Cassazione/ Il capo può leggere la mail dei suoi dipendenti, ma a certe condizioni.
Il capo può leggere le mail dei suoi dipendenti solo se, in base al regolamento dell'azienda, è legittimamente in possesso della password del sistema telematico. Lo si evince da una sentenza della Cassazione, con la quale è stato confermato il proscioglimento, pronunciato dal tribunale di Torino, di un datore di lavoro "perché il fatto non sussiste" dall'accusa di aver "abusivamente preso cognizione della corrispondenza informatica di una dipendente", licenziata poi sulla base delle informazioni così acquisite. Contro la decisione dei giudici del merito aveva proposto ricorso in Cassazione il pubblico ministero del capoluogo piemontese, ricorso però ritenuto "infondato" dalla Suprema Corte.
Per i giudici della quinta sezione penale, infatti, "secondo le prescrizioni del Garante per la protezione dei dati personali, i dirigenti dell'azienda accedono legittimamente ai computer in dotazione ai propri dipendenti, quando delle condizioni di tale accesso sia stata loro data piena informazione". Quando non vi è sottrazione o distrazione, come prevede l'articolo 616, comma 1, del codice penale, la condotta "di chi si limita a prendere cognizione è punibile solo se riguarda corrispondenza chiusa", mentre "chi prende cognizione di corrispondenza aperta è punito solo se l'abbia a tale scopo sottratta al destinatario ovvero distratta alla sua destinazione". E' indiscussa, si legge nella sentenza n.47096, "l'estensione della tutela anche alla corrispondenza informatica o telematica", ma "deve tuttavia ritenersi che tale corrispondenza possa essere qualificata come 'chiusa' solo nei confronti dei soggetti che non siano legittimati all'accesso dei sistemi informatici di invio o di ricezione dei singoli messaggi".
Infatti, "è la legittimazione all'uso del sistema informatico o telematico - scrivono gli 'ermellini' - che abilita alla conoscenza delle informazioni in esso custodite", sicché "tale legittimazione può dipendere non solo dalla proprietà, ma soprattutto dalle norme che regolano l'uso degli impianti e, quando in particolare il sistema telematico sia protetto da una password, deve ritenersi che la corrispondenza in esso custodita sia lecitamente conoscibile da parte di tutti coloro che legittimamente dispongano della chiave informatica di accesso". Nel caso in esame, concludono gli alti giudici, e' "indiscusso" che "le password poste a protezione dei computer e della corrispondenza di ciascun dipendente dovevano essere a conoscenza anche dell'organizzazione aziendale, essendone prescritta la comunicazione, sia pure in busta chiusa, al superiore gerarchico, legittimato ad usarla - conslude la Suprema Corte - per accedere ai computer anche per la mera assenza dell'utilizzatore abituale".