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Discussione: TTIP...parliamone...

  1. #51
    TCP Rider Senior L'avatar di Stinit
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    che potrebbe anche essere simpatico se non fosse seduto su uno scranno del nostro parlamento...maledetto ignorante.
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  3. #52
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    Mah..più dubbi che certezze,così com'è non è un accordo,non lo firma nessuno.
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    VENDO GOMME TASSELLATE PER THRUXTON

  4. #53
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    articolo del 2014 (!) spiega bene il TTIP

    Antonio Cantaro: se il Ttip espelle i popoli
    di Redazione sabato, dicembre 6, 2014 0 Link e approfondimenti Antonio Cantaro, Stati Uniti, Ttip, Unione europea Permalink
    Articolo di Antonio Cantaro pubblicato su «Il Manifesto», 4 dicembre 2014

    Se l’Accordo di Par*te*na*riato Tran*san*tla*tico (Ttip) dovesse andare in porto, quel giorno i popoli euro*pei avranno avuto il loro car*tel*lino rosso. Espulsi dall’amico ame*ri*cano da un campo di gioco che un tempo era ter*ri*to*rio e spa*zio pre*si*diato dagli Stati sovrani euro*pei. Con il Ttip viene, infatti, messa in mora quella forma di Stato della quale ancora, sem*pre più stan*ca*mente, van*tiamo nelle nostre aule di Giu*ri*spru*denza le magni*fi*che e pro*gres*sive sorti. Per gli apo*stoli del libero scam*bio lo Stato sicu*rezza, lo Stato di diritto, lo Stato sociale costi*tui*scono resi*dui di un ancien régime che ille*git*ti*ma*mente osta*co*lano la bene*fica con*cor*renza tra le nazioni, la cre*scita mon*diale, la dif*fu*sione del benessere.

    I fau*tori del Ttip vogliono libe*rarci. Abbat*tere le bar*riere nor*ma*tive al com*mer*cio tra Stati Uniti ed Unione Euro*pea (le dif*fe*renze nei regolamenti tec*nici, nelle norme e nelle pro*ce*dure di omo*lo*ga*zione), aprire entrambi i mer*cati dei ser*vizi, degli inve*sti*menti, degli appalti pubblici.

    Sostan*zial*mente una totale libe*ra*liz*za*zione del com*mer*cio tran*sa*tlan*tico. Un mer*cato comune che pro*cu*rerà van*taggi all’industria auto*mo*bi*listica delle due sponde dell’Atlantico, a quella chi*mica e far*ma*ceu*tica del Regno Unito; e che, di con*verso, pena*liz*zerà l’agro-alimentare dei paesi medi*ter*ra*nei. Ma che – ci assi*cu*rano — pro*cu*rerà van*taggi dif*fusi e mira*bo*lanti bene*fici siste*mici.
    Sulla base di con*tro*verse ed incerte pro*ie*zioni, di una mes*sia*nica fidu*cia glo*ba*li*sta, si trat*tano gli ordi*na*menti di Stati ancora for*mal*mente sovrani come pro*dotti da met*tere in con*cor*renza per espun*gere i meno ido*nei a sod*di*sfare le attese degli inve*sti*tori. Capo*vol*gendo l’idea tra i comuni mor*tali, che gli ordi*na*menti giu*ri*dici rap*pre*sen*tano il qua*dro entro il quale si svolge la com*pe*ti*zione eco*no*mica e non uno degli oggetti di essa.

    Dar*wi*ni*smo nor*ma*tivo che pri*vi*le*gia i rap*porti mate*riali di forza sui rap*porti giu*ri*dici. Capi*ta*li*smo anar*chico che distrugge gli stessi fon*da*menti isti*tu*zio*nali dell’economia di mer*cato.
    L’ennesimo licen*zia*mento senza giu*sta causa. Que*sta volta il ber*sa*glio è lo Stato euro*peo. Lo Stato sicu*rezza, in primo luogo.

    La rimo*zione delle bar*riere nor*ma*tive com*pro*mette, infatti, con*so*li*date garan*zie a tutela dei lavo*ra*tori, dei con*su*ma*tori, della salute, dell’ambiente. Con*trolli, eti*chet*ta*ture, cer*ti*fi*ca*zioni potreb*bero essere con*si*de*rate bar*riere indi*rette al libero scam*bio in set*tori cru*ciali quali la chimica-farmaceutica, la sanità, l’auto, l’istruzione, l’agricoltura, i beni comuni, gli stru*menti finan*ziari: è tipi*ca*mente il caso degli orga*ni*smi gene*ti*ca*mente modi*fi*cati, la cui intro*du*zione mas*siva nell’agricoltura euro*pea è stata finora ral*len*tata da una serie di regole ispi*rate all’europeo prin*ci*pio di precauzione.

