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spitjake
Se c'è una cosa più vergognosa dell'applauso sono i politici che intorno a questa faccenda cercano visibilità.
In questo caso peraltro con la solita, sapiente, colta, dialettica.
Aspettiamo trepidanti altre importantissime dichiarazioni di politici che si schierino pro o contro.
Non è ovviamente necessario ragionare intorno alla targhetta di identificazione o sistemi video che tutelino cittadini e gli stessi poliziotti da abusi di ogni parte.
Ci basta che ci facciate sapere se siete d'accordo o meno, cari governanti, dopodichè passate al nuovo argomento del giorno.
Ecco, visto che ci siamo, magari parlando in Italiano, questo sì ve lo chiederei almeno...
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Originariamente Scritto da
spitjake
Non avevo dubbi che Salvini dosse dalla loro parte: l'intelligenza di quella persona parla chiaro.
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Originariamente Scritto da
streettissimo
Dev'essere un onore avere pure Salvini dalla propria parte :laugh2: grandissimi :laugh2:
C'e' poco da ridere, purtroppo.
L'ignoranza regna sovrana anche in questi casi, dove bastava solo del semplicissimo SILENZIO.
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Diciamoci la verità:
Il problema non è questo squallido episodio, questo è l'ennesimo sintomo di una malattia ormai endemica: parlare alla pancia.
Anche la pancia merita di avere rivolta la parola, ma ormai si parla solo a questa e pochissimi rivolgono parole al cuore e al cervello.
Sono ateo per convinzione, ma l'unico che mi smuove il cuore e il cervello paradossalmente è questo papa.
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dei potenziali violenti come i condannati, vomitevole
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Ah, tra l'altro i Carabinieri per non essere da meno hanno il loro Aldrovandi.
Morte Magherini, indagati i quattro carabinieri - Repubblica.it
Ce la meniamo con gli extracomunitari ma io mi preoccupo di più se mi fermano le forze dell'ordine.
:dry:
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No cioè avete sentito l'audio del dopo pestaggio alla centrale,(lo abbiamo bastonato di brutto, adesso é svenuto..a no è morto..!)
Non ci sono parole io gli darei il carcere a vita
Inviato dal citofono
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un altro caso gonfiato dai media?
secondo me non c'erano i media a gonfiare queste persone...
le parole del segretario del SAP sono chiare, non riconosce una sentenza passate per i 3 gradi di giudizio, allora forse deve smettere di prestare servizio se dopo una condanna definitiva lui continua a ritenerli innocenti.
che tristezza...
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Originariamente Scritto da
Kawa-Nero
un altro caso gonfiato dai media?
secondo me non c'erano i media a gonfiare queste persone...
le parole del segretario del SAP sono chiare, non riconosce una sentenza passate per i 3 gradi di giudizio, allora forse deve smettere di prestare servizio se dopo una condanna definitiva lui continua a ritenerli innocenti.
che tristezza...
il nano è una vita che lo predica che la giustizia non è giusta :wacko:
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questo è un articolo della stampa di oggi,descrive alcuni atti giudiziari,evito di commentare la posizione di Tonelli per sua manifesta ...trovate voi un aggettivo ,mi focalizzo sul passaggio evidenziato in rosso,con una pena che sfocia nella rabbia ,essere genitore di quel ragazzo è stata una prova di civiltà,io al loro posto non starei a casa dal giorno dopo,e nemmeno loro.
«C’è un ragazzo morto? Tutti i giorni muoiono persone giovani sulle strade ma non per questo la colpa è delle strade (...) Se uno legge gli atti giudiziari si rende conto che le causa della morte di Aldrovandi siano ben altre, non quelle stabilite dalla sentenza. Non è il fermo di polizia la causa (...) Non bisogna confondere la verità col pietismo. Noi riteniamo che la condanna sia sbagliata e credo si debba fare chiarezza». Così Gianni Tonelli, segretario del sindacato di polizia Sap, ha rivendicato gli applausi ai quattro agenti condannati per la morte di Federico Aldrovandi: tre anni e mezzo ciascuno (di cui tre indultati) per concorso in omicidio colposo. Da tempo il Sap ha lanciato la campagna #vialamenzogna per confutare la sentenza (divenuta definitiva nel 2012, con il pronunciamento della Cassazione che conferma quelli del tribunale di Ferrara e della Corte d’appello di Bologna) e chiedere la revisione del processo. Su che cosa si basano queste rimostranze? Che cosa dicono gli atti giudiziari invocati?
La versione degli agenti
Che cosa è successo esattamente?Aldrovandi era solo. Ci sono le versioni dei poliziotti, che però il giudice di primo grado definisce «fantasiose», anche perché smentite da testimoni terzi. La Cassazione conferma che i poliziotti non solo nella prima fase di indagini hanno «distorto dati rilevanti», ma successivamente hanno anche «omesso di fornire un contributo di verità al processo, da reputarsi doveroso per pubblici ufficiali», motivo per cui nega le attenuanti generiche. Inoltre censura il comportamento della Questura di Ferrara, i cui «funzionari responsabili» hanno «realizzato manipolazioni delle risultanze investigative». Il sindacalista Tonelli obietta che però i poliziotti non sono mai stati indagati per falsa testimonianza, dunque sono da considerarsi credibili. Ma gli imputati hanno diritto a mentire, non sono testimoni, dunque non indagabili per questo motivo.
