Certe volte non dovrei. Certe volte dovrei lasciare la moto a dormire sotto il suo telo. Certe volte farei meglio a restare a casa con la mia famiglia, a bermi un tè caldo e a giocare con i bambini. E invece, decido che ho bisogno di farmi un giretto. E fingo di ignorare il buon senso, il termometro, l’asfalto gelido e sporco. Già, “fa freddo, ma tanto c’è il sole. Faccio un paio di foto e torno subito. Alle 15.30 al massimo sono a casa”.

E poi alle 18 mi trovo al buio di una deserta stradina collinare, nel mezzo del nulla, a rimettere in piedi la moto. Caduto, già. Due volte.
Sulla neve. Che dire? Semplicemente, che sono stato un cretino.
Invece di limitarmi a scattare due foto nelle campagne








di Avigliano Umbro, ho proseguito per Amelia,



quindi per Orvieto.


E qui, la scelta più idiota: invece di tornare a Todi lungo la superstrada che costeggia il lago di Corbara − rapida, scorrevole e sicuramente pulita – decido di passare per Colonnetta di Prodo. È una strada fantastica, una delle tanto “centocurve” che costellano il centroitalia. Ma non in pieno dicembre, tantomeno se comincia a nevischiare. Solo un cretino può ignorare questo fatto.






All’inizio tutto ok: c’è neve ai bordi, ma la strada è decente. Proseguo.





Fingo ancora: fingo di ignorare il nevischio che aumenta, chiedo compunto al conducente di uno spazzaneve se la strada più avanti è pulita, fingo di ignorare che il suo “sì” è molto poco convinto e proseguo ancora.
Dopo qualche chilometro, non posso più fingere: le porzioni di asfalto coperte da neve sono sempre più numerose, e il buio che scende rapidamente non aiuta a distinguerle con il necessario anticipo.



Ma io vado avanti, imperterrito. Un cretino, appunto. Così cretino che continuo a fermarmi per fare foto.







Finché non mi trovo per terra – senza preavviso. Non ho frenato, non ho accelerato, non ho curvato. Niente: sulla neve, ho sentito il posteriore andarsene in un istante. Una specie di “acquaplanning” a 10km/h, per così dire. Rialzo la Speed, con un movimento innaturale che mi procura uno strappo al bicipite destro. Non controllo i danni perché è troppo buio.



Me ne accorgo solo quando riparto: il pedale del freno posteriore è piegato, sembra inutilizzabile. Merda, dovrò usare solo l’anteriore, non il massimo, considerata la situazione. Fatto sta che a questo punto non ha più senso tornare indietro: ormai ho scollinato, mi conviene proseguire. E allora vado, in un lento e snervante asfalto-neve-asfalto-neve, che non aiuta la gomma a scaldarsi. Decisamente.
Pochi chilometri dopo: stessa dinamica, identica. Rialzo la moto, non so come. Stavolta se ne è andata affanculo la leva del freno anteriore. Fantastico.
Ormai è notte, sono su una stradina deserta e innevata, fa un freddo bastardo ed entrambi i freni sono inutilizzabili .




Ok, così è troppo anche per un cretino. Con un sussulto di tardiva ragionevolezza, cerco qualcosa di adatto e con un paio di sassate rimetto il pedale freno in condizioni accettabili. Mi mancano ancora 25 km per casa, ma solo 7 di questa stradina. Da qui in avanti, fortunatamente, non incontrerò più problemi. Scendo in prima e seconda, mentre pian piano la strada migliora. A un tratto, l’agognato stop che reimmette sulla superstrada. Da qui, a casa. Dove verrò adeguatamente cazziato, com’è sacrosanto.

Inizialmente, non avrei voluto raccontar(vi) niente… In tutta sincerità, mi vergognavo, e mi vergogno tuttora, perché questa non è la caduta che ogni tanto capita. Questo è andarsi a cercare rogne, e trovarle.

Però, magari, per qualcuno questa mia esperienza potrà essere utile. Farò di tutto perché lo sia per me.
Ciao
Matteo



PS
La cosa accadeva poco prima di Natale. Ora io e la Speed siamo in perfetta forma, anche per merito di un paio di ragazzi del forum (denchiù!) dai quali ho acquistato dei pezzi di ricambio.