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:biggrin3:
questo con i copertoni ci sa fare ... :w00t::w00t::w00t:
http://img150.imageshack.us/img150/5420/eroica7yr1.jpg
ho votato! :biggrin3:
Io lo vedo dalle ombre della ruggine.
Dal brillare che manca da troppo tempo.
Lo vedo da tutto il nero che sta, sempre più nero,
sotto al tuo motore.
Io lo vedo che invecchi.
Vedo l'olio che abbraccia lievemente tutto il lucido che avevi.
Sento che ogni tanto sei stanca. Come me.
Una ruga, un filo di grasso che ieri non c'era.
Forse un pensiero. Che ieri era dolce ed oggi è come temporale.
Non c'entrano gli anni. Non c'entra la fatica.
C'entra quello che abbiamo visto.
Il male che ci hanno fatto.
Ma il sole torna sempre.
E delle volte ti vedo bambina.
Ti vedo come quel giorno, quando nascesti nella mia vita.
Con i raggi che brillavano nel sole.
La vernice che scottava e toccarla era un piacere.
Il motore incerto e pigro nei primi chilometri.
Ne è passato di tempo e di strada.
Ne abbiamo visto di mondo.
Ne abbiamo avuto di freddo.
E abbiamo riso.
E una volta ti ho spinta per sei chilometri.
E però ci siamo divertiti.
E le rughe non le sento più.
E quel fumo leggero che vien fuori dagli scarichi è senz'altro allegria.
Non può essere olio.
Ma poi ti guardo nel tappo e capisco che hai sete.
Ho sete anch'io e siamo in un bar.
Io dentro che bevo e tu fuori che stai lì.
C'è una ragazza bionda che mi parla.
Io intanto bevo.
E lei dice che mi conosce.
E io penso che ho sete.
E lei dice cosa fai dopo.
E tu stai lì.
E forse fa freddo.
E più tardi torneremo a casa assieme.
E guiderai tu.
Piano, pianino, con quel suonaccio irriverente che fai tu.
E la notte sarà più calda.
Abitata dagli scoppi che si perdono chissà dove
E dormiremo poi.
Nel mio letto io.
Vado in moto perchè ...
... perché quando le sentivo arrivare in primavera, nelle prime giornate di sole, risuonava in me una corda, mi muovevano qualcosa dentro.
Perché quando ho guidato la prima volta mi è sembrato naturale e non ho più smesso di volerlo.
Perché quando abbasso la visiera e sento il clock della prima marcia, si aprono i cancelli di un altro livello di esistenza.
Perché quando attraverso il mondo con la moto sento, vedo, annuso senza filtri.
Perché quando vedo una curva inizio a spostarmi sulla sella con la voglia di disegnarla con tutto il mio corpo.
Perché dopo centinaia di chilometri mi sento solo più libera, mai più stanca. La stanchezza è un momento lontano che giunge solo quando mi siedo a tavola con i compagni di viaggio e sulla pelle nuove sensazioni da raccontare.
Perché è pericolosa.
È la vita, ma anche la morte.
Perché mi fa sentire fiera, sfamando una parte del mio ego, quella messa in discussione da secoli di sottomissione femminile.
Perché mi ha messo in contatto con tante donne come me, donne che non sono riuscita a trovare in nessun’altra dimensione.
Perché quando indosso la tuta, chiudo gli stivali, allaccio il casco, stringo i guanti, lascio tutto fuori e mi confronto solo con me stessa.
Perché è l’unico mezzo che mi ha dato la forza di percorrere km e km da sola, senza temere nulla.
Perché mi ha fatto scoprire il gusto del viaggio, il piacere di essere ogni settimana in un luogo diverso, ha reso le distanze ridicole e mi ha regalato volti e sorrisi nuovi, ma familiari.
Perché quando sono in moto gli altri sono parte di me, anche se sono sola.
Perché in moto non mi sento sola mai, legata a chi si porta dentro qualcosa che anch’io possiedo: quella scintilla di follia che ti fa salire in sella anche quando piove, anche se la salita è difficile, quel tornante è stretto, quella curva ti fa paura. E quando arrivo su un passo, ferma sotto il cartello per la foto di rito, mi sento come se avessi scalato il mio Everest personale.
Perché quando apro gli occhi la mattina e vedo il sole non so immaginare altro modo per goderne appieno e fino in fondo.
Perché mi fa sentire diversa da tanti, ma simile ad alcuni.
Perché quando sono caduta o mi sono ferita ho solo desiderato risalire e ripartire.
Perché quando sono sulla mia moto io mi sento a casa.
Perché è una sfida che ho vinto, ma si rinnova ad ogni chilometro.
Perché mi ha tolto l’amico più caro ed io sono andata in moto più di prima: è ciò che mi resta di lui, il legame che non posso, non voglio spezzare.
Perché in moto non ho paura di morire, lo metto in conto.
E con questa consapevolezza parto,
comunque,
sempre.
Valentina, novembre 2009
io ero on topic :biggrin2:
e con questo hai detto tutto, o quasi ... ed é la fotografia ... quella che a mio parere esalta le tue doti, di cui andarne veramente fiera ... :wink_:
tu da buon off sei sempre on ... :D
intanto una delle più belle poesie di Carlo Talamo ... :wub:
Era nera.
Come una locomotiva.
E profumava d'olio.
Di chilometri.
Il calore che emanava lo potevi sentire a dieci passi.
Fango e sporco testimoniavano di strade lontane.
Io avevo otto anni. quella motocicletta, sola nel caldo
di un pomeriggio di tanto tempo fa, quella motocicletta
io non posso dimenticarla.
La pelle delle vecchie borse doveva aver visto temporali,
vento e lunghe giornate di sole.
Vivevo allora in un paesino del sud dell'Italia.
Motociclette ce n'erano poche.
Di una Parilla mi ricordo. E di una Guzzi. Rossa.
La vecchia motocicletta straniera che odorava di territori
lontanissimi riempiva la piazza.
Ed i miei occhi di bambino.
Forza. Nei suoi grandi cilindri rigati d'olio.
Solitudine. Nella sella di cuoio che non poteva ospitare passeggeri.
Qualcuno, dietro di me, mormorò un nome. Con rispetto mi sembrò.
Io non lo sapevo allora, ma quel nome avrebbe accompagnato la mia vita.
È con me da tanto tempo.
Mi vive accanto.
Fortemente.
Era l'estate del '59. In Calabria.
Era una Harley-Davidson.
Aveva attraversato l'oceano.
E probabilmente la guerra.
Un uomo traversò la piazza.
Forse mi sorrise.
E quando la polvere si dissolse dietro al profondo suono di quel vecchio motore,
poche macchie d'olio sulla terra ricordavano dolcemente il suo passaggio.
Un caldo odore di benzina mi circondò per un attimo.