
Originariamente Scritto da
Warsteiner
al pubbetto non ti ho portato io... se ti avessi portato dove dico io, la moto me l'avresti regalata
Ripenso a quando la sveglia suonava a notte fonda e mi buttavo sotto la doccia dopo aver messo su il caffé, dentro l'armadio l'armatura scintillante che avevo pulito la sera prima.
La moto già pronta fuori dal garage a partire col buio, mentre tutti stanno sotto le coperte e la strada è solo mia; le luci incerte del faro ad illuminare tutto tranne che la strada, le sfiaccolate delle viti piantate nelle saponette, il freddo che entra nella carne come una lama e secca la pelle del viso, curve e controcurve ormai impresse come riflessi incondizionati nel sistema nervoso per arrivare a l'Aquila col sole appoggiato sopra i monti ancora pallido e sonnecchiante.
Un altro caffé per scaldare i muscoli, un po' di stretching per togliere la tuta intera e raggiungere l'agognata tazza del water, una pulita al casco ed il pieno al serbatoio, giusto un momento prima di abbassare definitivamente la visiera per guardare l'operosa gente di una bellissima città che già s'è messa in moto in un sabato mattina qualsiasi.
Solo un attimo, per osservare cos'è la vita di tutti i giorni e non dimenticarlo, perché una volta lasciata la frizione tutto ciò non ha più senso, col naso dentro al cupolino a spingere sempre più forte, sempre più oltre quello che smetti di chiamare limite per guardarlo come un punto di partenza. Le strade da percorrere come le arterie vitali della nostra Italia ed il motore a spingere la moto, come il cuore pompa nervosamente il sangue nelle vene, 800, 1000, 1200 km, da una vita non ha neanche più senso contarli come tutti gli altri numeri della strumentazione, solo un insieme di valori tra l'inutile autocompiacimento per alcuni ed un traguardo inconcepibile per altri.
La testa alleggerita dai pensieri continui che l'affollano, non hai più occhi, orecchie, braccia, gambe, respiri l'aria che i tuoi pistoni comprimono in una forza pura ed ancestrale, pieghi lo spazio ed il tempo con la rigidezza del telaio, accarezzi con le gomme quella Terra che da energia vitale ad ogni suo figlio, sfidi il vento fendendolo come il corpo di un falco in picchiata riempiendo l'aria con un boato che risuona come una sfida a quella natura indomabile per l'uomo.
Sei vivo, e non c'è altro modo in cui ti accorgi di esserlo.
per molti ma non per tutti
