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Discussione: IL GRANDE POZZI 2

  1. #1
    Bannato L'avatar di Conte Max
    Data Registrazione
    27/08/06
    Località
    Roma
    Moto
    RSV 1000 FACTORY ALL BLACK-SPEED 1050
    Messaggi
    2,179

    IL GRANDE POZZI 2

    La mattina dopo ci fu la seconda tappa, detta «il diagonalone»,
    seimilatrecento chilometri d'autostrada da Lisbona a Leningrado. Il
    gruppo rimase compatto fino ai milletrecento chilometri: poi,
    all'autogrill Pavesi, Borzignon chiese di poter andare un po' avanti
    per salutare i suoi a Cattolica. Pozzi e Girardoux diedero il permesso
    e Borzignon partì come un ossesso. Pochi minuti dopo nel gruppo
    cominciò a circolare la voce che Borzignon era di Pordenone. Pozzi
    urlò «Traditore!» e si lanciò all'inseguimento. Borzignon aveva già
    due ore e mezzo di vantaggio, ma in poche pedalate fu ripreso: venne
    ammonito e picchiato.
    Allora Girardoux cominciò a fare una gara tattica. Disse: «Beh, io
    vado a fare un giretto», e uscì a Rimini nord. Pozzi,
    preoccupatissimo,glisi pose alle calcagna.Girardoux,
    tranquillissimo, comprò un gelato e si mise a passeggiare sul
    lungomare. Pozzi e tre gregari lo seguirono pedalando sulla spiaggia.
    Poi Girardoux fece il bagno in moscone. Nel clan italiano tutti erano
    molto preoccupati per la mossa del francese. Girardoux fece sei
    partite a flipper, comprò alcune cartoline e andò a vedere i delfini.
    Uno dei Panozzo lo seguì strisciando sul bordo della piscina, un
    delfino saltò e ne fece un boccone. Alle otto e mezzo di sera il
    gruppo era a settecento chilometri di distanza, ma Girardoux non dava
    segni di impazienza. Pozzi invece era nervosissimo e ogni tanto
    sbuffava aprendo larghe voragini sulla strada. Alle dieci Girardoux si
    presentò al Mocambo e invitò a ballare una tedesca. Pozzi, nascosto
    dietro una palma, lo sorvegliava. Ballarono a lungo, poi Girardoux
    tentò uno stricco e prese una sberla. Allora invitò un'altra tedesca.
    Ballarono fino a mezzanotte. Il gruppo intanto era a trenta chilometri
    dal traguardo. A mezzanotte e mezzo Girardoux e la tedesca
    cominciarono a fare i gustini e Borzignon mugolò, eccitatissimo.
    All'una i due uscirono teneramente allacciati e si diressero verso
    l'albergo Mareverde. Pozzi li seguì e li vide entrare in camera mentre
    a Lisbona il gruppo entrava sulla dirittura d'arrivo. Girardoux si
    levò la maglietta e il berrettino: poi, mentre la tedesca andava in
    bagno, si tolse i pantaloni: si guardò un momento intorno e fulmineo
    trasse di tasca una bicicletta e partì come un fulmine dalla finestra.
    Pozzi urlò «Maledetto!», e si lanciò all'inseguimento.
    In pochi secondi, testa a testa, percorsero gli ottocento chilometri
    d'autostrada lasciando dietro di sé un sibilo acutissimo e un forte
    odore di polvere da sparo, e piombarono sul gruppo a duecento metri
    dall'arrivo. A questo punto nello stomaco di Girardoux il grande
    sforzo e il gelato riminese diedero luogo a una improvvisa reazione
    chimica; dalla bocca del francese uscì una colonna di fumo alta
    trentanove metri profumata al pistacchio, ed egli impallidì e si fermò
    a vomitare a due metri dal traguardo: Pozzi vinse con due secondi di
    vantaggio, e prese la maglia rosa. Girardoux crollò di schianto
    tagliando il traguardo con la lingua, che si era gonfiata fino a
    raggiungere le dimensioni di un materasso.
    Quella notte nel clan italiano ci fu una gran festa, e Pozzi offrì
    champagne a tutti. I giornali francesi uscirono in edizione
    straordinaria e Pozzi fu chiamato «L'aquila delle pianure», «Il falco
    da casello a casello», «L'angelo delle autostrade» e «L'esperta
    pantera». Nel clan francese ci furono quattro suicidi e due casi di
    asiatica. Il vecchio meccanico Rougeon, di ottantasette anni, che da
    ottantadue anni montava le biciclette della équipe transalpina, si
    avvicinò a Girardoux col viso stanco e rugoso solcato da grosse
    lacrime, e con la voce tremante per la commozione gli mise una mano
    sulla spalla, disse «Oh, Girou», e gli piantò un cacciavite multiplo
    tra gli occhi.
    Il vecchio patron Biroux radunò il suo staff e fu studiato un piano
    diabolico per la notte. Si sapeva che Pozzi era molto morigerato, ma
    che sotto sotto gli piacevano moltissimo due cose: le donne strabiche
    e i rusticani acerbi. Durante la notte sarebbe stata mandata nella
    camera di Pozzi una ballerina delle Folies Bergère, la famosa Isabelle
    la Strabique, con un canestro di rusticani. Pozzi sarebbe senz'altro
