Serpeggiare con allegra disinvoltura sulle strade dell'Apennino pavese, un pomeriggio d'autunno, in sella ad un Gengiva (Cagiva SST 125 del 1981) che di andare in letargo, non ha proprio voglia.
Sentire quel suo metallico ronzio negli orecchi. Distinguere il primo scoppio del motore a due tempi ad ogni cambiata, un succhia benzina di quelli che i mas media e le leggi antismog, vorrebbero vedre al macero. Sentirlo prepotente, cattivo.
Arrampicarsi e scendere lungo strade dal manto stradale discutibile ma allo stesso tempo, incorniciate da panorami autunnali dai colori pastello. Ammirare ogni bosco, con le sue foglie, giallo, rosse, arancio e verde. Contare come se fosse una gara, i filiari delle vigne dorate dal sole. Nonstante la mia attenta conta, ogni volta il Gengiva la spunta.
Passare per piccoli borghi sperduti, dove alcuni anziani chiacchierano seduti su panchine lungo la via. Attirare i loro sguardi curiosi.
Fermarsi più volte per alcuni scatti fotografici. Giungere alla soglia di un antico castello attraverso una via lasticata in pietra. Affrontare altri saliscendi, tornati, curve insidiose dal manto sdrucciolevole e qualche sterrato con un Gengiva che non molla, borbotta, scoppietta, sputa sassi, alza nuvole di polvere e da il meglio di se, come se fosse il giorno della sua carburazione perfetta.
Raggiungere La Madonna del Vento a Montalto Pavese e proseguire lungo la strada bianca, per arrivare in cima e godere di fantastici panorami al tramonto, con una pestifero Gengiva in posa con il sole in fronte, orgoglioso di essere ancora così tosto.
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