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Risultati da 1 a 3 di 3

Discussione: E' mancato oggi Massimo Bordin

  1. #1
    TCP Rider L'avatar di marmass
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    E' mancato oggi Massimo Bordin

    Credo che a moltissimi il nome non dirà niente, ma chi ascoltava la mattina la più obiettiva, completa e indipendente rassegna stampa della radio italiana sarà cosciente della portata della perdita. Stampa e regime su Radio Radicale, condotta da Massimo, è stata una finestra aperta sul mondo dell'informazione nazionale. In questi giorni in cui dei nani, per solo spirito di squallida vendetta e arroganza, stanno facendo chiudere Radio Radicale ed il suo libero servizio di informazione, voglio ricordare una generazione di giganti tra cui Massimo spiccava
    Ultima modifica di marmass; 18/04/2019 alle 14:52

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  3. #2
    TCP Rider L'avatar di Walter_il_Sardo
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    Stamattina mi sono insospettito quando non ho sentito la sua voce a Stampa e Regime. Adoravo le sue conversazioni con Pannella la domenica pomeriggio. Una grande perdita per il già derelitto panorama del giornalismo italiano, e temo un simbolico preludio alla vergognosa distruzione di Radio Radicale, ultimo vero presidio di libertà e pluralismo d' informazione.

    Ciao Massimo

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  4. #3
    TCP Rider Senior L'avatar di ABCDEF
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    IL TEMPO DI MORIRE. DI Mattia Feltri.

    Non c’è mai un tempo buono per morire, soprattutto se si muore in anticipo, come è toccato ieri a Massimo Bordin. Aveva sessantasette anni. Era la voce di Radio Radicale. Non c’è mai un tempo buono per morire, ma qualche volta ci si chiedeva a chi stesse parlando ancora Massimo Bordin, perché lui capiva il linguaggio dei potenti di oggi, nonostante non fosse il suo linguaggio, ma loro non potevano capire lui. E noi, fragile mondo di mezzo, ci eravamo aggrappati alla sua voce, al suo microfono, alla sua rassegna stampa mattutina, alle sue conversazioni con Marco Pannella come a uno sperone sullo strapiombo.

    Ma quanto potranno capire di tutto questo i potenti di oggi? Come si spiega a un Paese sperduto e digrignante, sentenziante, famelico di un abracadabra qualunque esso sia, che la vita è politica, e la vita e la politica sono una disastrosa complicazione, una ricerca affannata del pertugio giusto, un errore via l’altro, e non c’è soluzione magica, quella è illusione, roba da fattucchieri? Come glielo si spiega, ora che siamo uno di meno, e quell’uno aveva il calibro di Massimo Bordin? Eravamo aggrappati da decenni a lui, alla radio, a Marco Pannella, dagli anni della Prima Repubblica in cui schierarsi in politica era affiliazione fideistica - cioè per un sentimento anteriore e superiore alla ragione - al grande partito della Chiesa, la Dc, e alla grande Chiesa dei partiti, il Pci.

    Lui, la radio e Marco Pannella continuavano a frequentare una politica per cui nulla fosse anteriore e superiore alla ragione, e dunque una politica cosciente dei limiti e delle contraddizioni. Come si spiega a un Paese sperduto che cosa significa restare saldi nella precarietà del raziocinio?

    Massimo Bordin sapeva che l’eterno fascismo italiano è stato la rinuncia a usare la testa, tutti ad ascoltare i battiti del cuore e i sommovimenti della pancia, lasciar salire gli umori non oltre la bocca per un urlo da stadio, il tifo, la soluzione definitiva e salvifica dell’ultimo irrimediabile condottiero, a destra, a sinistra.
    Massimo Bordin sapeva che la libertà ha un piccolo cagionevole significato soltanto se è decidere per sé, se è l’esercizio della propria fallibilità, e dunque dissentiva, contestava, ironizzava anche davanti a Marco Pannella.
    Massimo Bordin sapeva, durante gli anni della Seconda repubblica, quando era indispensabile scegliere una parte o l’altra, di volta in volta, che il compromesso è sempre al ribasso e non è mai un cedimento ma un centimetro guadagnato, ed è l’essenza stessa della politica se rifiuta di essere autoritaria.

    Sapeva che la politica non è mai innamorarsi di un’idea, è semmai distaccarsene per valutarla meglio nel momento stesso in cui la si sposa. Sapeva che una società funziona soltanto se il più profondo dei convincimenti si arresta davanti alle barriere che l’uomo si è dato, ad argine dell’arroganza delle proprie verità, a tutela dunque di sé oltre che degli altri, e cioè le regole istituzionali, il rigore dei ruoli di Stato, l’autolimitazione quando si ha la responsabilità di tutti e non soltanto del proprio recinto politico. Sapeva che il consenso non è il fine unico della politica, perché la politica è la capacità di dire quello che si ritiene giusto e non quello che si ritiene gradito: quando il consenso diventa il fine unico della politica, la politica muore.

    Sapeva che l’eterno fascismo italiano è la rinuncia a usare la testa
    Sapeva che il diritto, inteso come amministrazione della giustizia, è filosofia, perché ricerca direttamente il cuore dei rapporti umani, arriva a definire l’inviolabile unicità dell’essere umano, anche quando è l’ultimo degli ultimi, cioè il più disprezzabile dei colpevoli, e pertanto il diritto non è mai vendicativo perché, quando produce vendetta, il diritto muore. Sapeva che la purezza è la voce dei folli, solamente la contaminazione è corroborante, incontrare l’avversario, tendergli il microfono, dargli fiato. Sapeva che tutto è così vano, inutile, e quel pochissimo di concreto su cui ci è dato di sostenerci poggia sulla memoria, sugli archivi, sui libri, su quello che è stato scritto e detto, su quanto l’uomo ha concepito nel disperato tentativo di aiutare l’uomo, e che l’uomo senza memoria è un uomo perduto nel suo vacuo delirio che non ha nulla su cui sostenersi.

    Sapeva, in definitiva, che la vita è politica, e la vita e la politica senza un’ambizione di cultura sono la rinuncia a essere uomini per partecipare alla storia degli uomini.

    Ma come si spiega tutto questo a chi pensa che tutto questo debba misurarsi con l’analisi costi benefici? Che Radio Radicale o si regge sulle sue gambe o chiude? Che sia una questione di mercato? In che lingua glielo si spiega ai nuovi potenti? Noi siamo rimasti aggrappati a Massimo Bordin, a Radio Radicale, a Marco Pannella per decenni, noi radicali, noi liberali di destra e di sinistra, noi socialisti libertari, noi cattolici liberali, noi atei devoti, noi repubblicani, noi laici, noi anarchici, noi poveri apolidi, noi alla ricerca di un posto dove sapere qualche cosa di più, e non di un riparo dove mettere in sicurezza l’ultima confortante ideuzza dell’occasionale maggioranza. Resteremo aggrappati ancora, finché la radio avrà voce, anche senza la voce di Massimo Bordin, non potremo dimenticare il debito che abbiamo nei confronti di Massimo e della radio, sarà un debito che potremo ripagare soltanto restando lì, ad ascoltare le voci finché ci saranno e ad ascoltare gli echi delle voci che non ci sono più.

    Non c’è mai un tempo buono per morire, e non è mai un tempo buono quello in cui si sopravvive. Massimo è morto, ma tanti vivi sono più esangui di lui.


    R.I.P.

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