    Ma il car*tel*lino rosso degli apo*stoli del libero scam*bio non rispar*mia nem*meno i prin*cipi dello Stato di diritto. Il Ttip rende, infatti, pos*si*bile citare in giu*di*zio l’Unione e gli Stati nazio*nali, vani*fi*cando la pre*ro*ga*tiva pub*blica di eser*ci*tare il potere giu*di*zia*rio sul pro*prio ter*ri*to*rio. Le con*tro*ver*sie com*mer*ciali ver*reb*bero affi*date a spe*ciali corti extra*ter*ri*to*riali. Le mul*ti*na*zio*nali sareb*bero auto*riz*zate a tra*sci*nare in giu*di*zio governi, aziende, ser*vizi pub*blici rite*nuti non com*pe*ti*tivi, a esi*gere com*pen*sa*zioni per i man*cati gua*da*gni dovuti a regimi del lavoro con*si*de*rati troppo vin*co*lanti, a leggi ambien*tali giu*di*cate troppo severe.

    Car*tel*lino rosso, infine, anche per lo Stato sociale. Il mer*cato comune Europa-Usa dan*neg*gerà interi set*tori del sistema pro*dut*tivo euro*peo. Que*sti per soprav*vi*vere si appel*le*ranno, in nome del supe*riore inte*resse a non dein*du*stria*liz*zare il Vec*chio Con*ti*nente, all’inderogabile esi*genza di ulte*riori tagli alla tas*sa*zione. E, quindi, alla spesa pub*blica, alle poli*ti*che di wel*fare. Un accordo, insomma, colmo di agguati che rischia di spaz*zare il buono che c’è nell’acquis com*mu*ni*taire. Sono, insomma, in discus*sione disci*plina e diritti che costi*tui*scono un ele*mento iden*ti*fi*ca*tivo dell’european way of life.

    Sor*prende il silen*zio com*plice delle classi diri*genti dei paesi medi*ter*ra*nei rispetto all’Accordo di Par*te*na*riato Tran*sa*tlan*tico, ade*rendo al quale il pro*gramma di libe*ra*liz*za*zioni subi*rebbe un’escalation desti*nata a can*cel*lare ogni trac*cia di auto*no*mia poli*tica, eco*no*mica, cul*tu*rale dell’Europa.

    Bar*bara Spi*nelli ha pro*po*sto una rap*pre*sen*ta*zione spie*tata di que*sto silen*zio. «Re dor*mienti» che hanno dimen*ti*cato cosa siano una corona e uno scet*tro, ignari dei costi che il mer*cato comune Europa-Usa com*porta per i paesi dell’Unione, in par*ti*co*lare per quelli mediterranei.

    Serve qual*cosa che asso*mi*gli a quei con*tro*mo*vi*menti sui quali, a suo tempo, si arro*vel*la*rono Marx, Polany, Gram*sci. Pode*mos? Io penso di sì.

  5. #54
    TCP Rider Senior L'avatar di ABCDEF
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    articolo del 2014 (!) spiega bene il TTIP

    Antonio Cantaro: se il Ttip espelle i popoli
    di Redazione sabato, dicembre 6, 2014 0 Link e approfondimenti Antonio Cantaro, Stati Uniti, Ttip, Unione europea Permalink
    Articolo di Antonio Cantaro pubblicato su «Il Manifesto», 4 dicembre 2014

    Se l’Accordo di Par*te*na*riato Tran*san*tla*tico (Ttip) dovesse andare in porto, quel giorno i popoli euro*pei avranno avuto il loro car*tel*lino rosso. Espulsi dall’amico ame*ri*cano da un campo di gioco che un tempo era ter*ri*to*rio e spa*zio pre*si*diato dagli Stati sovrani euro*pei. Con il Ttip viene, infatti, messa in mora quella forma di Stato della quale ancora, sem*pre più stan*ca*mente, van*tiamo nelle nostre aule di Giu*ri*spru*denza le magni*fi*che e pro*gres*sive sorti. Per gli apo*stoli del libero scam*bio lo Stato sicu*rezza, lo Stato di diritto, lo Stato sociale costi*tui*scono resi*dui di un ancien régime che ille*git*ti*ma*mente osta*co*lano la bene*fica con*cor*renza tra le nazioni, la cre*scita mon*diale, la dif*fu*sione del benessere.

    I fau*tori del Ttip vogliono libe*rarci. Abbat*tere le bar*riere nor*ma*tive al com*mer*cio tra Stati Uniti ed Unione Euro*pea (le dif*fe*renze nei regolamenti tec*nici, nelle norme e nelle pro*ce*dure di omo*lo*ga*zione), aprire entrambi i mer*cati dei ser*vizi, degli inve*sti*menti, degli appalti pubblici.

    Sostan*zial*mente una totale libe*ra*liz*za*zione del com*mer*cio tran*sa*tlan*tico. Un mer*cato comune che pro*cu*rerà van*taggi all’industria auto*mo*bi*listica delle due sponde dell’Atlantico, a quella chi*mica e far*ma*ceu*tica del Regno Unito; e che, di con*verso, pena*liz*zerà l’agro-alimentare dei paesi medi*ter*ra*nei. Ma che – ci assi*cu*rano — pro*cu*rerà van*taggi dif*fusi e mira*bo*lanti bene*fici siste*mici.
    Sulla base di con*tro*verse ed incerte pro*ie*zioni, di una mes*sia*nica fidu*cia glo*ba*li*sta, si trat*tano gli ordi*na*menti di Stati ancora for*mal*mente sovrani come pro*dotti da met*tere in con*cor*renza per espun*gere i meno ido*nei a sod*di*sfare le attese degli inve*sti*tori. Capo*vol*gendo l’idea tra i comuni mor*tali, che gli ordi*na*menti giu*ri*dici rap*pre*sen*tano il qua*dro entro il quale si svolge la com*pe*ti*zione eco*no*mica e non uno degli oggetti di essa.

