Nessun problema.....adesso te lo metto in primo piano....:coool:
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ma insomma!!! perfino la figa avete di cartone, una delle peggiori photoshoppate della storia. Guardate i fianchi e l'ombelico, sono spianati
oh rimettiamo un po di veleno qua dentro, bello questo editoriale antimerde, da stampare e attaccare in bacheca in via durini e magari anche all'ingresso di musocco ( che il 99% degli interisti presenti qua dentro non ha la minima idea di cosa sia).
E’ bello e confortante continuare a leggere, soprattutto adesso, in estate, ma in fondo come ogni mese, il calcio su questo Sito. Il mercato, i sogni dell’estate, i colpi, i brividi, il futuro. Le sfumature delle varie trattative seguite e scolpite in maniera capillare, intensa, appassionata. Che bello. E che rimpianto. Un rimpianto che cresce e che non si smorza. Già: sarà ancora calcio dopo il 18 Luglio? Se quello Scudetto continuasse a non essere tricolore e rimanesse invece quelle tre righe di quel comunicato stampa di fine Luglio 2006, a molti, moltissimi, tifosi non verrà voglia di dire al calcio e al Club più leguleio e cavilloso del mondo, beh adesso giocate voi? Da soli, prego, accomodatevi. Non passa notte senza che ai tifosi di Fiorentina, Lazio, Milan e Reggina tornino alla mente gli incubi di quell’estate in cui hanno rischiato di vedere le proprie squadre spazzate via dalla tumultuosa geografia del calcio e delle emozioni. Ed è proprio in queste notti che scorrono davanti agli occhi parole assenti quell’estate, misteriosamente e dannatamente assenti: “L’Inter adesso ha poco da insegnare a chiunque. La vera pietra dello scandalo è questa. L’Inter era come le altre. Meno della Juve di Moggi, ma come molte altre”. Firmato, Mario Sconcerti, Corriere della Sera, Milano, Italia, Martedì 5 Luglio 2011.
Non so se Mario Sconcerti, scrivendo da Milano, la città di proprietà di Moratti, abbia l’obbligo morale di scrivere da amico dell’Inter. Non so se fa parte anche lui di quella gente lì. Quella gente lì, Stefano Palazzi, magistrato, procuratore federale della Figc, una istituzione del nostro calcio. Una istituzione da rispettare, se si vuole continuare ad avere come punto di riferimento una casa comune del calcio e non si ha invece come obiettivo quello di continuare a dettare legge da soli. E a giocare da soli. Come era bravo, bello, buono, giusto e intelligente Palazzi nel 2006. Dopo il suo impianto accusatorio contro le altre squadre, spuntarono le spille: “Io sono interista”. Dopo le sue richieste di pena, la C per la Juventus e la B per il Milan, il buon Marco Materazzi volle andare in Gazzetta, in via Solferino, nel centro di Milano, dove i milanesi perbene vanno a Messa e tifano l’Inter, a farsi fotografare proprio di fronte alla prima pagina della rosea del 4 Luglio 2006 che le riportava a caratteri cubitali in prima pagina.
