ROMA (26 ottobre) - Un paio di giorni prima che scoppiasse il putiferio e quattro carabinieri finissero in manette, il premier Silvio Berlusconi ha telefonato al presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, per avvertirlo che c’era un video compromettente che lo riguardava.

«Nei giorni scorsi è venuto da me Alfonso Signorini (direttore del settimanale Mondadori “Chi”) - ha detto il presidente del Consiglio al governatore - per farmi vedere un filmato che ti riguardava. Mi ha chiesto “che ne dobbiamo fare?” E io gli ho risposto che non se ne parlava lontanamente di pubblicare una simile cosa. Io penso che debba essere ritirato dal commercio e, se vuoi, ti do nome e indirizzo dell’agente che ce l’ha dato così, se ritieni, potrai farlo ritirare». Marrazzo incassa la chiamata e ringrazia. Palazzo Chigi sembra ignorare che il politico del Pd è sotto ricatto, che ha pagato per il silenzio, pensano forse che lui non sapesse dell’esistenza di questo filmato. E hanno voluto avvertirlo. Il presidente della Regione, però, invece di cercare i magistrati, pare scelga di contattare direttamente la “Photo Masi” di Milano, vorrebbe comprare lui stesso il video.

Qualche giorno prima della telefonata di Berlusconi alla segreteria della presidenza della Pisana arriva un’altra chiamata: «C’è il presidente? - chiedono - Dobbiamo parlare con lui di una questione personale. Dobbiamo parlarne direttamente, lo avverta per favore». Marrazzo non è in sede. E quando viene a saperlo pensa che possa trattarsi dei ricattatori. Non li ha più sentiti da tempo, spera che lo abbiano dimenticato. Del resto non hanno riscosso gli assegni che aveva consegnato per indurli al “silenzio”, e non l’hanno più chiamato. Decide di continuare a tacere. Nonostante ormai sappia che in tanti conoscono le sue “debolezze” e le frequentazioni, mantiene il silenzio con quelli che gli stanno intorno. Nega sempre, fino a un’ora prima della smentita finale. Quando arriva all’interrogatorio davanti al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo pensando ancora di dover rispondere a domande sulla sanità. Il pm gli mostra il video, gli contesta gli assegni e gli parla del ricatto, è lui diventa un fiume in piena e dice tutto.

Un periodo sfortunato per il governatore che ora potrebbe costargli anche qualche accertamento personale da parte della procura. Sono stati gli stessi trans, infatti, a raccontare alcuni particolari ai carabinieri del Ros. Hanno detto che il governatore li pagava lautamente, che arrivava da loro con l’auto blu e la parcheggiava anche in seconda fila. Quasi sempre accompagnato dall’autista. E uno ha persino dichiarato che i soldi usati per pagarlo, «chissà dove li prendeva». I pm, pur continuando a considerare il presidente una vittima, ritengono che forse alcuni aspetti debbano essere chiariti. Ci sono da verificare l’origine dei soldi in contanti dati ai ricattatori, l’uso che è stato fatto della macchina di servizio, la presenza di droga, o presunta droga, negli appartamenti da lui frequentati. L’avvocato Luca Petrucci che lo difende, spiega che «ormai Piero Marrazzo è un privato cittadino e non uomo pubblico. Essendosi autosospeso può essere solo considerato un privato cittadino che compare esclusivamente come parte offesa in un procedimento per fatti gravissimi. E in quanto tale merita il rispetto della privacy e le sue vicende personali devono essere sottratte alla pubblicità».

Intanto, questa mattina gli avvocati dei quattro carabinieri arrestati presenteranno istanza al Tribunale del riesame per chiederne la liberazione. «È tutta una manovra orchestrata contro di noi - si sono difesi davanti al gip - Non abbiamo girato alcun filmato». In una intercettazione telefonica, però, uno di loro dice: «Ho il video della nota personalità, lo porto a Milano, ci faremo tanti soldi».

Berlusconi avvertì Marrazzo: «Attento, c'è un video su di te» - Il Messaggero