    Dar*wi*ni*smo nor*ma*tivo che pri*vi*le*gia i rap*porti mate*riali di forza sui rap*porti giu*ri*dici. Capi*ta*li*smo anar*chico che distrugge gli stessi fon*da*menti isti*tu*zio*nali dell’economia di mer*cato.
    L’ennesimo licen*zia*mento senza giu*sta causa. Que*sta volta il ber*sa*glio è lo Stato euro*peo. Lo Stato sicu*rezza, in primo luogo.

    La rimo*zione delle bar*riere nor*ma*tive com*pro*mette, infatti, con*so*li*date garan*zie a tutela dei lavo*ra*tori, dei con*su*ma*tori, della salute, dell’ambiente. Con*trolli, eti*chet*ta*ture, cer*ti*fi*ca*zioni potreb*bero essere con*si*de*rate bar*riere indi*rette al libero scam*bio in set*tori cru*ciali quali la chimica-farmaceutica, la sanità, l’auto, l’istruzione, l’agricoltura, i beni comuni, gli stru*menti finan*ziari: è tipi*ca*mente il caso degli orga*ni*smi gene*ti*ca*mente modi*fi*cati, la cui intro*du*zione mas*siva nell’agricoltura euro*pea è stata finora ral*len*tata da una serie di regole ispi*rate all’europeo prin*ci*pio di precauzione.

    Ma il car*tel*lino rosso degli apo*stoli del libero scam*bio non rispar*mia nem*meno i prin*cipi dello Stato di diritto. Il Ttip rende, infatti, pos*si*bile citare in giu*di*zio l’Unione e gli Stati nazio*nali, vani*fi*cando la pre*ro*ga*tiva pub*blica di eser*ci*tare il potere giu*di*zia*rio sul pro*prio ter*ri*to*rio. Le con*tro*ver*sie com*mer*ciali ver*reb*bero affi*date a spe*ciali corti extra*ter*ri*to*riali. Le mul*ti*na*zio*nali sareb*bero auto*riz*zate a tra*sci*nare in giu*di*zio governi, aziende, ser*vizi pub*blici rite*nuti non com*pe*ti*tivi, a esi*gere com*pen*sa*zioni per i man*cati gua*da*gni dovuti a regimi del lavoro con*si*de*rati troppo vin*co*lanti, a leggi ambien*tali giu*di*cate troppo severe.

    Car*tel*lino rosso, infine, anche per lo Stato sociale. Il mer*cato comune Europa-Usa dan*neg*gerà interi set*tori del sistema pro*dut*tivo euro*peo. Que*sti per soprav*vi*vere si appel*le*ranno, in nome del supe*riore inte*resse a non dein*du*stria*liz*zare il Vec*chio Con*ti*nente, all’inderogabile esi*genza di ulte*riori tagli alla tas*sa*zione. E, quindi, alla spesa pub*blica, alle poli*ti*che di wel*fare. Un accordo, insomma, colmo di agguati che rischia di spaz*zare il buono che c’è nell’acquis com*mu*ni*taire. Sono, insomma, in discus*sione disci*plina e diritti che costi*tui*scono un ele*mento iden*ti*fi*ca*tivo dell’european way of life.

    Sor*prende il silen*zio com*plice delle classi diri*genti dei paesi medi*ter*ra*nei rispetto all’Accordo di Par*te*na*riato Tran*sa*tlan*tico, ade*rendo al quale il pro*gramma di libe*ra*liz*za*zioni subi*rebbe un’escalation desti*nata a can*cel*lare ogni trac*cia di auto*no*mia poli*tica, eco*no*mica, cul*tu*rale dell’Europa.

    Bar*bara Spi*nelli ha pro*po*sto una rap*pre*sen*ta*zione spie*tata di que*sto silen*zio. «Re dor*mienti» che hanno dimen*ti*cato cosa siano una corona e uno scet*tro, ignari dei costi che il mer*cato comune Europa-Usa com*porta per i paesi dell’Unione, in par*ti*co*lare per quelli mediterranei.

    Serve qual*cosa che asso*mi*gli a quei con*tro*mo*vi*menti sui quali, a suo tempo, si arro*vel*la*rono Marx, Polany, Gram*sci. Pode*mos? Io penso di sì.
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  6. #55
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    non so perchè copia incolla inserisce asterischi. Sarà un complotto do google per soffocare iniziative anti ttip?!

    ma si legge lo stesso, dai

  7. #56
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    Citazione Originariamente Scritto da rjng Visualizza Messaggio
    Mah..più dubbi che certezze,così com'è non è un accordo,non lo firma nessuno.
    infatti cosi andra a finire

  8. #57
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    Citazione Originariamente Scritto da souldancer Visualizza Messaggio
    non so perchè copia incolla inserisce asterischi. Sarà un complotto do google per soffocare iniziative anti ttip?!

    ma si legge lo stesso, dai
    'e senza dubbio un complotto

    Citazione Originariamente Scritto da souldancer Visualizza Messaggio
    articolo del 2014 (!) spiega bene il TTIP