Cinque anni dopo, Palazzi è passato di moda. Le sue linee di diritto non fanno più testo. Palazzi non ha niente a che vedere con la verità, sostiene delle tesi ma mica decide lui. Palazzi? Ma chi è Palazzi? E’ più o meno quello che sostiene il Consigliere federista più federista di tutti. Carlo Tavecchio, bonario slang lombardo, milanese (provincia o centro? Massì per lui fa lo stesso), Vice-presidente federale, quello per cui purtroppo o per fortuna il Milan cinque anni fa è stato condannato, quello che adesso nessuno si permetta di giudicare l’Inter senza contradditorio. Senza contradditorio?! Ma lo sa il Vicepresidente federista, un pasionario vero, che la altrettanto vera punizione, in questi cinque anni, per la Juventus, più dei due Scudetti revocati, più della retrocessione in Serie B, più dei 17 punti di penalizzazione, la vera punizione è stata quello Scudetto all’Inter?! Se non lo sa, lo sappia. E sappia anche che quella gravissima, tremenda, umiliante, punizione accessoria non l’ha decisa né il Procuratore Federale (il giudice istruttore del calcio), né la Caf (Commissione d’appello Federale, primo grado di giudizio), né la CF (Corte Federale, ultimo grado di giudizio del calcio, dopo il quale c’è solo la Camera Arbitrale del Coni), ma un Commissario straordinario con un comunicato stampa. E sappia anche che uniformare lo Scudetto 2006 a quello 2005, rendendolo vacante, non sarà mai una punizione per l’Inter, sarà solo e sempre un premio in meno per un Club che quell’estate doveva essere sotto processo per responsabilità oggettiva e diretta, per articolo 1 e 6 per il Presidente e per articolo 1 per il Proprietario. Scrive Sconcerti: “Facchetti è troppo onesto per fare quello che cerca cose. Ma lo fa. L’errore di questa storia è che si è cercato di mettere Facchetti sulla stessa linea di Moggi”. Vero, Giacinto, il grande Giacinto (era un innamorato in maniera soave della sua squadra, e io sono fra quelli innamorati di lui e dei suoi derby, di Corso, di Suarez, di Anquilletti, di Rosato, di Lodetti), non aveva né la penetrazione, né l’efficacia di altri sistemi. Ma la giustizia sportiva, che non amo, è la giustizia sportiva. Non ammette legittima difesa e ti pedina parola per parola quando parli con un tesserato Aia. Tu parli per non subire danni, per evitare ingiustizie alla tua squadra, per non venire colpito sotto la cintura. Tutto nobilissimo, ma parli. E la giustizia sportiva te lo contesta a chiare lettere, come è accaduto agli altri. E sia chiaro, nessuno in questi giorni ha parlato male di Facchetti. Nessuno. Non ci sono scorciatoie alla memoria, è finito il tempo della propaganda e degli scudi protettivi, non è possibile non fare i conti con il contenuti e con il merito della istruttoria del Procuratore Federale Palazzi.
Che giorni, questi giorni. Resteranno per sempre nella memoria collettiva: 1) l’editoriale di Andrea Monti, direttore della Gazzetta dello Sport: “Dopo la durissima relazione del procuratore Palazzi, il titolo del 2006 è di fatto revocato dalla storia”; 2) il comunicato del Comitato di redazione della Gazzetta dello Sport: “Chiediamo alla Federcalcio che il tesserato Massimo Moratti venga richiamato ai suoi doveri di lealtà sportiva e alla Federazione Nazionale della Stampa che sia difesa la libertà di espressione”. 3) l’editoriale di Alessandro Vocalelli, direttore del Corriere dello Sport: “Viene da chiedersi, sempre di più, come mai di quelle telefonate non vi fu traccia nel 2006?”.
Ecco. Gli inquirenti che, oggi, nel 2011, ricoprono importanti incarichi politici e che nel 2006 decisero di non sentire e di non vedere le telefonate dell’Inter preferendo mandare invece quelle del Milan sotto la lente d’ingrandimento del dottor Francesco Saverio Borrelli, non ritengono di dare qualche spiegazione? Anche il pm Narducci che nel 2006 fece dire al suo procuratore capo Lepore che il Milan era un grumo di potere e che cinque anni dopo parla semplicemente di Milan parte lesa, non ha niente da dire? La politica dei partiti ha orientato quattro anni di calcio, mandando da una parte le intercettazioni politicamente scorrette e dall’altra gli Scudetti dal 2007 al 2010? Perché è ovvio ed evidente che chi quell’estate aveva la mente e le scrivanie liberi dalle carte dei processi, ha potuto accumulare un vantaggio, una rendita di posizione, che negli anni ha sortito risultati molto importanti.
