
Originariamente Scritto da
stella crow
Serata interessante ieri! Peccato non aver partecipato....
Molte cose mi lasciano perplessa nei ricordi di epoche passate e nel giudizio spesso inclemente su chi è giovane nel presente.
Nel '68 non ero ancora nata, ancora più lontana la Beat Generation, negli anni settanta poi ero una bimbetta quindi tutto ciò che so è frutto della conoscenza tramite libri o racconti diretti. Si parla di queste rivoluzioni nel modo di vivere, pensare, agire come se fossero opera del grande dio del tempo e non di esseri umani. Il dio del tempo che in una certa epoca ha voluto che accadessero determinati fatti, che in molti ne fossero presi, influenzati, che si iniziasse a pensare in un certo modo, che si agisse per portare avanti il suo progetto.
E gli uomini che hanno vissuto quelle rivoluzioni, quei periodi, quell'esplosione di idee, che fine hanno fatto? Perchè non hanno saputo trasmettere ai "giovani vecchi di oggi" i loro ideali, i loro valori, le loro idee, il loro modo di vivere? E perchè, gli stessi uomini, ora cinquantenni, sessantenni, sono rimasti bambini?
Spesso ritrovare uomini che hanno vissuto in quegli anni è una grande delusione. Vivono nel ricordo di un'epoca passata e non hanno saputo trasmettere nulla agli uomini che sono venuti dopo.
I ragazzi di oggi sembrano vecchi? E di chi sono figli? Non sono forse, per la maggior parte, figli di quei vecchi che si sentono bambini? E perchè quei vecchi non hanno trasmesso nulla?
Forse perchè è più comodo piazzare un bambino davanti a un computer o alla televisione in modo che non rompa troppo e continuare a vivere la propria vita in santa pace? E se si fa così cosa succede? Che ne sarà di quel bambino? Se si è passati "dall'utopia sessantottina all'individualismo della sopravvivenza" la colpa di chi è? Non sono gli stessi sessantottini ad aver generato, alla fine questo individualismo?
Un mesetto fa ero seduta su una terrazzina all'ombra di verdi piante, dopo un pranzo frugale ma delizioso, ad ascoltare due uomini che parlavano, uno mi era del tutto sconosciuto, l'altro poco di meno. E parlavano del passato, di quegli anni settanta e io ero incantata. Mi sembrava di non aver vissuto fino a quel momento, di essere venuta da un altro pianeta. Poi ho conosciuto il figlio di uno di questi uomini, un bambino, come i miei, pieno di fantasia, legato alla terra e allo stesso tempo capace di proiettarsi nel futuro, di vivere in un mondo tecnologico come il nostro senza perdere la sua natura umana. Un bambino che parla e pensa e che ogni tanto ti butta lì qualcosa che ti fa riflettere. E ho pensato che quest'uomo non solo parla e pensa, ma le sue parole si concretizzano nel suo modo di vivere e di trasmettere il senso della vita a suo figlio e di crescerlo.
In fondo ci vuole un po' di coerenza....se credi in una cosa e la vivi, la trasmetti, se rinneghi te stesso e alla fine cedi alla comodità di essere uno dei tanti, è inutile lamentarsi poi se il mondo è quello che è.