    stato stroncato dall'amore e da una colica. Il piano fu senz'altro
    approvato. Venne chiamata Isabelle la Strabique, che era una
    bellissima donna dai capelli rossi, figlia di una zingara polacca e di
    un concessionario Alfa Romeo di Mâcon. Era tanto strabica che la
    pallina nera, dall'occhio destro, si era spostata nel globo sinistro,
    e viceversa, cosicché aveva gli occhi perfettamente normali. Ma Pozzi,
    che era un intenditore non si sarebbe fatto certamente ingannare dalle
    apparenze. Isabelle venne davanti al patron, fece una bellissima danza
    zingara e chiese cosa si voleva da lei. Il patron glielo spiegò e
    Isabelle disse che lo avrebbe fatto volentieri per la Francia e per
    sei milioni. Nel dire ciò, spostò la pallina nera dal destro al
    sinistro e viceversa. Infatti quando parlava di soldi aveva spesso di
    questi strani fenomeni. Talvolta tutte e due le pupille finivano nello
    stesso occhio e sull'altro non restava che il bianco, oppure compariva
    una pubblicità della soda Perrier.
    Il gregario Barzac andò a rubare un canestro di rusticani acerbissimi
    da un contadino che lo impallinò a sale. Isabelle partì, vestita da
    contadinella col canestrino, e Girardoux tutto soddisfatto tornò nella
    sua camera.
    Ma, sorpresa delle sorprese, il clan italiano non era rimasto con le
    mani in mano, e nella camera Girardoux trovò una negra con la testa a
    pera e un cesto di bomboloni, le uniche due cose a cui non sapeva
    resistere. E subito si diede a un'orgia sfrenata. I compagni sentirono
    un rumore infernale provenire dalla camera del campione, ma pensarono
    che fosse un attacco di pavus nocturnus, a cui egli era soggetto, e si
    addormentarono.
    Intanto Isabelle si palesò davanti alla camera di Pozzi, dove stavano
    di guardia Borzignon e Panozzo, e li stroncò con due colpi di kung-fu,
    di cui era esperta. Indi si presentò in tutta la sua bellezza a Pozzi,
    che stava dormendo abbracciato a un orsacchiotto di pezza alto due
    metri, che era il suo giocattolo preferito fin dalla tenera infanzia.
    Pozzi si svegliò e i suoi occhi ebbero un bagliore: si avventò sui
    rusticani e solo sei ore dopo, sazio, si abbandonò sul letto fumando
    una sigaretta.
    La mattina dopo Girardoux si presentò alla partenza coperto di crema
    fino alla testa, e con le narici completamente otturate dallo
    zucchero. Pozzi invece fu legato alla bicicletta con quattro tiranti
    perché non stava nemmeno in piedi per i dolori alla pancia. La tappa
    era di tremila chilometri, e comprendeva tra l'altro la Maiella, le
    Ande, il Mac Kinley, il ghiacciaio dello Jungfrau, l'attraversamento
    del Gobi e un esame di cultura generale.
    Pozzi e Girardoux ai mille chilometri avevano sei giorni di
    svantaggio: ai duemila un mese e mezzo. Borzignon arrivò a New York
    primo, salutato da dieci milioni di persone entusiaste, vinse la tappa
    e il giro.
    Pozzi e Girardoux non arrivarono quell'anno, né quello dopo. Il terzo
    anno il cronometrista disse: «Vado a dire a casa che tardo», e sparì.
    I giornali ne parlarono per un po'. Qualcuno disse che i due avevano
    sbagliato strada, ed erano precipitati in un burrone vicino a Mosca.
    Altri ancora che avevano messo su una discoteca sulle montagne
    Abruzzesi ed erano falliti. Altri dissero che Pozzi era fuggito in
    America e viveva nelle fogne dove aveva fondato una setta segreta
    Voodo, e due portoricani asserirono di averlo visto apparire
    invecchiato e con una lunga barba, da un water di Manhattan. Girardoux
    invece aveva cambiato sesso a Casablanca ed era diventato una santa.
    Dopo qualche anno, però, nessuno si ricordò più di loro.
    Solo il vecchio meccanico di Girardoux, Rougeon, aspettò seduto sul
    bordo della strada altri nove anni il suo pupillo col cacciavite
    multiplo in mano, mirabile esempio di fedeltà. Dieci anni fa su quel
    punto della strada fu costruito un palazzo residenziale di nove piani.
    Dopo lunghe consultazioni, si decise di lasciare Rougeon al suo posto,
    e infatti, fino a tre anni fa, chi voleva vedere il meccanico di
    Girardoux, poteva andare al pianterreno del palazzo dove, protetto da
    una griglia di vetro, c'erano tre metri quadrati della vecchia strada
    e Rougeon seduto su un pilastrino. Finché, appunto tre anni fa, una
    mattina alle 8,30 Rougeon disse: «Beh, adesso mi sono rotto i
    coglioni», si alzò e se ne andò. Appena fuori dal palazzo finì sotto
    un autobus. Aveva cento quattordici anni.
    Uomini così non ce ne sono più. E neanche come Pozzi e Girardoux. Dio
    sa dove sono.

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