Originariamente Scritto da
macheamico6
Oh va?!!!
Cercavo una cosa e mi salta fuori questo: me l'ero proprio dimenticato.
Vi avevo detto che c'avevo una storia da raccontare, e ce l'ho ancora.
Prima però saluto chi ci lascia, ovvero chi non ama leggere :dubbio:, perché c'ha difficoltà nel farlo o poco tempo a disposizione.
Comunque per una SHORT VERSION basta saltare all'ultimo capoverso ;;)
Allora.....
Tempo fa in una città del nord Italia.
Mentre io resto in albergo, mia moglie esce con mio figlio Michele che all'epoca avrà avuto quattro anni: "andiamo ai giardini" mi dice.
Dopo un'oretta mi squilla il telefono. E' mia moglie che con tono concitato mi dice dove sta e mi chiede di raggiungerla: la telefonata è piuttosto confusa, capisco comunque che dev'essere successo un qualcosa con altre persone e che ci sia di mezzo Michele.
Facendo mille congetture mi fiondo lì: trovo pure una volante della Polizia e, soprattutto, vedo che figlio e moglie stanno fisicamente bene e tiro subito un sospirone.
Mia moglie mi spiega cos'è accaduto.
Michele gioca con molti altri bambini presenti nello spiazzo dedicato ai piccoli all'interno dei giardini, e dico dedicato ai piccoli perché vi sono i classici giochi da esterni per bambini del tipo scivoli, altalene etc. Mia moglie siede su una panchina intorno allo spiazzo, e quindi c'ha mio figlio sempre in vista e al max a 20 metri. Ci sono anche vari adulti lì presenti, perlopiù mamme e anziani (è un giorno feriale).
Due di quei bambini (fratelli tra loro) sono lì con una babysitter, un'extracomunitaria sui 40.
La tizia si allontana per andare a parlare con due persone, presumibilmente connazionali. Si apparta con loro, nel senso che è comunque lì vicino, 30-40 metri, ma pur sempre seminascosta da una fitta vegetazione (piante, siepi etc) e s'intrattiene in maniera piuttosto ambigua con quelle due persone, tant'è che mia moglie non puo' fare a meno di notarlo: o parlano fitto fitto e con circospezione o sembrano quasi litigare alzando i toni. Di tanto in tanto la tizia da un'occhiata ai bambini.
Sulla panchina che la donna e i due bambini occupano, insieme ad alcuni indumenti rimane solo una piccola borsa di vimini, di quelle tipo mare cioè aperte, dalla quale spuntano dei giochi per bambini coi quali i due fratelli avevano giocato con Michele sino a poco prima, poi riposti nella borsa dalla tizia.
A un certo punto, con uno dei due bambini non proprio insieme a lui ma appena qualche metro indietro, mio figlio si avvicina alla panchina e fa l'atto di prendere un gioco di quelli che spuntano dalla borsa di vimini. Probabilmente la borsetta neanche la tocca.
Fatto è che la donna se ne accorge e urlando come un'ossessa corre da Michele, che nel frattempo ovviamente spaventato ha lasciato tutto e ha ritratto le manine, e prende con un gesto brusco la borsetta continuando ancora a sbraitare contro mio figlio. E non la smette neanche quando arriva mia moglie, che dopo un primo attimo di smarrimento corre subito da Michele.
Anche se la donna non solo non ha sfiorato mio figlio neanche con un dito, ma non ne ha fatto neanche l'atto, il suo urlare, peraltro correndo, e i suoi gesti bruschi al limite dello schizofrenico, traumatizzano Michele il quale si blocca al punto di non piangere, né parlare, tantomeno tornare a giocare.
Ovviamente mia moglie si fa sentire dalla tizia, stando attenta a mantenere i toni bassi per non aggiungere ulteriore disagio a nostro figlio che tiene per mano. La donna si giustifica in modo ancora duro dicendo che nella borsetta tiene cose di valore e, soprattutto, i suoi documenti per cui non permetterebbe a nessuno di avvicinarsi, figuriamoci a metterci le mani dentro (dentro???).
Pur avendo voglia di dirle tante cose, in considerazione della reazione di Michele mia moglie si limita a chiederle un gesto, ancorché non di scuse, quantomeno distensivo e bonario verso nostro figlio, credo il minimo sindacale quindi poiché probabilmente se questa avesse incontrato altre persone esse non si sarebbero mica limitate a chiederle alcunché, magari le avrebbero dato loro qualcosa e intendo un qualcosa che avrebbe potuto farle male. Peraltro il gesto che le viene chiesto non le costerebbe nulla, ma proprio nulla nulla.
