di fascino, ma appena entri ti ritrovi in un salone con drappi e vetrate trasparenti dalle quali si ha una vista eccezionale sulla cascata retrostante l’albergo; una scalinata moderna in vetro e funi porta ai piani superiori; il ristorante al piano terra, sotto una tettoia di travi di legno, da direttamente sullo spettacolo della cascatella che si getta in uno slargo del fiume Una e, col buio, viene sapientemente illuminata. Insomma, un tesoro nascosto!



La cena merita un sotto capitolo apposta, per parlare del cibo Bosniaco. Se siete a dieta….. statevene a casa! Quando i piatti non hanno intingoli di olii e grassi colati dalle numerose carni cotte sulla brace, alla griglia, stufate, al forno o fritte, starete mangiando del formaggio di capra o pecora spalmandolo su di una sorta di gnocco fritto di cui non ricordo il nome, accompagnati dal classico prosciutto di manzo (40% della popolazione musulmana) affumicato e dalle olive del sud, con un velo di Kajmak, il burro locale cagliato. Ogni momento sarà buono per fermarsi ad assaggiare qualcosa tipico della zona, come lo squisito cevapcic, sorta di piadona ripiena di carne e cipolle; oppure il burek, rotolone di pasta simile alla sfoglia e ripieno di carne o formaggio o spinaci, da mangiare sorseggiando uno yogurt. Si consideri che la cena è solita incominciare con un bicchiere di Rakja, liquore che noi useremmo come digestivo tipo grappa, nella variante secca, per… aprire lo stomaco; si continua con radler o birra (leggera, per quel che ne capisco io) o vino niente male delle zone del sud, che prendono le correnti marine. I dolci sono…… dolci, dolcissimi! E si mangiano come spuntino ad ogni ora del giorno e della notte. Ricordo solo questa sorta di meringata soffice servita nel promenade principale di Sarajevo in porzione ‘vichingo’, ed il gelato al caramello super dolce, glassato. Insomma, i Bosniaci a tavola se la godono senza riserva e le porzioni sono sempre sovradimensionate.



Ma torniamo al viaggio. La giornata di domenica vede il trasferimento a Jaice per poco più di 150 Km. Diciamo che le strade sono molto ben tenute, con pochissime buche, ma anche ben poche curve, sinché ci si mantiene sulla statalona E761 che porta dritta a Sarajevo. Ma se si fanno piccole deviazioni sulle strade secondarie circostanti, il divertimento è assicurato, sempre restando prudenti poiché la mucca che attraversa la carreggiata per cambiare pascolo è sempre in agguato. Anche le secondarie sono ben asfaltate e con pochi avvallamenti, ma decisamente più curvose e divertenti. Dino mi indica le varie strade dove io possa sfogarmi un po’, mentre lui e la Road King supercromata di Mario avanzano con calma teutonica. Arriviamo giusto per pranzo all’incantevole Hotel Plivscko Jezero, appostato su un laghetto tranquillo; stiamo leggeri perché il pomeriggio vede una passeggiata su e giù per le viuzze della medioevale Jaice, antico centro di passaggio delle carovane sulla direttrice col medioriente. La città antica sorge proprio nella forca di congiunzione dei fiumi Pliva e Vrbas, dai quali è protetta sui lati sud-est e sud-ovest, mentre le imponenti mura formano un arco in direzione nord, impenetrabile dalle armate dei nemici di Jaice anche grazie al pendio scosceso su cui sorge parte delle mura. Oltre al castello dall’aspetto davvero cinematografico, per la presenza di una cascata di oltre 20 metri con cui il primo fiume si getta nel secondo, la zona offre la visita ai resti di un antico tempio dedicato a Mitra dei primi secoli dopo Cristo, ben conservato in una struttura dalle pareti di vetro; la curiosità è che per visitarlo... occorre chiedere le chiavi al giornalaio della piazza! Scena simile per le catacombe del 1400. La guida che Dino ha ingaggiato le recupera per noi e ci spiega con molta passione come Jaice sia stata nei secoli il cuore pulsante di tutta quell’area dei Balcani, per la sua posizione e per la pace che regna nella vallata; qui si tenne anche il congresso antifascista del 1943 durante il quale Tito fu riconosciuto da Churchill, Stalin e Roosvelt come comandante dell’esercito partigiano di liberazione della Jugoslavia ed alla nascente Jugoslavia furono concessi aiuti militari contro l’Asse; l’edificio del congresso ora è un museo e al suo interno, credetemi, si respira davvero un’aria solenne. La giornata è stancante per il cammino sul Sali-scendi delle vie medioevali e dopo una rapida cena me ne vado a nanna con l’idea che l’indomani mi aspettano delle strade divertenti.

