Ma intanto lancio un nuovo argomento: le frasi che ci stanno sulle palle. Perché qualche volta i non-motociclisti se ne escono con domande o commenti che forse dal loro punto di vista hanno anche un senso, ma a noi suonano storte.
La più diffusa è: “quanto costa?”.
Voi ve ne state lì tranquilli appoggiati alla moto, magari nei pressi del bar per la sosta sigaretta, e prima o poi arriva immancabilmente quello che vi pone l’originalissima domanda. Vi guarda un po’ sospettoso, perché non gli sembrate, nel suo poverissimo schema mentale, così agiati quanto la mole della moto vorrebbe. I conti non gli tornano e vuole sapere. Potreste mandarlo al diavolo, e il diritto lo avete, ma presi alla sprovvista cedete. E mentre gli euro vi escono di bocca, e nonostante la piccola autoriduzione che fate sempre per non apparire troppo sgargianti, già sapete che cosa commenterà il deficiente. “Ah, però! Costa più di una macchina!”.
Questa seconda è per me la frase più fastidiosa. Ma ce ne sono tante altre. “Quanto fa?” è la seconda opzione più gettonata, posta di solito da qualcuno che intanto studia distrattamente il vostro tachimetro. E io ho imparato a sparare proprio la cifra del fondo scala, fosse 400 direi quattrocento, perché qualsiasi altra cifra lo deluderebbe. Anche i 350 gli parrebbero inadeguati, e al suo immancabile “soltanto?” potrei arrabbiarmi ancora, nonostante abbia già vissuto la faccenda un migliaio di volte.
Da ragazzo, quando iniziavo ad allontanarmi da casa con piccoli catorci che oggi guarderei con diffidenza, mi davano fastidio le raccomandazioni più classiche.
Dal “vai piano” a “telefona quando arrivi”. Chi non le ha sentite pronunciare dai genitori, dimenticandole un minuto più tardi? Ma queste sono manifestazioni di affetto, è chiaro.
Ben più molesti sono, sul tema della sicurezza e della velocità, i commenti malevoli che arrivano dagli estranei. Da quelli apparentemente generici, tipo “Andate troppo forte!” fino a quelli decisamente ostili come “Ve l’andate proprio a cercare!”. Noi ci tocchiamo un attimo e via, ma qualche volta si incontra quello che esagera, e viene voglia di fermarsi per un chiarimento.
Qualche anno fa, a Milano, un automobilista-antagonista, di quelli che non sopportano la nostra disinvoltura nel traffico e fingendo indifferenza chiudono apposta i varchi, dopo le mie proteste ha gridato in dialetto, con rabbia, “farai la fine del Prina!”.
Lì per lì non ho capito il senso, poi Wikipedia mi ha chiarito le idee. Il conte Giuseppe Prina era il Tremonti del Regno d’Italia, il ministro delle finanze nel periodo napoleonico.
E fu linciato dalla folla milanese il 20 aprile del 1814, quando la situazione precipitò.
Una fine orribile: scovato in un armadio, denudato, buttato dalla finestra e poi finito ad ombrellate e bastonate in piazza della Scala. Questo capitava allora ai politici invisi e sospettati di corruzione.
Una misera fine che a Milano è diventata proverbiale: “l’ha faa la finn del Prina”.
Capito l’amico a quattro ruote? Simpatico davvero. E voi? Quali sono le frasi che vi hanno dato più fastidio?