Sollecitare la cassa per un'azienda che presumo fosse nel comune di cui era sindaco è truffa? E chiedere gli oneri di urbanizzazione per una zona industriale concussione?
E ha pure rinunciato alla prescrizione, il lestofante?
Boh. Se lo hanno detto i giudici sarà sicuramente vero. Chissà quanto ci ha guadagnato.
Oppure è un decisionista piuttosto spregiudicato.
E del resto la vicenda che ha fatto inserire De Luca nella black list dell’Antimafia non è certo la recente condanna per abuso d’ufficio che lo farebbe decadere da governatore. Ma una vicenda giudiziaria del 1998, relativa alla vertenza dell’Ideal Standard a Salerno. Una vicenda che, spiegano dallo staff del candidato, “sarebbe già finita da anni in prescrizione se Vincenzo non avesse deciso di rinunciare spontaneamente”. L’accusa riguarda una presunta concussione per aver chiesto oneri di urbanizzazione giudicati eccessivi per la riconversione dell’area. La cig per i 250 operai, inoltre, secondo l’accusa fu sollecitata dal sindaco senza i relativi presupposti di legge.
La vicenda, del resto, ricordano gli uomini di De Luca, “era ben nota al Pd e ai suoi alleati, compresa Sel, già nel 2010, quando Vincenzo fu candidato alla guida della Campania”. Insomma, una “storia vecchia”. Che il candidato, suo malgrado, ripercorre con i cronisti: “Tutti gli atti amministrativi in questione sono stati sollecitati dal Prefetto dell’epoca e dalle organizzazioni sindacali. Sono orgoglioso di aver preso decisioni urbanistiche per salvare 250 lavoratori dell’Ideal Standard, e rifarei tutti gli atti esattamente come 17 anni fa. Anzi, di quelle varianti ne farei altre tremila”. Quanto all’ipotesi di concussione, che avrebbe fatto scattare la segnalazione dell’Antimafia come “reato spia”, “l’accusa è relativa ad oneri di urbanizzazione richiesti a vantaggio del Comune, e calcolati dall’ufficio tecnico”. Già nel corso della campagna del 2010, De Luca si difese spiegando che “io rispondo per una vertenza di lavoro, non per ladrocinio o camorra: i ladri e i camorristi stanno dall'altra parte”.
(Fonte Huffington Post)
È stata finalmente pubblicata, dopo una vicenda giudiziaria di cinque anni relativa a fatti del 2008, la sentenza di 142 pagine sulla ormai famosa vicenda della nomina di un “Project Manager”, nell’ambito del gruppo di lavoro incaricato della redazione di un progetto preliminare per un termovalorizzatore, costituito tutto da dipendenti pubblici per ragioni di risparmio e di rigore amministrativo.
La sentenza in questione ribadisce che l’abuso d’ufficio consiste in un “reato linguistico”, cioè nell’aver nominato – anziché un “coordinatore” del gruppo di lavoro – un project manager, figura non presente nella normativa generale in materia d’appalti. Viene ribadito, dunque, che l’abuso d’ufficio consiste nella (come recita la sentenza) “adozione di un atto amministrativo con motivazione di mero stile”.
Premesso che l’incarico contestato è stato richiesto dal Responsabile del Procedimento ed interessa un dirigente del Comune, non certo un amico o un collaboratore politico;
premesso che il soggetto in questione ha percepito la retribuzione netta di 8.048,00 (ottomila ed ottantaquattro euro) per un anno e mezzo di lavoro effettivamente svolto e riconosciuto;
premesso che tale retribuzione viene stabilita non dal Commissario di Governo, ma dal RUP (Responsabile Unico del Procedimento);
premesso che la stessa sentenza riconosce che non è stato determinato nessun danno erariale, poiché il compenso assegnato rientrava nei limiti di riparto del fondo legittimamente stanziato per l’intero gruppo di lavoro;
ho disposto, come sempre, la pubblicazione sul mio sito del testo integrale della sentenza perché ogni cittadino possa aver piena cognizione dei fatti in questione.
Da tutta questa vicenda ricavo una convinzione ancora più forte sulla necessità di accendere i riflettori nazionali e che di questa vicenda si discuta non di meno ma di più, e fino in fondo, senza imbarazzo alcuno. Ricavo una motivazione ancora più forte e determinata a difesa dello Stato di diritto, del buonsenso e della dignità della persona. Questa vicenda propone in termini drammaticamente attuali la necessità di una distinzione chiara tra piano amministrativo, piano penale e piano contabile. Senza questo chiarimento l’Italia rimarrà un Paese penalizzato dall’incertezza del diritto, dal groviglio normativo e dalla palude burocratica. A quelli impegnati sul campo è del tutto chiaro che in Italia la “paura della firma” è ormai generalizzata. Nessuno decide più nulla. In questo quadro nessuno firmerà più una variante urbanistica, una variante in corso d’opera, un permesso a costruire, un qualunque atto che comporti una responsabilità personale.
Dunque la mia battaglia ha due obiettivi:
affermare la legalità, espellere e combattere tangentisti e ladri;
difendere fino in fondo quei pochi – amministratori e funzionari pubblici o soggetti privati – che ancora si assumono responsabilità.
Così come prosegue la mia battaglia per la cancellazione di un vergognoso privilegio per la “casta” rappresentato dal fatto che l’articolo di una legge possa valere per tutti meno che per deputati, senatori, ministri. E questo anche per rimuovere la totale sordità di chi guarda con indifferenza, pur distribuendo pareri a piene mani nei vari salotti televisivi o nei titoli sparati di qualche giornale, la violazione del principio costituzionale che la legge è uguale per tutti.
(Ufficio Stampa Vincenzo De Luca)