alessandro2804
08/01/2008, 22:18
qualcuno di Bergamo penso che già conoscerà sta storia ..io l'ho appena letta ....ancora mi devo riprendere!:blink::wacko:
PARLA L¹UOMO CHE CHIEDE IL DIRITTO DI USARE IL PROPRIO COGNOME
Da oggi ci chiamiamo tutti Armani
Luca Armani, quarant'anni a settembre, è nato a Treviglio, in provincia di
Bergamo, come Giacinto Facchetti. Ha due fratelli, Giorgio e Massimiliano
Armani, una moglie, un piccolo timbrificio e una grande passione per
internet. Il 24 ottobre 1997, acquista il dominio Giorgio Armani (http://www.armani.it) per
pubblicizzare la sua piccola azienda familiare. Sei mesi dopo, l'ufficiale
giudiziario suona alla porta per notificargli una citazione per danni da
parte della Giorgio Armani Spa. «Quando mia suocera mi ha visto impallidire
- racconta l'artigiano - le ho spiegato che si trattava di una citazione di
Giorgio Armani. Lei mi fa: ³E perché tuo fratello ti ha denunciato?². E io
ho capito che già da lì suonava di stronzata».
«La celebrità dello stilista Giorgio Armani - si legge nella citazione - la
eleganza e qualità dei prodotti contrassegnati dal marchio Armani e
l'ampiezza della diffusione degli stessi in tutto il mondo hanno contribuito
a rendere il marchio ³Armani² un marchio supernotorio e celebre». E così «la
piccola ditta individuale di Treviglio - paese che consta poche migliaia di
anime - sarà posta in grado di far conoscere la propria esistenza ed i
propri prodotti ad un pubblico di decine di milioni di persone... senza
dover investire in pubblicità».
Argomenti che il tribunale di Bergamo ha evidentemente ritenuto validi,
tanto che in primo grado - come raccontato anche sul Riformista di lunedì -
ha condannato Luca Armani al pagamento delle spese processuali per 13.526
euro, più 5 mila euro per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione della
sentenza. «Che dal 18 marzo ad oggi fanno già un milione e mezzo di euro»
calcola rassegnato l'artigiano. Il tribunale, tra l'altro, «inibisce al
convenuto stesso l'uso della parola ³armani² come nome a dominio, ove non
accompagnata da elementi idonei a differenziarla dal marchio ³Armani²».
Letta la sentenza, il primo uomo al quale è stato inibito l'uso del proprio
nome ha resistito due giorni. «Poi sono scoppiato - racconta - mi hanno
preso quattro vigili urbani e mi sono dovuto fare dieci giorni di
trattamento obbligatorio in ospedale».
Una vicenda grottesca nata su internet, che ad internet era destinata a
tornare. Il 17 dicembre, l'artigiano ha pubblicato su internet una petizione
che ha già raccolto oltre tremila firme, rivendicando «il diritto ad
esistere, il diritto al pieno possesso del mio cognome» e cominciando uno
sciopero della fame. Ieri, visti anche il successo della campagna e gli
ammonimenti del medico, ha deciso di interrompere il digiuno. Sul sito the
Gnueconomy, nel frattempo, è stata lanciata la nuova mobilitazione: ogni
navigatore è invitato a mettere sul proprio sito il logo dell'aquila, con la
scritta «Armani anch'io», firmandosi con il cognome del celebre stilista.
Augurandosi che Luca vinca in appello, «festeggi, si dia alla pazza gioia,
faccia un figlio e decida di chiamarlo Emporio».
Non è pazzesco che Giorgio del timbrificio debba pagare
una cifra spaventosa di spese processuali?
Come al solito, lo Stato manda in rovina il privato cittadino..............vafancu.....
PARLA L¹UOMO CHE CHIEDE IL DIRITTO DI USARE IL PROPRIO COGNOME
Da oggi ci chiamiamo tutti Armani
Luca Armani, quarant'anni a settembre, è nato a Treviglio, in provincia di
Bergamo, come Giacinto Facchetti. Ha due fratelli, Giorgio e Massimiliano
Armani, una moglie, un piccolo timbrificio e una grande passione per
internet. Il 24 ottobre 1997, acquista il dominio Giorgio Armani (http://www.armani.it) per
pubblicizzare la sua piccola azienda familiare. Sei mesi dopo, l'ufficiale
giudiziario suona alla porta per notificargli una citazione per danni da
parte della Giorgio Armani Spa. «Quando mia suocera mi ha visto impallidire
- racconta l'artigiano - le ho spiegato che si trattava di una citazione di
Giorgio Armani. Lei mi fa: ³E perché tuo fratello ti ha denunciato?². E io
ho capito che già da lì suonava di stronzata».
«La celebrità dello stilista Giorgio Armani - si legge nella citazione - la
eleganza e qualità dei prodotti contrassegnati dal marchio Armani e
l'ampiezza della diffusione degli stessi in tutto il mondo hanno contribuito
a rendere il marchio ³Armani² un marchio supernotorio e celebre». E così «la
piccola ditta individuale di Treviglio - paese che consta poche migliaia di
anime - sarà posta in grado di far conoscere la propria esistenza ed i
propri prodotti ad un pubblico di decine di milioni di persone... senza
dover investire in pubblicità».
Argomenti che il tribunale di Bergamo ha evidentemente ritenuto validi,
tanto che in primo grado - come raccontato anche sul Riformista di lunedì -
ha condannato Luca Armani al pagamento delle spese processuali per 13.526
euro, più 5 mila euro per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione della
sentenza. «Che dal 18 marzo ad oggi fanno già un milione e mezzo di euro»
calcola rassegnato l'artigiano. Il tribunale, tra l'altro, «inibisce al
convenuto stesso l'uso della parola ³armani² come nome a dominio, ove non
accompagnata da elementi idonei a differenziarla dal marchio ³Armani²».
Letta la sentenza, il primo uomo al quale è stato inibito l'uso del proprio
nome ha resistito due giorni. «Poi sono scoppiato - racconta - mi hanno
preso quattro vigili urbani e mi sono dovuto fare dieci giorni di
trattamento obbligatorio in ospedale».
Una vicenda grottesca nata su internet, che ad internet era destinata a
tornare. Il 17 dicembre, l'artigiano ha pubblicato su internet una petizione
che ha già raccolto oltre tremila firme, rivendicando «il diritto ad
esistere, il diritto al pieno possesso del mio cognome» e cominciando uno
sciopero della fame. Ieri, visti anche il successo della campagna e gli
ammonimenti del medico, ha deciso di interrompere il digiuno. Sul sito the
Gnueconomy, nel frattempo, è stata lanciata la nuova mobilitazione: ogni
navigatore è invitato a mettere sul proprio sito il logo dell'aquila, con la
scritta «Armani anch'io», firmandosi con il cognome del celebre stilista.
Augurandosi che Luca vinca in appello, «festeggi, si dia alla pazza gioia,
faccia un figlio e decida di chiamarlo Emporio».
Non è pazzesco che Giorgio del timbrificio debba pagare
una cifra spaventosa di spese processuali?
Come al solito, lo Stato manda in rovina il privato cittadino..............vafancu.....