Così è il giorno successivo, nel quale facciamo i soliti 170 Km con destinazione Sarajevo, con in mezzo però una deviazione che mi permette di sfogarmi un po’: la terza giornata mi vedrà infatti di visitare la capitale con un occhio di riguardo nel confronto dell’ultima guerra. Ma andiamo per ordine. Dopo poco fondovalle lato fiume comincia un bel tratto in salita a due corsie ma con curvoni che testano la stabilità della moto in velocità; nella parte di discesa (che farò avanti e indietro un paio di volte…) ci sono degli ampi tornanti intervallati da curve veloci; nella deviazione su una strada asfaltata senza numero sperimento curve lente ed avvitate che mettono alla prova l’agilità del mezzo. In un baleno arriviamo in città. Nel pomeriggio una guida ci porta nel centro storico dove passeggiamo gustando il dolcissimo gelato di una pasticceria aperta dai primi del ‘900; la visita è improntata sulla multiculturalità della città. Nel raggio di 200 m sorgo infatti una moschea, una chiesa ortodossa, la cattedrale cattolica e la sinagoga. Le vie del centro sono gremite di turisti e nessuno fa caso al velo delle signore musulmane o alla kippà dei signori ebrei; la convivenza è romanticamente fotografata nella mia mente con un suono unico: il richiamo del muezzin dal minareto col sottofondo delle campane che rintoccano le 17! Il giro è stancante, ma culturalmente molto appagante (è inutile che alcuni di voi che mi conoscono si stiano dicendo “tu, culturalmente?! Ahahah”) e si conclude al The Corner, il bar di uno dei ragazzi del Motoklub, dove ho modo di incontrare altri membri più o meno agili con l’inglese e scambiare opinioni puramente motociclistiche. La prima sera downtown si tiene la cena sociale del motoKlub: griglieria in centro dove ci servono pizza di antipasto, accompagnata da spizzicherie varie di formaggi e affettati e mega vassoio di carni grigliate alla perfezione che basterebbero per 100 persone (siamo una ventina); chiaramente un buon rosso non può mancare, perciò stendiamo qualche bottiglia di … ehm… faccio la foto alla bottiglia, annata 2008, ma il nome è in cirillico (TBPAOW, ТВРДОШ diciamo…) e me ne accorgerò solo giorni dopo ormai in Italia; certo dopo alcune birre Sarajevsko e Karlovacko sarò pure giustificato!!! Per fortuna siamo in taxi, da veri bikers, tranne un paio di loro che guidano una GS 1150 super Kittata e una Z750 bianco perla con degli scarichi che brillano per le fiammate ad ogni sgasata!



Durante la seconda giornata a Sarajevo Dino mi porta a vedere alcune zone significative per ricordare gli scontri degli anni novanta. Primo fra tutti, il tunnel di 800 metri attraverso il quale i cittadini imprigionati nella città potevano far giungere viveri e medicinali. L’assedio è durato 4 anni. Quattro inverni gelidi. Quattro estati torride. Quattro compleanni. Quattro Natali. Sentire Dino che mi racconta di quegli anni (lui ha combattuto tra i partigiani), leggermente ansimante anche se impassibile in viso, è il momento più intenso di tutti questi giorni. La guerra è stata vera in questa valle e lui l’ha vissuta; scopro che la mia memoria non si può ridurre solo alle immagini che vedevamo al telegiornale dell’Holiday Inn, giallo in mezzo agli edifici bombardati tutt’intorno; qui le persone sono morte per difendere la propria città.

Poco dopo, come per volermi schiaffeggiare al fine di farmi capire che ora la cose sono cambiate molto in meglio e la vita scorre, mi propone con la sua facciona sorridente di prender le moto per andare su una delle montagne della zona a far due curve e pranzare in una trattoria molto rustica a base di pesce appena pescato nei ruscelli. Non è questione di cinismo, ma credo che abbia studiato questa consecutio temporum proprio per evidenziare la dicotomia passato-presente, che mostra un “ora” in crescita e fervente di attività in contrapposizione ad un “fu” di buio, che però resta ancora la visione prevalente che abbiamo di questo paese. Purtroppo il ristorantino è chiuso, ma cerco di risollevarmi il morale dalla delusione percorrendo in lungo ed in largo le strade di Bielasnika, la montagna su cui si sono tenute le Olimpiadi nel 1984. Strade e stradine più o meno asfaltate e pulite sulle quali mi diverto come ad un parco giochi. La scena del richiamo di Dino per rientrare in città è molto simile a quella cui si assiste sulle spiagge, della mamma che richiama il figlio “fuori dall’acqua” per tornare a casa…

Per la seconda sera nella capitale il programma prevede cena “light” davanti alla partita valida per le qualificazioni ai prossimi mondiali tra Bosnia e Lituania e giretto in centro by night con la giovane figlia di Dino ed un suo amico. I due universitari mi mostrano un centro pieno di persone, nonostante sia metà settimana, che riempie bar e locali per chiacchierare sino a notte inoltrata. C’è bella gente in giro ed il clima è sereno; mi sento a mio agio e mai in pericolo. Gli unici momenti di “paura” sono per i piccoli cortei di macchine strombazzanti che sventolano con orgoglio bandieroni giallo blu della Bosnia per la vittoria nel match…… Mi chiedo cosa mai farebbero in caso di pur improbabile vittoria di un mondiale. Ma i giovani bosniaci sono così: han gran voglia di festeggiare, far casino, divertirsi; senza finire nei guai però.

