dipende..............
magari non sò..... un ricovero in ospedale, potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso e li... non sono più padrone della mia vita.
delego la mia via ad un operatore sanitario che, ha come unico obbiettivo curarmi e non seguire le mie volontà che potrebbero essere in contrapposizione con il suo lavoro e l'etica professionale.
Sono favorevole in tutti i casi
Ho una qualche difficoltà a stabilire così a freddo se sia giusto o meno in questo caso particolare di cui discutiamo o, in generale, se è giusto per un malato terminale.
Posso solo riflettere sulla mia esperienza di vita e testimonio che ho visto suicidi di persone che in preda alla depressione o in stato avanzatissimo di malattia hanno deciso di farlo senza chiedere aiuto a nessuno.
Ho visto il disfacimento di qualcuno, solido come il granito, per una grave malattia che ha cercato fino all'ultimo di tenersi in vita. Ho visto negli occhi di qualcuno il terrore, il dolore per il momento che si stava avvicinando.
Non ho esperienza di occhi che dicessero "ecco, finalmente è finita".
Il gesto di un suicidio personale dovuto ad un disagio mentale, non assistito, deve essere accompagnato da un grandissimo dolore interiore che trova sbocco solo con "l'annientamento". Posso solo molto lontanamento intuire il dolore interiore che porta ad una scelta del genere. La disperazione, lo stato di tilt di qualunque attaccamento alla vita.
Il suicidio personale dovuto ad una grave malattia forse è il volere chiudere con il dolore fisico, con la fine del constatare il proprio corpo disgregarsi. Con il volere chiudere con l'umiliazione che si prova nel diventare "carne da cura".
Non riesco proprio ad immaginare come si possa lucidamente programmare e autorizzare il proprio suicidio dovuto a una depressione. Forse in qeusta parabola discendente rimane la "lucidità" ed il coraggio per farlo fare ad altri.
Consentitemi però di fare una riflessione personale su chi, come me, si è trovato a vivere una malattia grave di un congiunto e egoisticamente ha, come me, preteso che il proprio caro non si arrendesse, che si curasse, che (illusoriamente) guarisse. Se in quelle circostanze mi fossi trovato a dovere assumere una scelta estrema ammetto che non ce l'avrei fatta. Chi da fuori avrebbe il coraggio di "ragionare" sulla fine di un proprio caro stabilendo terapia, modalità, momento?. Io no forse.
O forse, da dentro, nell'esperienza vera e concreta cambierei idea?
Appunto l'esperienza vera e concreta.
Naturalmente capisco chi riesce ad esprimere una opinione personale sul tema. Forse ha le idee più chiare, dirette e sicure delle mie.
Una spina nel cuore che continua a sanguinare..
Quella sera dissi a mio padre "ciao papà noi andiamo
ci vediamo domani mattina, dormi tranquillo"
mi rispose "e la puntura?"
la mattina dopo alle sette e mezza mi chiamarono
aveva smesso di respirare
erano giorni che chiedeva la puntura..
εὐδαιμονία
io sono per la libertà di scelta.......
se uno vuole morire lo può e deve fare......
la vita è sua non esiste dio o religione o altro che possa intervenire.
L'argomento del dibattito, in questo momento, mi interessa meno..............continuo a essere dispiaciuto per questa "scomparsa" a prescindere da come è avvenuta.
Alcune cose ci sfuggono perché sono impercettibili. Così le trascuriamo. Ma altre non le vediamo, proprio perché sono enormi. (Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta)