Ora di religione, affondo della Cei
Gelmini ricorre al Consiglio si Stato




Attacco dei vescovi alla sentenza
del Tar: «E' soltanto un'assurdità».
Il ministro: «Ingiusto discriminare».
E anche gli insegnanti promettono
battaglia: «Ricorreremo in appello»
ROMA
È fortemente critica la reazione della Chiesa italiana alla sentenza del Tar che esclude l’insegnamento della religione dalla valutazione sul profitto scolastico degli studenti. Sulla questione interviene mons. Diego Coletti, Presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica. la scuola, l’università per il quale l’insegnamento della religione cattolica è parte integrante della conoscenza della cultura italiana, e in questo senso va intesa nel sistema scolastico italiano, non come percorso confessionale individuale. Da questo punto di vista il vero limite è l’esenzione dall’ora di religione, cioè la possibilità di non avvalersene.

Ai microfoni della Radio Vaticana, mons. Coletti ha rilevato come la sentenza risulti particolarmente pretestuosa: «i crediti, il valore generale del giudizio sull’alunno, vengono dati in base alle scelte del singolo studente, il ministro Fioroni ha anche sottolineato che c’è la possibilità di avere crediti per corsi di danza caraibica. Figurarsi se il 92% delle famiglie italiane che sceglie di avvalersi della religione cattolica, se questo non debba rientrare nel computo della valutazione sull’alunno sarebbe davvero una cosa strana. Tanto più che si tratta di scelte responsabili». «Non è colpa di nessuno - ha aggiunto l’esponente della Conferenza episcopale italiana - se la cultura di questo Paese è stata segnata da secoli e in misura massiccia dalla presenza della religione cattolico. Quindi entrare in un dialogo fecondo con la cultura italiana significa anche, non dal punto di vista confessionale ma dal punto di vista culturale, entrare in dialogo con la religione cattolica. E questo è il motivo dell’insegnamento».

Il ministero dell’Istruzione ricorrerà al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar del Lazio sull’ora di religione. È quanto ha annunciato il ministro Mariastella Gelmini.«In Italia vi è piena libertà di scegliere se frequentare o meno l’insegnamento della religione. Non si comprende perchè qualcuno voglia limitare questa libertà, è ingiusto discriminare la religione cattolica».

Intanto anche gli insegnati (di religione) si stanno mobilitando. L'idea è quella di ricorrere in appello contro la sentenza del Tar che li esclude dagli scrutini e dall’attribuzione dei crediti per gli studente. Lo ha annunciato, parlando a Radio Vaticana, Orazio Ruscica, segretario dello Snadir, il sindacato autonomo degli insegnanti di religione. «Ci costituiremo in giudizio - ha detto Ruscica - e impugneremo la decisione come già abbiamo fatto nel 2007» quando la stessa sezione del Tar si era pronunciata per la sospensione della stessa ordinanza del ministero dell’Istruzione, ma contro la decisione il ministero aveva presentato ricorso in appello al Consiglio di Stato.

Per il segretario la decisione del Tar «non fa altro che dire che chi lavora deve essere penalizzato. Gli studenti che durante l’anno fanno una materia in più rispetto agli altri devono vedere poi alla fine dell’anno penalizzato il loro lavoro». Nell’attribuzione del credito «viene valutato - ha precisato Ruscica - sia la religione sia la materia alternativa sia lo studio individuale assistito e certificato dall’insegnante». Quindi, conclude, non si lede il diritto di libertà e non si lede il principio di laicità, si tratta di attribuire un peso all’impegno degli studenti: «Qui c’è un’altra confusione», sostiene: «Lo Stato riconosce un impegno da parte dello studente e dice: tu hai fatto qualcosa durante l’anno? Ti sei impegnato? Bene, io te lo riconosco».