già......
in un momento dove tutti sputano sangue e lacrime, sti qui se la spassano ed hanno pure pretese :sick:
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Io spesso vado controcorrente, ma se è vero che si sono lamentati non è possibile prenderne le difese! Guadagnano cifre iperboliche e si lamentano del 10%? A lavorare cialtroni, il fatto è che molti di loro se non facessero i pedatori sarebbero disoccupati o delinquenti!
Pensa te che banda di somari.
Ma chi ha detto sta cosa nello specifico?
Eto'o rappresenta tutta quella banda di somari che giocano a palla o parla per se?
Cosi tanto per sapere se stiamo facendo un rogo della categoria o solo di alcuni
alla gogna!
Direi che, abbia parlato o non abbia parlato, rimane il fatto che questa gente ha tanti soldi, che fanno comodo a loro e gola a tutti i parassiti che hanno attorno, siano essi i parenti o i sedicenti "interessati a che la sua fortuna, signore, venga investita bene e con profitto (..leggasi "depositata su conti esteri" o "..investita in attività dove la tassazione può essere aggirata.."). Avere tanti soldi non è un reato, per quanto susciti molta invidia. E' invece disdicevole che si faccia di tutto per averne senza contribuire al benessere della collettività: non secondo un criterio comunista, sia chiaro, ma semplicemente pagando le tasse dovute, che peraltro ventura vuole che nel nostro paese non siano così equamente distribuite a sfavore dei ceti medi..
Tasse, calciatori non pagheranno contributo solidarietà / Attualità / News - Il Capoluogo.it, Quotidiano on-line con news della citta di L'AquilaCitazione:
Roma, 15 ago 2011 - Il governo ha varato la manovra lacrime e sangue, contro la crisi e le speculazioni internazionali. Ma i calciatori non hanno alcuna intenzione di pagare il contributo di solidarietà, previsto a carico di tutti i percettori di redditi superiori ai 90.000€ l'anno (55.000€ per gli autonomi).
La gran parte pretende che a pagarla siano la società. Così, in un momento di grave crisi sociale prima che economica, lo sport più popolare in Italia, quello del calcio, rischia di allontanare il popolo dei tifosi dai propri beniamini. Molti presidenti ed alti dirigenti stanno ponendo una «questione etica, ancor prima che economica. Non si capisce per quale motivo le società se ne dovrebbero fare carico» ha detto oggi Adriano Galliani, presidente del Milan.
Certo è che se le società dovessero farsi carico anche di questo contributo per i propri 'dipendenti', ne risentirebbero fortemente sia le casse societarie, sia i bilanci. E anche per le società di calcio, anche grandi, il momento delle vacche grasse sembra finito. In questa ottica rientra infatti anche, ad esempio, la cessione ormai quasi fatta dell'attaccante camerunense Samuel Eto'o, da parte dell'Inter.
Staremo a vedere comunque, se la paventata «questione morale» posta dalle società sarà rispettata o se i vari 'paperoni' del calcio italiano asseconderanno anche questa volta i capricci dei tanti 'bambinoni' che vestono le casacche con i propri colori sociali.
è facile e condivisibile sparare sui calciatori visto quel che guadagnano per prendere a pedate un pallone
ma non bisogna scordare che le società hanno la responsabilità maggiore in tutto questo ciarpame, proprio a cominciare dai mega stipendi che vengono pagati ai giocatori (se una società si permette di pagare milionate di euri per i giocatori quanti soldi ne ricava tra diritti tv, sponsorizzazioni e introiti calcistici veri e propri :wink_:)
direi che le une come gli altri non hanno di che lamentarsi :dry:
diciamo che la cosa comunque non stupisce più di tanto, anche dal punto di vista scientifico
http://www.repubblica.it/scienze/201...cchi-20407007/
La ricerca che boccia i ricchi
"Più egoisti e insensibili"
Per realizzare lo studio uno scienziato Usa ha condotto 12 esperimenti, misurando le reazioni cerebrali e il comportamento sociale dei volontari. "Le persone di ceto più basso - spiega - sono più empatiche, portate alla compassione e all'altruismo"
di SARA FICOCELLI
Egoista, insensibile e incredibilmente avaro, l'Arpagone di Molière non avrebbe avuto nessun problema ad ammettere che i ricchi sono diversi dai poveri, e che l'abisso che separa le due categorie non sta tanto nelle possibilità economiche quanto in quelle emozionali. Dura da digerire, la sua teoria è stata snobbata in favore di quella della telenovela più famosa del mondo, Anche i ricchi piangono, ma dopo quasi quattro secoli per il commediografo francese è arrivato il momento della rivincita. Lo psicologo e sociologo Dacher Keltner della University of California di Berkeley sostiene infatti che i ricchi sono più egoisti e meno capaci di empatia dei meno abbienti e che a renderli diversi sono proprio le diverse esperienze di vita, fatte di agi, comodità e amicizie compiacenti.