    Antonio Cantaro: se il Ttip espelle i popoli
    di Redazione sabato, dicembre 6, 2014 0 Link e approfondimenti Antonio Cantaro, Stati Uniti, Ttip, Unione europea Permalink
    Articolo di Antonio Cantaro pubblicato su «Il Manifesto», 4 dicembre 2014

    Se l’Accordo di Par*te*na*riato Tran*san*tla*tico (Ttip) dovesse andare in porto, quel giorno i popoli euro*pei avranno avuto il loro car*tel*lino rosso. Espulsi dall’amico ame*ri*cano da un campo di gioco che un tempo era ter*ri*to*rio e spa*zio pre*si*diato dagli Stati sovrani euro*pei. Con il Ttip viene, infatti, messa in mora quella forma di Stato della quale ancora, sem*pre più stan*ca*mente, van*tiamo nelle nostre aule di Giu*ri*spru*denza le magni*fi*che e pro*gres*sive sorti. Per gli apo*stoli del libero scam*bio lo Stato sicu*rezza, lo Stato di diritto, lo Stato sociale costi*tui*scono resi*dui di un ancien régime che ille*git*ti*ma*mente osta*co*lano la bene*fica con*cor*renza tra le nazioni, la cre*scita mon*diale, la dif*fu*sione del benessere.

    I fau*tori del Ttip vogliono libe*rarci. Abbat*tere le bar*riere nor*ma*tive al com*mer*cio tra Stati Uniti ed Unione Euro*pea (le dif*fe*renze nei regolamenti tec*nici, nelle norme e nelle pro*ce*dure di omo*lo*ga*zione), aprire entrambi i mer*cati dei ser*vizi, degli inve*sti*menti, degli appalti pubblici.

    Sostan*zial*mente una totale libe*ra*liz*za*zione del com*mer*cio tran*sa*tlan*tico. Un mer*cato comune che pro*cu*rerà van*taggi all’industria auto*mo*bi*listica delle due sponde dell’Atlantico, a quella chi*mica e far*ma*ceu*tica del Regno Unito; e che, di con*verso, pena*liz*zerà l’agro-alimentare dei paesi medi*ter*ra*nei. Ma che – ci assi*cu*rano — pro*cu*rerà van*taggi dif*fusi e mira*bo*lanti bene*fici siste*mici.
    Sulla base di con*tro*verse ed incerte pro*ie*zioni, di una mes*sia*nica fidu*cia glo*ba*li*sta, si trat*tano gli ordi*na*menti di Stati ancora for*mal*mente sovrani come pro*dotti da met*tere in con*cor*renza per espun*gere i meno ido*nei a sod*di*sfare le attese degli inve*sti*tori. Capo*vol*gendo l’idea tra i comuni mor*tali, che gli ordi*na*menti giu*ri*dici rap*pre*sen*tano il qua*dro entro il quale si svolge la com*pe*ti*zione eco*no*mica e non uno degli oggetti di essa.

    Dar*wi*ni*smo nor*ma*tivo che pri*vi*le*gia i rap*porti mate*riali di forza sui rap*porti giu*ri*dici. Capi*ta*li*smo anar*chico che distrugge gli stessi fon*da*menti isti*tu*zio*nali dell’economia di mer*cato.
    L’ennesimo licen*zia*mento senza giu*sta causa. Que*sta volta il ber*sa*glio è lo Stato euro*peo. Lo Stato sicu*rezza, in primo luogo.

    La rimo*zione delle bar*riere nor*ma*tive com*pro*mette, infatti, con*so*li*date garan*zie a tutela dei lavo*ra*tori, dei con*su*ma*tori, della salute, dell’ambiente. Con*trolli, eti*chet*ta*ture, cer*ti*fi*ca*zioni potreb*bero essere con*si*de*rate bar*riere indi*rette al libero scam*bio in set*tori cru*ciali quali la chimica-farmaceutica, la sanità, l’auto, l’istruzione, l’agricoltura, i beni comuni, gli stru*menti finan*ziari: è tipi*ca*mente il caso degli orga*ni*smi gene*ti*ca*mente modi*fi*cati, la cui intro*du*zione mas*siva nell’agricoltura euro*pea è stata finora ral*len*tata da una serie di regole ispi*rate all’europeo prin*ci*pio di precauzione.

    Ma il car*tel*lino rosso degli apo*stoli del libero scam*bio non rispar*mia nem*meno i prin*cipi dello Stato di diritto. Il Ttip rende, infatti, pos*si*bile citare in giu*di*zio l’Unione e gli Stati nazio*nali, vani*fi*cando la pre*ro*ga*tiva pub*blica di eser*ci*tare il potere giu*di*zia*rio sul pro*prio ter*ri*to*rio. Le con*tro*ver*sie com*mer*ciali ver*reb*bero affi*date a spe*ciali corti extra*ter*ri*to*riali. Le mul*ti*na*zio*nali sareb*bero auto*riz*zate a tra*sci*nare in giu*di*zio governi, aziende, ser*vizi pub*blici rite*nuti non com*pe*ti*tivi, a esi*gere com*pen*sa*zioni per i man*cati gua*da*gni dovuti a regimi del lavoro con*si*de*rati troppo vin*co*lanti, a leggi ambien*tali giu*di*cate troppo severe.

    Car*tel*lino rosso, infine, anche per lo Stato sociale. Il mer*cato comune Europa-Usa dan*neg*gerà interi set*tori del sistema pro*dut*tivo euro*peo. Que*sti per soprav*vi*vere si appel*le*ranno, in nome del supe*riore inte*resse a non dein*du*stria*liz*zare il Vec*chio Con*ti*nente, all’inderogabile esi*genza di ulte*riori tagli alla tas*sa*zione. E, quindi, alla spesa pub*blica, alle poli*ti*che di wel*fare. Un accordo, insomma, colmo di agguati che rischia di spaz*zare il buono che c’è nell’acquis com*mu*ni*taire. Sono, insomma, in discus*sione disci*plina e diritti che costi*tui*scono un ele*mento iden*ti*fi*ca*tivo dell’european way of life.

    Sor*prende il silen*zio com*plice delle classi diri*genti dei paesi medi*ter*ra*nei rispetto all’Accordo di Par*te*na*riato Tran*sa*tlan*tico, ade*rendo al quale il pro*gramma di libe*ra*liz*za*zioni subi*rebbe un’escalation desti*nata a can*cel*lare ogni trac*cia di auto*no*mia poli*tica, eco*no*mica, cul*tu*rale dell’Europa.

    Bar*bara Spi*nelli ha pro*po*sto una rap*pre*sen*ta*zione spie*tata di que*sto silen*zio. «Re dor*mienti» che hanno dimen*ti*cato cosa siano una corona e uno scet*tro, ignari dei costi che il mer*cato comune Europa-Usa com*porta per i paesi dell’Unione, in par*ti*co*lare per quelli mediterranei.

    Serve qual*cosa che asso*mi*gli a quei con*tro*mo*vi*menti sui quali, a suo tempo, si arro*vel*la*rono Marx, Polany, Gram*sci. Pode*mos? Io penso di sì.
    trattazione del problema in linea con il piano editoriale (il manifesto) che ovviamente spara contro a economia di mercato, riduzione della spesa pubblica (tassazione) ecc.

    settepiace..................a me no
    Ultima modifica di ABCDEF; 27/05/2016 alle 08:43 Motivo: Unione Post Automatica

  9. #58
    TCP Rider Senior L'avatar di ABCDEF
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    Citazione Originariamente Scritto da Stinit Visualizza Messaggio
    io non ho la tua stessa fiducia in chi sta "trattando" per conto nostro...non mi fido nella maniera più assoluta...non mi fido di chi manovra questa europa...

    e comunque non è facile trovare pareri favorevoli a questo accordo...

    intanto



    mi pare bene argomentato...
    Vedo con una certa soddisfazione che si può riuscire a portare il dibattito sul Ttip oltre gli slogan sul pollo alla clorina (che non è nel Ttip) e la carne agli ormoni (che non è nel Ttip) o gli Ogm (che non sono nel Ttip). Nonostante la quantità di commenti di dubbia utilità che arrivano qua sul sito. Perfino la campagna Stop Ttip, andando un po’ più nel merito, ha pubblicato un’analisi nel suo ultimo post che offre degli spunti. E che dimostra quanta differenza c’è tra il messaggio da piazza, quello da condensare in uno slogan, e ragionamenti un po’ più articolati. Magari discutibili, ma articolati.

    Siamo passati dalla tesi secondo cui gli Isds, cioè i meccanismi di risoluzione dei contenziosi che sono previsti dal Ttip, minacciano la democrazia e permetteranno alle multinazionali di distruggere le tutele del nostro mercato del lavoro (quelle poche che sono rimaste) alla considerazione che i tribunali arbitrali possono rivelarsi piuttosto costosi per gli Stati anche quando hanno ragione.

    Il caso Philip Morris è il più noto: il gigante del tabacco contesta la decisione dell’Australia di vietare i marchi sui pacchetti di sigarette (su questo c’è anche un contenzioso al Wto) e, dopo aver fallito nei binari della giustizia ordinaria, tenta una mossa spregiudicata. Philip Morris Asia, basata a Hong Kong, acquisisce la filiale australiana della stessa azienda. Così da provare a sostenere che la decisione del parlamento di vietare nel 2011 i loghi sui pacchetti violava un trattato internazionale del 1993 tra Hong Kong e l’Australia. E’ finita, a dicembre 2015, con la decisione unanime del tribunale arbitrale – un arbitro nominato da Philip Morris, uno dall’Australia, uno imparziale – che la richiesta era infondata. Perché Philip Morris aveva tentato di usare in modo improprio gli strumenti di tutela degli investimenti per quello che non era un investimento, ma una mossa per aggirare le decisioni del sistema giudiziario interno.

    La campagna Stop Ttip è comunque insoddisfatta perché, secondo alcune fonti di cui non ho trovato conferme ufficiali, l‘Australia avrebbe pagato 50 milioni di dollari per la propria difesa. Gli arbitri possono costare anche 600-700 dollari all’ora. Per la verità, sul sito del governo australiano, si legge che l’Australia ha vinto e che il verdetto è “subject to finalisation of the costs claim” . Cioè qualcuno chiede i costi a qualcun altro e, si può dedurne, sarà il governo a chiedere a Philip Morris il rimborso delle spese legali sostenute. Le regole su chi paga cosa negli arbitrati internazionali sono piuttosto ambigue, spesso non è neppure specificato nell’accordo. Ergo, se è questo il problema degli Isds, basta chiarirlo bene e affrontarlo.

    E comunque, 50 milioni di dollari australiani per un singolo caso sono una bella cifra, ma stiamo parlando di un grande Paese, che ha un budget federale di 470 miliardi. Non è una buona ragione per sprecare soldi, ma cerchiamo di mantenere il senso delle proporzioni. Nella sua proposta su come modificare gli Isds contenuti nel Ttip, passando a una corte arbitrale permanente, la Commissione europea ha previsto una sorta di filtro per bloccare subito le richieste completamente infondate, tipo quella di Philip Morris. Che poi funzioni o che sia davvero questa la formula definitiva che prenderà lo strumento di soluzione delle controversie nel Ttip è ancora tutto da vedere.

    Ma dire che negli Isds o in generale negli arbitrati lo Stato non vince mai è proprio scorretto, anche se la campagna Stop Ttip insiste. Al massimo si può dire che lo Stato non ci guadagna mai, ma è parecchio diverso. Visto che si tratta di strumenti per tutelare gli investitori, il contenzioso può chiudersi in tre modi: un accordo, viene accolta l’istanza dell’investitore che si sente discriminato, viene accolta la tesi dello Stato che ritiene di non aver travalicato le proprie competenze. Punto. Il tentativo di far credere che gli Isd distruggeranno la nostra democrazia è un po’ maldestro.

    Il caso del Sud Africa citato sempre dagli anti-Ttip è più interessante, ma anche quello ha vari livelli di lettura. La compagnia mineraria che contestava una espropriazione di fatto, sia pure in nome della nobile causa della restituzione di pezzi di economia ai neri dopo l’Apartheid, ha chiuso un accordo con il governo e ha ceduto soltanto il 5 per cento invece del 26. Legittimo dedurre che la richiesta di indennizzo da 350 milioni abbia condizionato il governo e lo abbia spinto ad accettare. Ma non sarebbe stato più tutelato con un sistema di arbitrato funzionante, con giudici indipendenti che avrebbero subito respinto un’istanza infondata? Dobbiamo anche considerare, ma io non ho le conoscenze per una valutazione approfondita, l’ipotesi che la compagnia mineraria avesse i giusti titoli giuridici per lamentarsi. E che, quindi, forse l’accordo che ha chiuso con il governo magari è stato il meno peggio che il Sud Africa poteva auspicare. Non lo so, ma non basta dire che c’è stato un accordo per sostenere che si è trattato di un’estorsione.

    In ogni caso queste non mi sembrano argomentazioni che portano alla conclusione “dobbiamo opporci al Ttip perché contiene gli Isds”. Se le imprese americane fossero così abili e spietate nello smantellare i nostri diritti e tutele, qui in Europa, avrebbero già avuto molte occasioni di farlo usando gli accordi bilaterali o altri tribunali internazionali come il Wto. O vogliamo forse insinuare che sono state così preveggenti da attendere il Ttip per poi fare una causa sola e beneficare poi dei risultati in tutta l’Ue? Tutto è possibile, ma mi sembra che sia più ragionevole tenere un approccio pragmatico. Gli Isds o la corte Ics sono punti sicuramente sensibili del Ttip, cui bisogna prestare attenzione.

    A mio parere hanno perfettamente ragione gli Europarlamentari di opposizione che insistono per avere una corte davvero indipendente, fatta di arbitri che non hanno potenziali conflitti di interesse perché sono – sul modello dei magistrati italiani – arbitri a tempo pieno, con una retribuzione fissa e non parametrata al valore o alla durata del contenzioso.

    I cattivissimi eurocrati che, secondo la caricatura di molti commentatori qui e nelle piazze, fremono dall’impazienza di distruggere l’economia europea a tutto vantaggio delle multinazionali Usa hanno imparato dall’esperienza. E negli accordi che hanno firmato in questi anni, con il Canada, con Singapore e ora nel Ttip, hanno corretto alcune falle del sistema. Il Peterson Institute ha pubblicato un’interessante analisi che dimostra come gli standard europei siano migliorati, anche se non tutti i cambiamenti sono stati recepiti nel sistema di Isds previsto dal Tpp, il trattato commerciale gemello del Ttip che gli Usa stanno negoziando con gran parte dei Paesi asiatici (tranne la Cina).

    Il sistema degli Isds nei trattati con Canada e Singapore prevede, tra l’altro, che chi perde l’arbitrato si accolli tutti i costi legali (un deterrente per le multinazionali), che i Paesi possano stabilire l’interpretazione autentica di alcune norme della quale poi gli arbitri, in caso di contenzioso, dovranno tenere conto, che gli Stati hanno tutto il diritto di legiferare perseguendo salute, tutela dell’ambiente o promuovere la diversità (e se questi sono obiettivi legittimi, diventa più difficile sostenere che l’impresa è stata penalizzata come ritorsione commerciale). Se il compromesso finale su Isds si muoverà su queste linee, non vedo catastrofi imminenti.