http://www.inter.it/img/gigabanner/f...stoMoratti.png :angelo:
http://www.oleole.com/media/main/ima...3211/89319.jpg :angelo:
http://sportemotori.blogosfere.it/im...jettisito1.jpg :angelo:
Up....:angelo:
quante baggiante in sto editoriale (Milano città di proprietà di Moratti lol....Berlusconi è già scomparso dalla terra?). Premesso poi che la Gazzetta mai si è permessa di fare un editoriale simile a quello di pochio giorni fa, definire uno scudo revocato dalla storia e chiedere ad un organo di richiamare un presidente che si sta difendendo mediaticamente (ma i giornalisti non erano prezzolati da MM? :laugh2: Per lui non vale la libertà d'espressione? d'altra parte fa ridere chidere che la libertà d'espressione venga difesa dalle dichiarazione di un presidente di calcio quando come paese siamo probabilmente dietro il Burkina Faso per libertà di stampa), nè per il processo doping, nè per il calcioscommesse, nè tantomeno per calciopoli dopo tutte le reazioni della società Juventus e dei suoi tifosi, rispondiamo a questo ignoto (visto che non viene riportato il nome di chi l'ha scritto) con questa post sottostante
c'è anche questo di interessante.Citazione:
Post Avv.Elena Nittoli
Titolo:La frode del deferimento post postem e la risposta a Sandulli
Più che un suggerimento adescante, nell’invito di Palazzi alla rinuncia del termine prescrizionale era insito un inganno: la frode del deferimento post mortem.
Perché, in effetti, a questo paradosso siamo pervenuti.
Il dilemma, cioè, non è tanto ‘accettare’ o ‘non accettare’ i vantaggi derivanti dalla prescrizione. Il punto è, innanzitutto, poterlo fare.
Giacinto Facchetti, l’uomo per il quale lo zelante Procuratore federale ha profuso il maggior rigore inquisitorio, non ha in realtà facoltà di scelta. Non può godere, il Cipe, della possibilità di avvalersi della prescrizione, ma neppure rinunciarvi.
E così facendo, gli è stato negato il diritto di difesa nel processo: gli è stata impedita quell’inviolabile garanzia, invece concessa anche ai criminali più incalliti.
Quella facoltà costituzionalmente prevista, il diritto di difesa, il cui uso è stato sin qui perpetrato anche dall’illustre imputato Moggi, per il quale tale diritto è giunto perfino a tradursi nella sua degenerazione: l’abuso. Perché abuso è, infatti, la sua pretesa di voler azzerare proprie le responsabilità attraverso il ricorso al surrettizio teorema del ‘tutti colpevoli, nessun colpevole’, equazione in realtà sconosciuta ai codici ed ai principi di diritto. Statene certi: una siffatta teoria non esiste sui manuali di legge. Abuso è finalizzare la propria strategia defensionale nell’intento catalizzante di screditare le proprie vittime. Eppure, viene riconosciuto come diritto di difesa anche quello, a quanto pare: inviolabile, imprescindibile e costituzionalmente garantito.
Già, ma allora, quale diritto di difesa è consentito al Cipe?
Perché, di certo, le accuse non gli sono state certo risparmiate. Tutte, peraltro, inspiegabilmente esasperate nella portata accusatoria per stessa ammissione di Palazzi, visto che costui già anticipa nella relazione che la sua ricostruzione dei fatti, estremamente rigorosa in senso accusatorio, subirà, presumibilmente, una derubricazione in ipotesi non contemplanti l’illecito sportivo.
Derubricazioni che non potranno, però, avere mai concreta attuazione.
Ma, allora, perché tutto questo? Perché non arrestarsi prima, nei confronti di Giacinto?
Non si tratta, in realtà, di invocare un rispetto che sarebbe stato dovuto al defunto come pietà etica (a proposito di etica…); la questione, semmai, anche in questo caso è ‘tecnica’ e direttamente collegata al diritto di difesa. Già, quello riconosciuto anche ai criminali più incalliti.
Diritto di difesa significa ‘facoltà di esplicare ogni forma di tutela garantita dall’ordinamento all’interno del processo’, ivi compresa, dunque, la facoltà di avvalersi della eventuale prescrizione. Che resta, appunto, un fatto procedurale attinente ad un piano subalterno rispetto al merito del giudizio: ecco perché l’imputato può anche rinunciarvi. Beninteso, sempre che possa umanamente farlo. Dunque, la prescrizione rappresenta solo una facoltà, non invece una mannaia ineludibile, una condanna a vita, che offende la memoria di un uomo morto.
