Discussione veramente interessante, ma vorrei aggiungere alcune considerazioni che mi sembrano necessarie per mettere meglio a fuoco l'argomento veramente vasto.
La classe politica di uno stato è normalmente espressa da tessuto economico industriale, quindi le interdipendenze sono ovvie, non sono compartimenti stagni, ma parti di un unico sistema.
Questa forma di capitalismo non è l'unica, ma l'espressione ormai fortemente deviata di un modello forse già superato nella sua forma originale.
Ironicamente potremmo definirlo "capitalismo assistito", dove gli utili sono utili, le perdite, un problema sociale, alla faccia del liberismo.
Questo capitalismo ha sposato da lungo tempo e ormai definitivamente un modello quantitativo, protratto e spinto a livello parossistico. Una metafora divertente e che rende l'idea è che si basa sulla possibilità che ogni individuo ogni giorno mangi un maccherone in più, fingendo di non voler vedere che gli stomaci hanno una capienza (anche quelli americani)
Un sistema che nella sua forma ultimativa, la globalizzazione, ha mostrato il suo limite sostanziale, drena ricchezza e non la rinnova, sia ricchezza economica, che ricchezza materiale, che ricchezza sociale, culturale, etc.
Non si vive di solo denaro, ma questo capitalismo sembra ignorarlo.
E per continuare a arricchirsi bisogna far arricchire gli altri, se no non si chiama capitalismo, ma feudalesimo.
Il sistema comunista è fallito, perchè si basava sulla stessa misura, la quantità, e sullo stesso valore, la ricchezza, semplicemente prevedendone una differente allocazione.
Allo stesso modo l'attuale capitalismo è in fallimento, è giunto da tempo al suo limite.
Questa crisi non è economica, ma sistemica, non lo dico solo io fortunatamente, e le alternative sono nella ricerca di nuovi modelli, non di attuali soluzioni, che sono solo come dicono a Roma "pezze a colore".
Per esempio in Italia, nazione il cui Pil si basa sostanzialmente sulle PMI, si potrebbe adottare un modello qualitativo, di piccole aziende consorziate, diffuse sul territorio, aggregate non per omogeneità produttiva, ma per composizione della filiera produttivo/distributiva, in modo da suddividere equamente i costi relativi alla logistica e permettere produzioni di maggior qualità e marginalità senza incidere troppo sul prezzi di vendita.
Però serve uno stato, ma quì il discorso si fa lungo.
Ritornando al topic, il fenomeno della tassazione è un'espressione evidente dello stesso sistema che per puntellarsi durante il crollo cerca ogni mezzo per trovare scappatoie. La fiscalità italiana, assieme alla mancanza di qualsiasi forma di aiuto, strangola la piccola impresa, la induce ad evadere per sopravvivere o nei casi migliori per guadagnare, così giornalisti ed opinionisti economici e non, possono creare l'humus che consente di giustificare i grandi evasori.
("la colpa è tutta di questa classe politica e della pressione fiscale")
Quegli evasori che, pessimi imprenditori, necessitano di ogni forma di escamotage per ricavare ricchezza personale. Inoltre così si preservano risorse per "assistere" la grande azienda, che non ringrazia, intasca e non redistribuisce.
Difficilmente da pessimi imprenditori nascono buoni politici e via così