Tony, purtroppo la questione non è così semplice e credo che lo scarsissimo senso di patriottismo italiano nasce da molto più lontano e ha radici più profonde e complesse. senza volere affrontare un dibattito che quì sarebbe molto complicato - direi che ad oggi quello che è ormai prevalente -ed ahiimè purtroppo definitivo - è il senso di cultura in generale, di una appartenenza condivisa al Paese Italia e il concetto stesso di cultura.
Per schemi piuttosto larghi direi che oggi 5 milioni persone che versano in povertà assoluta e altri 10 sotto la soglia di povertà hanno una visione particolare della propria esistenza (direi più che giustificata) e l'ultimo problema che avvertono è quello di identificazione alla propria Patria.
Aggiungiamoci poi il concetto di cultura: da noi è ormai confermato che il fenomeno dell'analfabetismo funzionale è quantomai presente, tra i meno giovani e, cosa ancora più drammatica, tra i giovani. Tra questi oltre il 35% ormai non studia più (senza neppure avere fatto i 10 anni di scuola dell'obbligo) e non cerca neppure lavoro. Credo che in questa situazione l'appartenenza e la cultura siano temi civili ed esistenziali neppure avvertiti.
Mettiamoci poi quello che oggi viene considerato un processo di formazione a carattere generale: fai passare Piero Angela in televisione e se lo filano i soliti appassionati; crea un prodotto sintetico, fuorviante, becero, un sottroprodotto di scarto del costume, le passioni i comportamenti e gli atteggiamenti dell'italiano medio (sia esso meno giovane o ancora peggio giovane e giovanissimo), dicevo un prodotto come Amici, Uomini e Donne, C'è Posta per te e lo seguono creando dispute e dibattiti a carattere nazionale almeno 10 milioni di persone a puntata.
Osserva in centro città i giovani e giovanissimi e vedrai una massa uniforme, priva di qualunque senso delle cose, neppure libera almeno in parte dai luoghi comuni, da una estetica non uniformata, e neanche con atteggiamenti almeno in parte "normali" come dovrebbe essere un giovane o giovanissimo. Se poi saliamo nella scala dell'età non è che c'è da fare salti di gioia. Gli adulti, i meno giovani e i maturi abbiamo un atteggiamento nei confronti dell'interesse comune, dell'appartenenza ad una terra, delle istituzioni in senso teorico e di coloro che ci rappresentano ai limiti dell'imbarazzante.
I giovani che hanno ottenuto il bonus cultura credi che abbiano usato il denaro per comprare libri o spettacoli teatrali o biglietti per musei (spero non tutti per fortuna)? Neanche per sogno: hanno tracchiggiato per qualche cd musicale di fascia bassa e questo è il massimo sforzo per avvicinarci ad un prodotto culturale.
Poi ci sarebbe da affrontare un atteggiamento che nasce da lontano, vale a dire il nostro essere cittadini italiani: tema complesso ma che in linea di massima ci porta a pensare che per noi il senso di appartenenza ad una nazione vale fino a quando ne abbiamo un interesse personale e particolare, nel momento in cui c'è da mediare o addirittura a perdere (con stile e dignità) diventiamo egoisti e strafottenti: a quel punto morte tua vita mia.
Per ultimo il tema di chi dovrebbe indirizzare, guidare e veicolare le scelte, le opinioni, gli atteggiamenti e il senso di appartenenza di una massa complessa che definiamo popolo: la politica e chi produce Cultura in Italia. Sui politici direi che è meglio stendere un pietoso velo (anche se forse si dovrebbe stendere qualcosa di più pesante); sui produttori, gli intermediari e i "venditori" di Cultura direi che scontiamo un gap importante nei confronti dei paesi più svulippati. Nel settore privano c'è improvvisazione, scarso interesse comune, poca voglia di creare e diffondere un prodotto circolare, che abbia radici profonde e definitive e che sia fruibile sempre e da una massa di persone che si va allargando. Nel settore pubblico c'è evidente il limite di un approccio burocraticizzato all'elemento cultura, che viene visto solo come un prodotto e non come qualcosa di immaginifico, di aleatorio, ma comunque essenziale per creare senso di appartenenza comune, condivisione esperienziale e formazione personale. La cultura non è un prodotto e basta, ma qualcosa di molto più complesso e quindi, in quanto tale, non gestibile con i normali atteggiamenti di un burocrate da scrivania e una massa impiegatizia pigra e svogliata. E' un fattore moderno che avrebbe bisogno di un approccio moderno, creativo e veicolato con strumenti moderni. Tutte cose che in Italia non si ritengono utili.
Ti invito a vedere la pagina fb della Galleria degli Uffizi, ha soli 27.000 circa like. Poi guarda quella del British Museum, ne ha oltre 1.400.000. Ed il primo è naturalmente uno dei Poli museali più importanti al mondo. Ecco questo è il senso di condivisione del prodotto cultura in italia.
Da qui ne discende che a scarso interesse culturale del patrimonio del proprio paese ne discende uno scarso senso di appartenenza e quindi di patriottismo.
p.s. va detto però che non è facile dimostrare il contrario: io per esempio ho una cultura medio bassa (quindi direi un pochino sopra la media comune), ho qualche interesse culturale, sono mediamente informato, ma non mi sento patriota e credo che mai lo diventerò. Perché la Patria è una "vocazione" che si conquista con la commistione e fusione di tanti elementi, civili, sociali, materiali ed economici, e non ultima della componente cittadini. Io questa fusione non l'ho mai vista e neanche la immagino in futuro.