    Ma è giusto monitorare il processo e fare pressione perché vada nella direzione di una sempre maggiore trasparenza e tutela dei diritti. Questo significa lavorare per un Ttip migliore (e i movimenti di protesta sono riusciti a migliorarlo), non raccontare la favola che se passa il Ttip è finita la democrazia.

    Anche perché il Ttip ha una rilevanza geopolitica evidente. Se si definisce un buon sistema di corti arbitrali in quel trattato, si potrà cercare di imporre quello standard anche alla Cina. Che sta premendo su Bruxelles: in Italia se ne parla poco, ma la concessione alla Repubblica popolare dello Status di economia di mercato, se arriverà a dicembre, è una minaccia molto più immediata e reale del Ttip.

    L’argomento secondo cui la guerra commerciale che l’Ue ha combattuto per evitare l’importazione di carne agli ormoni dimostra che con il Ttip arriverà carne agli ormoni è invece così sballato e strumentale che merita un ulteriore approfondimento. Appena ho il tempo ne scrivo.

    Ttip, l'allarmismo sulla democrazia svuotata non regge - Il Fatto Quotidiano

  10. #59
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    Vedo con una certa soddisfazione che si può riuscire a portare il dibattito sul Ttip oltre gli slogan sul pollo alla clorina (che non è nel Ttip) e la carne agli ormoni (che non è nel Ttip) o gli Ogm (che non sono nel Ttip). Nonostante la quantità di commenti di dubbia utilità che arrivano qua sul sito. Perfino la campagna Stop Ttip, andando un po’ più nel merito, ha pubblicato un’analisi nel suo ultimo post che offre degli spunti. E che dimostra quanta differenza c’è tra il messaggio da piazza, quello da condensare in uno slogan, e ragionamenti un po’ più articolati. Magari discutibili, ma articolati.

    Siamo passati dalla tesi secondo cui gli Isds, cioè i meccanismi di risoluzione dei contenziosi che sono previsti dal Ttip, minacciano la democrazia e permetteranno alle multinazionali di distruggere le tutele del nostro mercato del lavoro (quelle poche che sono rimaste) alla considerazione che i tribunali arbitrali possono rivelarsi piuttosto costosi per gli Stati anche quando hanno ragione.

    Il caso Philip Morris è il più noto: il gigante del tabacco contesta la decisione dell’Australia di vietare i marchi sui pacchetti di sigarette (su questo c’è anche un contenzioso al Wto) e, dopo aver fallito nei binari della giustizia ordinaria, tenta una mossa spregiudicata. Philip Morris Asia, basata a Hong Kong, acquisisce la filiale australiana della stessa azienda. Così da provare a sostenere che la decisione del parlamento di vietare nel 2011 i loghi sui pacchetti violava un trattato internazionale del 1993 tra Hong Kong e l’Australia. E’ finita, a dicembre 2015, con la decisione unanime del tribunale arbitrale – un arbitro nominato da Philip Morris, uno dall’Australia, uno imparziale – che la richiesta era infondata. Perché Philip Morris aveva tentato di usare in modo improprio gli strumenti di tutela degli investimenti per quello che non era un investimento, ma una mossa per aggirare le decisioni del sistema giudiziario interno.

    La campagna Stop Ttip è comunque insoddisfatta perché, secondo alcune fonti di cui non ho trovato conferme ufficiali, l‘Australia avrebbe pagato 50 milioni di dollari per la propria difesa. Gli arbitri possono costare anche 600-700 dollari all’ora. Per la verità, sul sito del governo australiano, si legge che l’Australia ha vinto e che il verdetto è “subject to finalisation of the costs claim” . Cioè qualcuno chiede i costi a qualcun altro e, si può dedurne, sarà il governo a chiedere a Philip Morris il rimborso delle spese legali sostenute. Le regole su chi paga cosa negli arbitrati internazionali sono piuttosto ambigue, spesso non è neppure specificato nell’accordo. Ergo, se è questo il problema degli Isds, basta chiarirlo bene e affrontarlo.

    E comunque, 50 milioni di dollari australiani per un singolo caso sono una bella cifra, ma stiamo parlando di un grande Paese, che ha un budget federale di 470 miliardi. Non è una buona ragione per sprecare soldi, ma cerchiamo di mantenere il senso delle proporzioni. Nella sua proposta su come modificare gli Isds contenuti nel Ttip, passando a una corte arbitrale permanente, la Commissione europea ha previsto una sorta di filtro per bloccare subito le richieste completamente infondate, tipo quella di Philip Morris. Che poi funzioni o che sia davvero questa la formula definitiva che prenderà lo strumento di soluzione delle controversie nel Ttip è ancora tutto da vedere.

    Ma dire che negli Isds o in generale negli arbitrati lo Stato non vince mai è proprio scorretto, anche se la campagna Stop Ttip insiste. Al massimo si può dire che lo Stato non ci guadagna mai, ma è parecchio diverso. Visto che si tratta di strumenti per tutelare gli investitori, il contenzioso può chiudersi in tre modi: un accordo, viene accolta l’istanza dell’investitore che si sente discriminato, viene accolta la tesi dello Stato che ritiene di non aver travalicato le proprie competenze. Punto. Il tentativo di far credere che gli Isd distruggeranno la nostra democrazia è un po’ maldestro.