Ma la donna si rifiuta categoricamente e, anzi, anche se mia moglie non puo' distinguere cio' che dice poiché è tornata alla sua panchina con Michele, questa continua ad inveire brontolando. Mia moglie riesce comunque a capire un'unica parola, più volte ripetuta: razzista, peraltro preceduta da poco simpatici sporca, stronza etc.
Visto che nostro figlio nonostante le amorevoli attenzioni della mamma non accenna a sbloccarsi, a questo punto mia moglie mi telefona.
E qualcun'altro tra i presenti alla scena chiama il 113, dal momento che arriva un attimo prima di me.
Arrivo. Mia moglie racconta in breve a me e ai poliziotti. Ovviamente le mie attenzioni vanno subito a Michele, che è seduto sulle gambe della mamma, testa e braccino appoggiato al tavolo di pietra innanzi alla panchina: non parla e non ha neanche voglia di muoversi. Lo prendo, lo coccolo e me lo metto cavalcioni sul collo, corriamo, ci corrono dietro vocianti anche altri bimbi (che ho trovato mortificati tutti intorno a lui), lo faccio giocare e in breve si sblocca. Lo lascio con gli altri bambini e torno da mia moglie che, nel frattempo, sta parlando coi poliziotti. La donna in tutto questo frangente rimane imperterrita sulla sua panchina. Intanto i due con i quali si era appartata sono spariti.
I poliziotti paiono quasi seccati per l'essere stati chiamati ad intervenire, soprattutto -credo- perché non chiamati da una delle parti interessate, ma poi, dall'istante in cui mia moglie dichiara di essere un avvocato, cambiano improvvisamente registro e diventano gentili e rassicuranti.
Uno va a parlare con la donna, la quale conferma sostanzialmente quanto raccontato da mia moglie. In sostanza riferisce all'agente che era nelle immediate vicinanze della panchina nel momento in cui mio figlio le prendeva la borsetta, cosa falsa in quanto Michele probabilmente non l'aveva neanche sfiorata e, oltretutto, si guarda bene dal dire che si era defilata per appartarsi a varie decine di metri per parlare con due individui. Questa circostanza viene comunque confermata ai poliziotti da alcune delle persone presenti. In ogni caso l'agente ci dice che la donna rimane ferma sulle sue posizioni e che, addirittura, si riserva di sporgere querela per "tentato furto" (assurdità trattandosi di un bimbo di quattro anni: credo che semmai il reato debba essere contestato a noi genitori e debba chiamarsi "mancata o incauta sorveglianza di minore" o qualcosa del genere).
Al ché i poliziotti ci chiedono cosa intendiamo fare. Rispondo che questa è cosa che intendiamo valutare a freddo in quanto non abbiamo nessun obbligo di decidere adesso, ma dato che sono qui se vogliono verbalizzare che facciano pure: a noi interessa soltanto che provvedano ad identificare la donna, e da parte nostra siamo pronti a fornire le nostre generalità se richieste. Così fanno.
Mentre un agente annota le nostre generalità, l'altro torna dalla donna per fare la medesima cosa ma, stranamente, si intrattiene più del dovuto e, soprattutto, li vediamo parlare anche in maniera piuttosto vivace. Non vedo però l'unica cosa che sarebbe stato interessante vedere: che le avesse chiesto di mostrargli il contenuto della borsetta.
Ora, io non so di cosa possano aver parlato, se lei non fosse in regola col permesso di soggiorno, se fosse soggetto già noto alle FdO o ché altro, sta di fatto che dopo vari minuti la donna e l'agente vengono verso di noi, e quest'ultimo ci dice che lei è ora disposta a chiarire il malinteso e a scusarsi. Mentre io non le rivolgo mai lo sguardo, la donna chiede scusa a mia moglie. Al ché mia moglie le dice che non era per sé stessa che cercava le sue scuse e che quindi non le servono: le aveva solo chiesto più volte di farlo nei confronti di Michele, che era rimasto traumatizzato dal suo comportamento. Sarebbe bastato, ad esempio, porgergli i giochi nella borsetta ed invitarlo a giocare con i "suoi" due bambini, magari accompagnando il gesto con un sorriso, una carezza.
Anche se è evidente che la donna si sta sforzando di fare una cosa ob torto collo, la faccenda comunque si compone, anche perché Michele nel frattempo ha ritrovato il suo abituale buonumore.
Tuttavia, a questo punto, le parole di uno degli agenti, peraltro molto giovane e con un grado inferiore all'altro, che si ritiene in diritto di pontificare una sua paternale, scatenano in me tutta la rabbia che mi ero sforzato di reprimere fino a quel momento.