Esiste, per questo, un rapporto di pregiudizialità fra le varie pronunce: la declaratoria di estinzione del processo per intervenuta morte dell’interessato precede ogni accertamento nel merito, posto che, di fatto, lo impedisce. Nel caso di Giacinto Facchetti, questo è stato inspiegabilmente disatteso dal Procuratore.
‘Precede’ significa, dunque, ‘impedisce’. Ma, allora, la pronuncia di ‘intervenuto decesso’ avrebbe dovuto precedere e quindi impedire anche, a maggior ragione, una formulazione dei capi di incolpazione come quella che, invece, il buon Palazzi non ha inteso lesinare al Cipe. A maggior ragione, perché da essi l’incolpato non potrà mai difendersi.
Capi di imputazione che non saranno, perciò, seguiti da deferimento per l’intervenuta prescrizione (cui l’imputato non potrà, suo malgrado, neppure rinunciare). Ma che non potranno mai essere confutati nel merito.
E’ qui che sta il gioco malefico: Giacinto è stato condannato senza potersi difendere, quando nei suoi riguardi v’era l’obbligo di dichiarare l’estinzione del procedimento per intervenuto decesso. E basta.
Non esiste diritto senza che sia contemplata anche la facoltà di rinunciarvi. In questo modo, invece, non è stato concesso a Giacinto Facchetti il diritto di poter beneficiare della prescrizione, ma gli è stato coattivamente imposto l’obbligo di subirla, come un marchio d’infamia. A Giacinto è stato dunque negato il diritto di difesa.
Al danno, poi anche la beffa: il suggerimento adescante rivolto all’Inter, fra le righe della relazione, alla rinuncia del termine prescrizionale per affrontare il giudizio è in realtà uno specchietto per le allodole, visto che nessun giudizio discolpante sarà mai possibile per Giacinto.
Questa è la prova dell’inganno fraudolento…
Per quanto riguarda il parere dell’avvocato Sandulli espresso ai media secondo il quale la revoca è possibile espresso con l’autorevolezza del nome e la qualifica indubbia di chi lo porta, resta pur tuttavia opinabile (come ogni questione giuridica, peraltro).
Almeno, questo è quanto chi scrive si permette di sostenere: sommessamente, ma con l’assoluta convinzione delle proprie asserzioni.
La natura vincolata dell’atto resta la chiave interpretativa.
Conosciamo tutti l’art. 21 quinquies della legge 7.8.1990 n. 241, in tema di autotutela: ma la possibilità di rivisitare e quindi revocare in autotutela una decisione ‘nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario’ presuppone, appunto, (lo si capisce chiaramente dalla lettera della norma) che una previa valutazione a suo tempo fosse stata presa, o che una situazione di fatto (e non, quindi, una situazione di diritto: si noti bene la differenza, che è fondamentale) abbia determinato la conseguente assegnazione del titolo.
Assolutamente diverso quanto accadde nel 2006: furono le norme NOIF e, segnatamente, l’art. 49/1 a determinare l’assegnazione automatica.
Nel percorso esegetico ricostruibile chiaramente nel parere dei tre saggi, infatti (che -si ribadisce- non assegnarono lo scudetto 2006 motu proprio, né altrimenti ciò fece il Commissario Rossi), è chiaro il distinguo fra assegnazione, quale conseguenza automatica dell’applicazione delle leggi vigenti (è il caso dello scudetto 2006) e non- assegnazione quale frutto di decisione (trattasi dei campionati 1927 e 2005) in questo caso sì revocabile).
Il parere espresso non tiene, inoltre, conto di un rilievo che ogni giurista non può non considerare insormontabile: l’impossibilità di valutare circostanze afferenti a campionato diverso (2004-2005) per il campionato che si vorrebbe sanzionare. Ciò sarebbe davvero contrario ad ogni principio di diritto e di buon senso.
Mi spiace -per chi dissente, pur con tanta autorevolezza- ribadire che la legge è dalla parte dell’Inter.
Ed infatti, solo per questo si invoca l’applicazione di criteri politici che ad essa si auspica possano sfuggire.