Il giorno successivo, quarto nello scheduling del tour, ci muoviamo verso Mostar, sempre seguendo la statalona di fondo valle. Devo dire però che questo è il pezzo più divertente di questa superstrada: in un tratto di una ventina di Km divisi tra iniziale salita e discesa verso Konijc ci sono delle curve strette ma con buona visibilità ed un asfalto perfetto. Le percorro avanti e indietro un paio di volte. E continuerei ancora, se non notassi che le tre macchine della polizia locale che erano parcheggiate in cima al valico in corrispondenza del bar non ci sono più: che si siano accorte dei miei timidi passaggi? Per pranzo siamo a Mostar. Il programma prevederebbe del rafting sul fiume Neretva, ma il livello dell’acqua è troppo basso perché la prova sia poco più di una romantica gitarella in barca sul fiume; questo è un buon motivo per tornarci: i fiumi della zona sono famosi, pare, tra gli appassionati, proprio per l’impeto delle loro correnti in primavera. Guadagnando un pomeriggio, decidiamo di andare in visita al santuario di Medjugorie, anticipando la tappa del giorno successivo dato che è prevista pioggia a catinelle. Mi aspetto un ambiente molto commerciale, come Lourdes per intenderci, dove la fede diventa fastidiosamente businness, invece resto sorpreso dalla semplicità e modestia del paese, con la chiesa e lo spiazzo retrostante, rivolto verso la collina delle apparizioni, molto raccolti. Torniamo quindi sui nostri passi per passare la notte nella medioevale Mostar, famosa per il ponte di pietra da cui prende il nome (Stari Most = vecchio ponte). Costruito nel 1566 da un reggente ottomano, il ponte venne distrutto nel 1993 e ricostruito nel 2004 con gran parte dei massi rovinati nel fiume 40 metri più in basso divenendo patrimonio dell’umanità per l’UNESCO. E’ davvero spettacolare, anche grazie alle torri di guardia sui due lati ed alle viuzze lastricate piene di localini che circondano il fiume. Questa è la capitale della Club Music in Bosnia e, anche nel giorno della mia visita, di mercoledì, i locali suonano musica dance a tutto volume dai loro dance floor spesso ricavati da grotte ed anfratti nella parete delle sponde del fiume. Molto suggestivo!



Il mattino dell’ultimo giorno il cielo s’è fatto plumbeo e ogni tanto cadono poche goccette per nulla invitanti a mettersi in moto con direzione Dubrovnik. Mario è rientrato al mattino presto nella capitale e Dino non mi pare per nulla convinto di avventurarsi sino alla costa Croata sotto l’acqua. Gli propongo di dividerci lì. La strada del rientro, che percorro da solo, mi vede passare dal castello di Pociteli con una nuvola nera come la notte in avvicinamento. Riesco ad evitarla sino a metà giornata, risalendo la ventosa costa croata, lungo una strada classificabile tra le migliori che io abbia mai fatto: curve e controcurve a strapiombo sul mare con asfalto che pare appena posato. Non fosse per la tremenda Bora, il ritmo sarebbe da pista! Pausa pranzo a Spalato con visita alla fortezza Diocelziana e ultimi kilometri sotto il diluvio sino a Zadar, dove mi fermo per la notte. Di venerdì risalgo attraverso la frontiera con la Slovenia, sino all’Italia e da Trieste (TRST in lingua…) prendo la più classica delle autostrade.



Penso a Dino, Mario ed ai componenti del MotoKlub Suburb’s Riders: la promessa è di tornare per altri giri in valli che non abbiamo visto; la sua ospitalità è stata da 10 e lode, ma è specchio dell’accoglienza del popolo Bosniaco; i paesaggi sono davvero incontaminati in alcuni scorci e può capitare di essere i primi a posare le ruote su alcune strade nascoste al viaggiatore di passaggio. Questi “ragazzi” sono pronti a portarmi in nuove strade per farmi approfondire la conoscenza del loro stupendo territorio ed io non vedo l’ora di tornarvi!





T.

PS: qui il report della Tigrona........ Prova: Tiger 1200 Explorer - Ruoteinpiega.com (http://www.ruoteinpiega.com/cms/impressioni-di-guida/44-generale/156-prova-tiger-1200-explorer.html)

Apox
14/10/2012, 18:15
E le foto???

:lingua:

DoK.1200.S
14/10/2012, 19:30
Nel link ad inizio pagina ci sono alcune foto. non riesco a caricare le altre, direttamente qui, poichè son troppo grosse ed io sono una capra col PC...
T.