Pur non ricordando le parole precise, in sostanza egli dice "per il futuro lei signora -rivolto alla donna- stia attenta a trattare dei minori con dei modi meno aggressivi, soprattutto se molto piccoli", e poi, rivolgendosi a mia moglie e a me "cercate di educare meglio vostro figlio, in modo tale che non vada più a mettere le mani tra le cose delle altre persone, soprattutto se non conosciute".
Apriti cielo.
Siamo o no in un parco pubblico?!!! E all'interno di questo parco pubblico siamo o no nell'area dedicata ai bambini, quindi nel loro regno?!!! E allora un comportamento in linea a una "normale diligenza del buon padre di famiglia" suggerirebbe forse di lasciare incustodita su una panchina una borsa con "dei valori e importanti documenti"??? Tantopiù se poi tale borsa altro non è che una borsetta di vimini aperta dalla quale spuntano dei colorati giochi per bambini, coi quali peraltro i tre bimbi (mio figlio con i due fratelli) stavano giocando fino a pochi minuti prima?!!! E se il contenuto della borsetta era di così vitale importanza, perché la donna l'ha lasciata nel regno dei bambini per appartarsi seminascosta e neanche tanto vicino con due individui abbandonando, di fatto, l'incarico per il quale è pagata, ovvero la ben più importante sorveglianza dei "suoi" due bambini, che vedeva, sì, ma distrattamente e da lontano??? E anche se non lo dico esplicitamente, faccio comunque intuire che vorrei sperare che nell'incontro con quei due soggetti (poi subito scomparsi) avvenuto nel modo anomalo confermato anche da alcune delle persone presenti, la donna avesse disquisito di cose lecite....
E anche alla luce di tali incontestabili considerazioni, dico all'agente di non permettersi di fare illazioni di sorta sull'educazione che diamo a nostro figlio, che riteniamo del tutto adeguata. E lo faccio in maniera molto risentita, al limite della collera.
Sto poveraccio, che forse era intervenuto con le migliori intenzioni pur sbagliate nei contenuti, essendo ora pure oggetto di occhiatacce di rimprovero da parte del collega più anziano e graduato (mentre io sono oggetto delle occhiatacce di mia moglie che mi invita alla moderazione), balbetta che ho interpretato male le sue parole, e io di rimando "no, no, le sue parole sono state chiarissime e le ho ben capite".
Cerca allora di distogliere dall'attenzione la sua gaffe dicendo che per un bambino puo' essere più traumatico vedere di aver causato un intervento della Polizia che i modi bruschi coi quali era stato apostrofato da quella donna. Al ché gli rimbalzo pure questa, precisando che nell'educare Michele abbiamo anche fatto in modo che non solo non avesse timore di un uomo in divisa, ma che addirittura lo vedesse come "suo amico", ovvero una persona da apprezzare e della quale fidarsi.
Quasi scusandosi alla fine i poliziotti se ne vanno, lasciandoci i riferimenti per ottenere i dati per un eventuale seguito che volessimo dare alla faccenda, cosa che non faremo. Subito dopo se ne va anche la donna.
Al di là del narrare quanto accaduto anni fa, che se uno ha letto il mio scritto spero lo abbia trovato gradevole (mentre chi non lo ha letto o s'è annoiato nel farlo, qui non c'è mica arrivato), volevo innescare una riflessione su cio' che ho chiamato "razzismo alla rovescia".
Vero è che, come ha già detto qualcuno, il razzismo non ha un verso: discriminare per una questione di razza è cosa biasimevole e STOP! Giusto per sgombrare il campo da possibili equivoci dico che su questo siamo tutti d'accordo (o perlomeno spero la maggior parte), io per primo.
Tuttavia per "alla rovescia" intendevo quello che tutti avevano capito bene cio' a cui mi riferissi, pure quelli che avevano finto di non capirlo.
Nel caso narrato, ad esempio, provate per un attimo a pensare cosa sarebbe successo a parti invertite: mia moglie che inveisce contro un bambino nero o giallo o olivastro, e poi con sua madre, solo perché il bimbo ha fatto l'atto di sfiorare la sua borsetta. Ci siete?
E ancora. Perché la donna nel continuare a inveire e a brontolare tra sé e sé ha volutamente ripetuto e ribadito la parola RAZZISTA, peraltro preceduta da altri epiteti poco simpatici? Semmai poteva soltanto ringraziare il Cielo per non aver incontrato sulla sua strada dei genitori meno "tranquilli" coi quali la faccenda avrebbe potuto prendere una piega ben diversa. Ma in ogni caso che c'entrava il razzismo con quanto era successo.