    Il caso del Sud Africa citato sempre dagli anti-Ttip è più interessante, ma anche quello ha vari livelli di lettura. La compagnia mineraria che contestava una espropriazione di fatto, sia pure in nome della nobile causa della restituzione di pezzi di economia ai neri dopo l’Apartheid, ha chiuso un accordo con il governo e ha ceduto soltanto il 5 per cento invece del 26. Legittimo dedurre che la richiesta di indennizzo da 350 milioni abbia condizionato il governo e lo abbia spinto ad accettare. Ma non sarebbe stato più tutelato con un sistema di arbitrato funzionante, con giudici indipendenti che avrebbero subito respinto un’istanza infondata? Dobbiamo anche considerare, ma io non ho le conoscenze per una valutazione approfondita, l’ipotesi che la compagnia mineraria avesse i giusti titoli giuridici per lamentarsi. E che, quindi, forse l’accordo che ha chiuso con il governo magari è stato il meno peggio che il Sud Africa poteva auspicare. Non lo so, ma non basta dire che c’è stato un accordo per sostenere che si è trattato di un’estorsione.

    In ogni caso queste non mi sembrano argomentazioni che portano alla conclusione “dobbiamo opporci al Ttip perché contiene gli Isds”. Se le imprese americane fossero così abili e spietate nello smantellare i nostri diritti e tutele, qui in Europa, avrebbero già avuto molte occasioni di farlo usando gli accordi bilaterali o altri tribunali internazionali come il Wto. O vogliamo forse insinuare che sono state così preveggenti da attendere il Ttip per poi fare una causa sola e beneficare poi dei risultati in tutta l’Ue? Tutto è possibile, ma mi sembra che sia più ragionevole tenere un approccio pragmatico. Gli Isds o la corte Ics sono punti sicuramente sensibili del Ttip, cui bisogna prestare attenzione.

    A mio parere hanno perfettamente ragione gli Europarlamentari di opposizione che insistono per avere una corte davvero indipendente, fatta di arbitri che non hanno potenziali conflitti di interesse perché sono – sul modello dei magistrati italiani – arbitri a tempo pieno, con una retribuzione fissa e non parametrata al valore o alla durata del contenzioso.

    I cattivissimi eurocrati che, secondo la caricatura di molti commentatori qui e nelle piazze, fremono dall’impazienza di distruggere l’economia europea a tutto vantaggio delle multinazionali Usa hanno imparato dall’esperienza. E negli accordi che hanno firmato in questi anni, con il Canada, con Singapore e ora nel Ttip, hanno corretto alcune falle del sistema. Il Peterson Institute ha pubblicato un’interessante analisi che dimostra come gli standard europei siano migliorati, anche se non tutti i cambiamenti sono stati recepiti nel sistema di Isds previsto dal Tpp, il trattato commerciale gemello del Ttip che gli Usa stanno negoziando con gran parte dei Paesi asiatici (tranne la Cina).

    Il sistema degli Isds nei trattati con Canada e Singapore prevede, tra l’altro, che chi perde l’arbitrato si accolli tutti i costi legali (un deterrente per le multinazionali), che i Paesi possano stabilire l’interpretazione autentica di alcune norme della quale poi gli arbitri, in caso di contenzioso, dovranno tenere conto, che gli Stati hanno tutto il diritto di legiferare perseguendo salute, tutela dell’ambiente o promuovere la diversità (e se questi sono obiettivi legittimi, diventa più difficile sostenere che l’impresa è stata penalizzata come ritorsione commerciale). Se il compromesso finale su Isds si muoverà su queste linee, non vedo catastrofi imminenti.

    Ma è giusto monitorare il processo e fare pressione perché vada nella direzione di una sempre maggiore trasparenza e tutela dei diritti. Questo significa lavorare per un Ttip migliore (e i movimenti di protesta sono riusciti a migliorarlo), non raccontare la favola che se passa il Ttip è finita la democrazia.

    Anche perché il Ttip ha una rilevanza geopolitica evidente. Se si definisce un buon sistema di corti arbitrali in quel trattato, si potrà cercare di imporre quello standard anche alla Cina. Che sta premendo su Bruxelles: in Italia se ne parla poco, ma la concessione alla Repubblica popolare dello Status di economia di mercato, se arriverà a dicembre, è una minaccia molto più immediata e reale del Ttip.

    L’argomento secondo cui la guerra commerciale che l’Ue ha combattuto per evitare l’importazione di carne agli ormoni dimostra che con il Ttip arriverà carne agli ormoni è invece così sballato e strumentale che merita un ulteriore approfondimento. Appena ho il tempo ne scrivo.

    Ttip, l'allarmismo sulla democrazia svuotata non regge - Il Fatto Quotidiano
    appunto..."se"...

  11. #60
    TCP Rider Senior L'avatar di ABCDEF
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    Citazione Originariamente Scritto da Stinit Visualizza Messaggio
    appunto..."se"...
    hai letto anche il resto?

    questa mi sembra un'analisi un po' piu' equilibrata della massa di cazzate sparate dalla pasionaria che consideravi ben argomentata


    evidenzia anche quello, tu che sei aperto e non tendenzioso

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