PADOVA. Picchiato da un gruppo di nomadi per vendetta. Ha trascorso il pomeriggio di ieri in ospedale Enrico Brancato, 60 anni, residente a Rubano, titolare del centro sportivo Villa Ferri di via Bosco Papadopoli 2 alla Guizza: l’imprenditore è stato dimesso in serata con il timpano destro rotto e un occhio semi chiuso. Risultato dei pugni ricevuti a freddo e all’improvviso (nonché da dietro) da una delle quattro persone (tre uomini e una donna) che sono ritornati a Villa Ferri dopo che Enrico Brancato aveva scoperto, mezz’ora prima, uno di loro dentro un capannone di sua proprietà con un tubo di gomma in mano. L’imprenditore l’aveva allontanato. Questi è ritornato poco dopo con i rinforzi per vendicarsi.
E’ lo stesso Brancato (che nel 1999 sparò a tre albanesi che nella notte erano entrati in casa sua per rubare, colpendone uno in testa) a raccontare l’accaduto. Non senza amarezza. E un filo di rabbia.
«Purtroppo sono stato uno sprovveduto – è il suo esordio – perché mi sono fatto prendere di sorpresa. Il fatto è che non mi aspettavo che tornasse accompagnato da altre persone. Purtroppo è andata così. Ma sono cose inaudite. Non è possibile che uno venga aggredito in casa sua solo perché ha allontanato un ladro. Sì, un ladro. Perché il tizio è entrato nel capannone per portarsi via cose mie senza chiederle. Io non so se l’abbia fatto per fame. Ma se non mi chiedi il permesso di entrare, se non mi domandi di prendere le cose io non te le do. Se qualcuno me lo chiede io gli do anche da mangiare».
Il primo faccia a faccia tra Enrico (era presente anche Alessandro, un suo collaboratore) e il nomade (un cinquantenne che parlava un dialetto mezzo veneto, mezzo incomprensibile) avviene alle 14. I due gestori dei campi da calcetto (Brancato è stato il gestore anche della discoteca Villa Ferri negli anni Novanta) notano il nomade nel capannone con una gomma in mano.
«Cosa stai facendo?», lo rimprovera Brancato. «Cosa volete da me?», risponde il cinquantenne. «Come cosa vogliamo? – replica stizzito Brancato – hai chiesto se puoi prendere la gomma?». «Dai, chiama pure i carabinieri che così vediamo» è la sfida del cinquantenne. Che l’imprenditore coglie al volo: si avvicina all’uomo e lo spinge con decisione fuori dal capannone. Ne nasce una colluttazione (Brancato dirà ai carabinieri di essere stato quasi investito dall’auto del nomade in fuga). L’imprenditore colpisce l’auto su uno specchietto, forse un finestrino, nega però con bastoni o altri arnesi.
E’ certamente la reazione di Brancato a far nascere il desiderio di vendetta nel nomade anche se niente lo faveva presagire. L’imprenditore, infatti, verso le 14.20 chiama i carabinieri che gli dicono che per un tentato furto deve andare in caserma. Quindi sale in casa. Ma si accorge di aver dimenticato il telefonino. Quindi scende in cortile e si trova davanti il cinquantenne e altre tre persone, due uomini e una donna.
Il più giovane (nonché il più grosso) si sfila dalla discussione e aggira Brancato. E da dietro lo colpisce probabilmente con un pugno. L’imprenditore padovano cade a terra come un pugile stordito. Quando si rialza il quartetto non c’è più.
«A quel punto ho chiamato i carabinieri ed è arrivata anche l’ambulanza – chiude Brancato – Ripeto. Probabilmente sono stato uno sprovveduto. Ma non avrei mai pensato che il cinquantenne arrivasse a tanto. Ovvero a vendicarsi».