Per realizzare lo studio Social Class as Culture: The Convergence of Resources and Rank in the Social Realm, Keltner ha condotto 12 esperimenti, misurando i livelli di empatia cerebrale e il comportamento sociale dei volontari. "Le persone di ceto più basso - spiega su Current Directions in Psychological Science - sono più empatiche, portate alla compassione e all'altruismo. Quelle di ceto più alto pensano che il successo economico e l'ideologia politica debbano dettare il loro comportamento ed agiscono eticamente solo per queste ragioni". In uno dei test lo psicologo, aiutato da altri colleghi, ha chiesto a 115 persone di giocare al "dittatore", un esercizio comunemente usato
per misurare il comportamento economico di una persona e che consiste nell'affidare ai partecipanti un partner sconosciuto e dieci gettoni (che corrispondono a vero denaro), proponendo loro di dividerli con l'altro a discrezione. I volontari più poveri si sono mostrati i più generosi.
Per il suo studio Keltner ha anche studiato i meccanismi di attivazione del nervo vago, che aiuta il cervello a ricordare e registrare gli input emozionali che arrivano dall'esterno. Alla vista di un bambino affamato, ad esempio, esso si attiva e lo psicologo ha rilevato un'attivazione più intensa nelle persone di ceto basso. Autore del libro Born To Be Good: The Science of A Meaningful Life, Keltner sostiene inoltre che le persone meno abbienti sono più abili di quelle benestanti nel decifrare le emozioni dei volti ritratti in fotografia, e questo appunto perché più empatiche. Una teoria confermata da un altro studio californiano condotto su 300 dipendenti dell'università e pubblicato qualche mese fa su Psychological Science, secondo cui i più ricchi sono meno capaci di "leggere le emozioni degli altri" e posseggono quindi meno "accuratezza empatica". Nessuna ricerca è ancora riuscita a capire fino in fondo il perché di questi limiti. Secondo David Neal della University of Southern California di Los Angeles e Tanya Chartrand della Duke University Fuqua School of Business di Durham, in North Carolina, il colpevole potrebbe essere un farmaco molto caro all'upper class, il botox, che ostacolerebbe la capacità di leggere le emozioni.
A queste differenze "interiori" si sommano naturalmente anche quelle di fatto, esasperate dalla crisi economica. Proprio la scorsa settimana il New York Times ha messo in evidenza che l'aumento dei prezzi dei beni di lusso non ha particolari effetti sulle vendite: "Se il costo di un paio di scarpe passa dagli 800 agli 860 dollari, chi vuoi che se ne accorga?", ha dichiarato uno dei responsabili della fashion boutique Saks. E secondo l'agenzia Gallup oltre l'80% del benessere negli Usa è controllato dal 20% della popolazione, ma gli americani che guadagnano più di 90mila dollari l'anno si rifiutano di contribuire al superamento della crisi pagando più tasse. Il divario tra ricchi e poveri è sempre più marcato anche in Italia: stando ai dati dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) il nostro è uno dei Paesi industrializzati con la maggiore disparità dei redditi, al quinto posto tra i 17 che hanno segnato un ampliamento del gap tra il 1985 e il 2008, davanti a Messico, Stati Uniti, Israele e Regno Unito.
(16 agosto 2011)