
Originariamente Scritto da
Warsteiner
L'India, così come Cina, SudKorea o Thailandia, è un paese dove coesistono due società. Una è di fatto povera, senza prospettive concrete di miglioramento, l'altra marcia ad un livello economico e tecnico-scientifico ormai pari, se non superiore al nostro. A differenza del Giappone, che dal secondo dopoguerra ad oggi è riuscito ad evolversi libero da una politica assolutistica, seppur con varie differenze tra loro questi paesi sono tutti accomunati da tale ambiguità di crescita.
Il risibile valore della vita e lo scarso rispetto per i diritti umani ha fatto sì che la "bassa società" oltre a mantenersi tale divenisse la manodopera perfetta per le industrie occidentali, coniugando bassi costi di produzione alla grande reperibilità di materie prime in loco ed alla possibilità di utilizzare tecniche produttive sconvenienti o non legali dalle nostre parti.
Contemporaneamente, tale società ha un concetto di qualità di beni e servizi per noi risibile e, dall'unione di questi due fattori, abbiamo il classico concetto di "made in China", del prodotto orientale di scarsa tecnica e scarso valore. Di certo chi approda a questa manifattura con l'idea di produrre lì con standard europei si scontra con un muro insormontabile.
Per contro, "l'alta società" ha un livello di istruzione medio nettamente superiore al nostro, di pari passo corre la differenza in termini di prospettive future, ricchezza, servizi.
La tecnologia e la conoscenza scientifica in India e Cina sono oggi le avanguardie nel mondo, non è certo un caso che la cantieristica navale ed aerospaziale, l'elettronica, la meccanica di precisione, l'industria chimica di questi paesi ai livelli più avanzati ci faccia letteralmente il culo. Hanno la testa, la voglia di fare, una cultura dove l'ambizione personale è seconda alla dedizione verso la propria bandiera ed un'amministrazione che incentiva enormemente lo sviluppo sociale, potendo contare su una massa di persone quasi prive dei diritti per noi più elementari. Girare per le grandi metropoli orientali rende bene alla vista queste ambiguità.
Tornando alle moto e parlando di costruttori europei, la Ktm ormai di proprietà indiana monta sulle sue piccole stradali dei propulsori realizzati in India, mentre Bmw non solo fa realizzare a Taiwan il monocilindrico dell'economica 650 da enduro, ma anche il bellissimo 450 usato per la sua off-road racing e tutt'ora adottato da Husqvarna, motore non solo realizzato, ma anche co-progettato dalla Kymco.
Triumph ha scelto di non affidarsi ad industrie locali, ma di investire in proprio aprendo suoi stabilimenti in Thailandia ed ora, come abbiamo visto, replicherà a breve in India.
Una scelta che molti "integralisti" condannano, ma che ha contribuito a rendere Triumph uno dei costruttori più di successo degli ultimi anni, con una gamma di moto e motori che solo Bmw in Europa può competergli, modelli che sono stati dei veri best-seller in tutto il mondo ed una solidità economica unica.
Forse non tutti hanno in mente che Triumph dopo la sua rinascita è sempre stata nelle mani di un'unica persona, il grande imprenditore inglese John Bloor, e parlando di gusti personali, preferisco le moto fatte da una grande, moderna, sana e dinamica azienda inglese, da sempre nelle mani di un inglese, con stabilimenti produttivi propri in giro per il mondo, ad una austriaca di proprietà indiana, una tedesca che si fa fare motori da una di Taiwan, una italiana finita nelle mani dei cinesi o di un babbeo di manager di compagnie aeree.
Triumph sa il fatto suo e malgrado questo forum abbia la caratteristica di esser pieno di tanti disaffezionati e detrattori del marchio, il mercato italiano e mondiale premia sempre di più il suo sforzo di progettare e costruire moto ogni anno più fantastiche che mai.
Forza Triumph, come disse il generale in Full Metal Jacket "dentro ognuno di questi indiani c'è un uomo che sogna di diventare Triumphista!!!"
magari non era proprio così ma il senso è quello