I fatti
Dunque la ricostruzione dei fatti è difficile. È l’alba, le strade sono semibuie e deserte. Ci sono gli accertamenti medici sul cadavere. Due manganelli rotti. Segni di lotta sulla volante della polizia. Alcune testimonianze da incrociare (residenti che hanno visto o udito qualcosa affacciandosi dal balcone, richiamati dal rumore). Federico Aldrovandi, 18 anni, muore tra le 6 e le 6,15 del 25 settembre 2005, all’imbocco di un parco nella periferia di Ferrara, dov’è stato fermato da quattro poliziotti in seguito alla telefonata di una residente che lamenta schiamazzi e rumori. Il ragazzo, di ritorno da una festa, è «in stato di evidente agitazione psicomotoria, dovuta alla pregressa assunzione di sostanze stupefacenti di diversa specie e natura» (così la Corte d’appello). Sferra (a vuoto) un calcio a forbice verso gli agenti. I giudici ritengono che gli agenti avrebbero «legittimamente potuto procedere al fermo e all’identificazione del giovane». Invece la loro azione «si sviluppò con modalità violente»: lo «percossero ripetutamente» con calci e manganellate e, anche dopo averlo schiacciato a terra, «continuarono a infierire su Aldrovandi che si dibatteva» e gridava «Aiuto, basta». Due lo tenevano fermo, due lo picchiavano (uno dei quali, con il manganello). Quindi lo immobilizzarono supino, lo girarono in posizione prona e lo ammanettarono, esercitando una «notevole, continuata e intensa pressione». Per i giudici si trattò «di una violenta colluttazione» (quattro poliziotti armati contro un diciottenne «in palese stato di agitazione» e disarmato) non necessitata «rispetto al perseguimento dei doveri d’istituto», con un approccio «poliziesco repressivo» anziché, come sarebbe stato doveroso, «medico-psichiatrico».
La causa della morte
È un tema molto dibattuto nel processo, poiché da esso dipende la responsabilità degli imputati, e ora viene nuovamente sollevato dal Sap. Nelle prime relazioni di servizio, i poliziotti attribuiscono la morte di Aldrovandi alla «assunzione di sostanze stupefacenti». Le sentenze hanno accolto la tesi del professor Gustavo Thiene, anatomopatologo di fama mondiale: morte dovuta ad asfissia da compressione toracica. Secondo i giudici, la pressione esercitata sul tronco di Aldrovandi dagli agenti determinò lo schiacciamento del cuore. I poliziotti obiettano: il consulente era stato nominato dalla famiglia Aldrovandi, dunque è di parte. E propongono una versione alternativa: morte dovuta a «excited delirium sindrome», sindrome da delirio eccitato. Ma secondo la Cassazione la consulenza del professor Thiene è attendibile e adeguatamente motivata (dalle foto risultano due ematomi sul ventricolo sinistro e le dichiarazioni degli operatori del 118 sono convergenti). Inoltre proviene da una riconosciuta autorità scientifica in materia di morti improvvise cardiache. Viceversa, la tesi dei medici nominati dai poliziotti secondo cui Aldrovandi morì da solo perché alterato (excited delirium), è stata smentita nel processo, sia con documenti sia con un confronto tra periti.
Che altro dovevamo fare?
Tutti gli imputati hanno lamentato che i giudici, censurando la loro condotta violenta, non ne hanno specificamente indicato una alternativa. Insomma: che altro avrebbero potuto fare gli agenti di fronte a un ragazzo violento e drogato? La Cassazione ribatte che la «condotta alternativa lecita che l’ordinamento si aspettava da funzionari della Polizia di Stato» è stata abbondantemente illustrata nelle sentenze (in tutto, un migliaio di pagine): dialogo, approccio contenitivo e di controllo (se del caso anche con l’uso di manganelli), prime cure sanitarie (la volante era dotata di defibrillatore e un agente aveva seguito un apposito corso di formazione). Invece i manganelli furono usati per colpire (tanto che due si ruppero); i numerosi colpi proseguirono nonostante le richieste di aiuto di Aldrovandi; la colluttazione non si fermò dopo aver reso il ragazzo «inoffensivo»; il 118 fu chiamato solo quando il ragazzo era morto; «il personale sanitario, una volta sopraggiunto, dovette insistere perché Aldrovandi, ormai esanime, ma ancora compresso a terra con il volto sul selciato, venisse liberato dalle manette e girato sul dorso».
La legittima difesa
I poliziotti hanno enfatizzato, nel processo, il fatto di essere stati aggrediti da Aldrovandi, con un calcio a forbice particolarmente violento, spiegando dunque di aver agito per legittima difesa. Sostengono che il ragazzo fosse nerboruto e cintura marrone di karate, molto pericoloso. Ma per i giudici il calcio andò a vuoto, inoltre Aldrovandi non era un picchiatore così temibile: «Egli era certo piuttosto alto, 1,81, ma il suo carico muscolare dalle foto agli atti, appare assolutamente modesto, le braccia esili, per nulla pronunciati i muscoli addominali , delle spalle, del petto, delle gambe». Il maestro di karate, ascoltato nel processo, ha descritto «un allievo modesto e una capacità fisica e atletica scadenti». Viceversa, «la condotta degli agenti fu sproporzionalmente violenta e repressiva», anche «quando il ragazzo era stato fisicamente sopraffatto». Dunque «condotte estreme e inutili», aliene a «un prudente governo della forza» e alla invocata «necessità di difendere un proprio diritto». Di qui la responsabilità penale degli agenti: eccesso gravemente colposo dei limiti dell’uso della forza, consentita dalla legge per vincere la resistenza all’autorità o la consumazione di gravi reati.
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Ma avete idea della violenza che ci vuole per far spezzare ben due manganelli? Per di più non contro un muro di cemento, ma addosso ad un essere vivente ammanettato?
Fossi al posto di quei quattro, farei l'unica cosa possibile a questo punto, mi metterei la canna della beretta in bocca e premerei il grilletto.
Ma loro no, figuriamoci, capace che tra un po' a qualcuno verrà in mente di candidarli, e ce li troveremo in parlamento