Ma anche questo, in realtà, sarà impossibile.
in particolare le ultime due risposteCitazione:
Il Giornale di Vicenza ha chiesto un parere sulla vicenda scudetto all'avvocato De Silvestri, magistrato in pensione, docente universitario di diritto sportivo, già consulente della Federazione italiana giuoco calcio e attualmente dell'Associazione italiana calciatori.
Ecco le risposte:
Avvocato, sgomberiamo il campo da passione e tifo e svisceriamo la questione, visto che juventini e interisti si stanno accapigliando. Lo scudetto 2006 può essere di nuovo revocato?
Quanto rumore per nulla.
È proprio sicuro?
Se ne parliamo in termini di diritto e non da bar sport è così.
Che cosa sente e legge in questi giorni?
Tanti pareri interessati, tanta ignoranza giuridica e grossolani errori. Il solito penoso spettacolo all'italiana.
Perché?
Perché la materia è delicata e complessa. Essa è coordinata da fonti gerarchicamente sovraordinate e di natura diversa. Basti pensare che la materia è regolata da due leggi dello Stato, una sostanziale e una processuale in tema di sport; lo statuto del Coni, i principi informatori degli statuti federali e le carte della Federcalcio. Questa è la cornice. I tifosi, ma anche gli stessi vertici della Juve, sostengono che siccome nel 2006 il titolo è stato tolto in presenza di gravi illeciti sportivi, adesso si può fare lo stesso con l'Inter che non sarebbe la società immacolata che vuole apparire. Capisco, ma il discorso non quadra per due motivi. I principi fondamentali del Coni prevedono la netta separazione tra poteri di gestione e poteri di giustizia. Bisogna ricordare che il commissario straordinario Guido Rossi, organo di governo, nel 2006 prese atto della decisione della giustizia sportiva che retrocesse la Juve e penalizzò il Milan, e stilò la nuova classifica per inviarla all'Uefa per le squadre che avrebbero preso parte alle coppe.
Dunque?
Lo scudetto fu tolto alla Juve dopo la condanna in un processo nel quale la società ebbe la possibilità di difendersi.
Nel caso dell'Inter, invece?
Il procuratore federale Palazzi ha dovuto archiviare perché è intervenuta la prescrizione di 4 anni che vigeva al momento dei fatti, e non di 8 come qualcuno sostiene senza sapere di che cosa parla. Di fronte a un'archiviazione non può conseguire alcuna sanzione, per il sacrosanto principio della presunzione di non colpevolezza: come si fa a dire che l'Inter ha commesso delle irregolarità, sul piano giuridico ipotizzate solo in tesi d'accusa, se non c'è un processo che le ha accertate?
E se il Consiglio federale revocasse il titolo?
Ne dubito, ma se ciò avvenisse l'organo di governo del calcio commetterebbe un grave abuso. L'Inter potrebbe far valere le sue ragioni davanti alla giustizia del Coni, al Tar del Lazio e al Consiglio di Stato. E chiedere i danni. E vincerebbe.
belle questioni di metodo....................me qualcuno che parli di merito , no?
tralascio qualsiasi commento su tonino de silvestri , :sick:
rilevo solo che e' discutibile anche tecnicamente: la possibilita' di difendersi della juve e di altre squadre in occasione del processo sportico in termini di possibilita' di accesso e di confutazione delle prove. ma nessun dubbio sulla "selezione" delle prove stesse ? mah !
ma perche' invece di santificare un poveretto, il presidente non dice semplicemente che quello che ha fatto, lo ha fatto d'accordo con lui, che giacinto non c'entra nulla, che la giustizia sportiva e non se la veda con lui, che puo' spiegare qualsiasi cosa ?
nessuno al mondo crede che quelle telefonate il buon giacinto le abbia fatte all'insaputa di moratti e tronchetto provera :dry:
infame.
Grande uomo, solo per lui se io fossi Moratti prenderei lo scudetto e lo restituirei pero poi farei rivedere tutti i campionati che siamo arrivati secondi tipo quello con Ronaldo rigore non dato e rigor per la Juve e campionato vinto dalle zebre, restituire