Parte da lontano, la storia dei Kraftwerk,
probabilmente il gruppo più significativo degli ultimi decenni, per la sua capacità di sfoderare innovazioni tanto visionarie e radicali quanto capaci di infettare in profondità l’immaginario collettivo, a partire da quello più pop. Parte dal 1970 e parte da Düsseldorf, e ha anche dei tutori illustri, visto che Ralf Hütter e Florian Schneider – i due fondatori – erano attenti frequentatori delle lezioni di Stockhausen al Conservatorio cittadino e delle sue sulfuree lezioni hanno fatto tesoro. I primi esperimenti sonori uscirono a nome Organisation (“Tone Float” il titolo dell’lp), per poi assumere poco dopo come ragione sociale il nome che li ha consegnati alla storia. I primi album (“Kraftwerk”, “Kraftwerk 2”, “Ralf Und Florian”) risentono profondamente della matrice krautrock e dei suoi esperimenti, con tanto di inquietanti derive esoticizzanti. Questo è l’inizio; le suggestioni elettroniche (anzi: di un neo-umanesimo elettronico) prendono via via il sopravvento e complici session sempre più maniacali al Kling Klang, studio di registrazione che diventa subito leggendario, a partire da “Autobahn” (1974) comincia a compiersi pienamente l’epopea del gruppo tedesco.
La reinvenzione di un immaginario completamente nuovo ed alieno; il radicale rovesciamento degli abituali processi creativi; l’immedesimazione totale per non dire inquietante nella propria arte, nella propria utopia tecnologica (…sempre però venata di arguta ironia, talora intelligentemente di vero e proprio sarcasmo). Tutto ciò è tratteggiato da dischi come “Radio-Activity” (1975), “Trans-Europe Express” (1977), “The Man Machine” (1978), “Computer World” (1981), “Electric Café” (1986): ciascuno di essi una pietra miliare che ha contribuito a disegnare un panorama sonoro senza cui il pop dagli anni ’80 in poi così come la house e la techno sarebbero stati diversi, o forse addirittura per certi versi non sarebbero mai esistiti. Giusto per fare un esempio: il tributo verso i Kraftwerk di coloro che sono stati concretamente gli inventori della techno (i detroitiani Derrick May, Juan Atkins, Kevin Saunderson) è totale ed incondizionato. Ma appunto, è un esempio fra tanti.
Frequenti cambi di line up e rapporti anche contrastati e complicati fra i vari membri della band non hanno mai scalfito davvero la grandezza del gruppo tedesco. L’avvento del nuovo millennio li ha visti tornare in piena attività con un disco (“Tour De Force Soundtracks, 2003) e una mirata ma grandiosa attività live (documentata dal doppio cd e dvd “Minumum-Maximum”, 2005), che ora nel 2009 riprende attraverso selezionate apparizioni (senza Schneider sul palco, ma con intatta potenza di fuoco artistica). La radicale essenzialità del suono ma anche del concetto stesso “Kraftwerk” ha consentito alla unit creativa germanica di attraversare i decenni restando sempre un luminoso ed impressionante esempio di avanguardia di massa: perfettamente pop, e soprattutto perfettamente atttuale. L’aggettivo “elettronica” legato alla parola “musica” così come ad “arte”, in tutte le sue declinazioni, è figlio di quanto iniziato da Ralf Hütter e Florian Schneider quarant’anni fa; e la lezione non ha ancora perso nulla del suo smalto, della sua iconoclastia.
Sabato 18 luglio a Livorno sul palco di Italia Wave Love Festival 2009!