
Originariamente Scritto da
Fermissimo
Juary: con l'Inter solo delusioni
E’ solo questa la causa? Assolutamente no. Si pensi al film L’allenatore nel pallone: c’è una squadra lombarda (la Longobarda), un allenatore in balìa dell’ambiente e del presidente (Oronzo Canà il cui nome è ispirato a Oronzo Puglise, peraltro allenatore dell’Avellino 1974-75) ed un brasiliano portato in Italia su indicazioni del mister (Aristoteles, portato in Italia da Canà; a Juary era toccato due anni prima ad opera di Vinicio), che quando segna balla ma che isolato dal gruppo soffre di nostalgia. Manca qualcosa; manca il tentativo di combine. Campionato di calcio di serie A 1982-83. Il 27 marzo è in programma la venticinquesima giornata e fra le otto partite in cartellone c’è l’incontro di Marassi fra Genoa e Inter. A poche ore dalla gara, diversi quotidiani fotografano questa situazione in casa nerazzurra: i giocatori divisi in clan con screzi anche violenti fra loro, un allenatore senza il controllo della situazione, i tifosi inferociti con il presidente Fraizzoli per l’anonima stagione della squadra e un giovane giocatore brasiliano, Juary, finito sull’orlo della depressione, emarginato anche per il fatto di essere nero e beccato da una parte del pubblico interista al grido «Viva il Ku Klux Klan».
Alle porte c’è una partita importante: i rossoblu, allenati da Luigi Simoni e reduci da una sconfitta proprio ad Avellino, hanno un disperato bisogno di punti salvezza, mentre l’Inter, eliminata da Coppa Italia e Coppa delle Coppe ha disputato una stagione deludente e rischia di perdere il treno per le Coppe europee. Insomma, non volendo rischiare di farsi male, alle due squadre va benissimo anche un pareggio. Effettivamente la partita vede l’Inter andare due volte in vantaggio per poi farsi recuperare dal Genoa ed a cinque minuti dal termine il 2-2 può acconterare le due squadre; ma qualcosa non va: un giovane Salvatore Bagni realizza il goal del 3-2. A questo punto accade di tutto: due cronisti del quotidiano Il Giorno, Claudio Pea e Paolo Ziliani, che da un po’ indagano per conto proprio su alcune partite, vengono a conoscenza di una montagna di soldi persa dai calciatori dell’Inter a causa del risultato di quella partita. Intanto dagli spogliatoi giungono notizie di un putiferio: il direttore sportivo del Genoa, Giorgio Vitali, ha insultato i nerazzurri e si parla di una colluttazione avvenuta negli spogliatoi dell’Inter, dove avrebbero subìto conseguenze i giocatori Bini e Bagni, autori del secondo e terzo gol. Inoltre, rivendendo le immagini della partita si nota che nessuno degli interisti va ad abbracciare o festeggiare Bagni dopo la rete della vittoria.Ai due giornalisti manca ancora un elemento per dare la spinta decisiva alla storia: la confessione di un calciatore che abbia assistito da vicino a quanto accaduto negli spogliatoi. Pea e Ziliani pensano a Juary, a quanto pare discriminato dal gruppo per via del colore della sua pelle. I due ottengono l’intervista che esce il 12 aprile dopo giorni di accesi dibattiti in TV con accuse da una parte e difese basate su «taciti accordi che ci possono stare!» dall’altra. Juary conferma di sentirsi emarginato e di essere stato testimone di una strana concitazione nel dopo gara: «a fine partita nello spogliatoio di Genova è successo un casino, un casino così grosso che a un certo punto ho preferito andarmene». Successivamente il giocatore ritratta in sede di interrogatorio le dichiarazioni rilasciate al quotidiano. Dalle indagini di Pea e Ziliani emergono comunque fatti sconcertanti, come ad esempio che da diverso tempo le partite dell’Inter garantiscono a qualcuno vincite sicure: addirittura scommettono gli stessi giocatori nerazzurri e perfino qualche dirigente. A Genova, però qualcosa è andato storto e tutto appare molto chiaro. Il 10 maggio vengono emessi i deferimenti della giustizia sportiva: Iachini (illecito per aver compiuto atti diretti ad alterare lo svolgimento della partita); Vitali (omissione di denuncia agli organi federali); Juary (per aver ritrattato in sede di interrogatorio le dichiarazioni rilasciate al quotidiano Il Giorno); Genoa e Inter (responsabilità oggettiva verso i loro tesserati).
Il calcio italiano non può però permettersi un altro scandalo dopo i fattacci della stagione 1979-80 e nell’anno del titolo mondiale conquistato dalla Nazionale; il 2 giugno prende finalmente il via il processo sportivo ma il dibattimento si svolge incredibilmente a porte chiuse, senza la presenza di stampa e pubblico: il giorno dopo arrivano già le sentenze. Il processo è finito: Genoa e Inter assolte per “insufficienza di prove”.
Il processo sportivo si è definitivamente chiuso ma rimane in piedi l’inchiesta della magistratura ordinaria sul Totonero che, nonostante successivi sviluppi, rallenta fino a raggiungere lo stallo. E’ chiusa solo nel 1989 con la definitiva archiviazione.