In questi giorni, quatto quatto, grazie alla gentilezza dei concessionari (Cesari e Motauto) mi sono accattato due moto della concorrenza (per altrettanti pomeriggi) e me le sono godute e testate per bene.
Devo subito comunicarvi che queste due moto sono uno sballo, vanno benissimo e nella propria categoria (600-750 e 800-1000) svettano di brutto.
Iniziamo dalla “piccola” Aprilia Tuareg 660 (con il virgolettato perché le dimensioni non differiscono troppo tra una moto e l’altra, e ci metto pure dentro la mia Tiger 900 GT Pro).
L’ho provata con la sella bassa, accessorio originale Aprilia, montato per l’occasione dalla stessa concessionaria prima di darmi le chiavi (me l’ha addirittura “sballata” per me).
È una moto più votata all’enduro rispetto alla mia GT, e con il 21” davanti se non hai la sella regolabile (e non sei alto almeno 1,80) devi quasi obbligatoriamente montare la sella a “misura”.
Risolto il problema (non secondario) del toccare con i piedi a terra con sicurezza, sono partito per una nuova avventura.
Avevo dalla mia la conoscenza PERFETTA della zona (collinare), in quanto ho mosso i miei primi passi motociclistici proprio in questa zona (Bologna est, sud/est).
Ho quindi imbroccato le mie stradine preferite, ed ho pertanto potuto testare al meglio le qualità SOPRAFFINE del gioiellino di Noale.
Cilcistica, freni, telaio, sospensioni sono decisamente al top (un gradino sopra la mia Tiger, nonostante le “prestigiose” pinze anteriori Stylema e le “rinomate” sospensioni Marzocchi), il motore è molto in palla, ma è ovvio che (nella configurazione di serie) non può competere con il tre cilindri T-Plane (addirittura rivisto e corretto alla spagnola), anche se è doveroso aggiungere che il 660cc italiano si mangia di traverso qualsiasi altro motore della stessa categoria con cilindrata inferiore ai 750cc.
Deriva dal poderoso 660 RS, e sapendo che ce ne sarebbe ancora tanto, verrebbe voglia di riprovarla in configurazione full power.
Ottimo anche il cambio, la relativa frizione e pure la spaziatura dei rapporti.
Si sta bene in sella, tutto è a portata di mano e le vibrazioni sono contenutissime.
Last but not least, calore percepito ridottissimo (mi sembrava di guidare la Tiger Sport 1050 o la Tracer 9).
C’è poco da aggiungere, Aprilia ha fatto davvero un gran bel lavoro, e se montasse un propulsore con la potenza della sorella Tuono, la nostra 900 Rally suderebbe le classiche sette camicie per starle alla pari (forse non ci riuscirebbe nemmeno).
Quello che fai con la Tiger 900, lo fai anche con la Aprilia, a parte quel piccolo gap di potenza che riesce ed esaltare l’inglese.
Difetti?
Beh, le finiture non sono certo a livello di quelle Triumph, la strumentazione è un pochettino troppo piccola (essendo abituato alla TV satellitare che monta la Tiger) e non è molto ricca di informazioni (ma il contagiri si legge), e pur disponendo di una elettronica di prim’ordine, manca del dispositivo di ritorno automatico degli indicatori di direzione (ma ha il Cruise Control di serie).
Non c’è molto altro da aggiungere….
Ha una valanga di accessori originali tra cui scegliere, compreso il cavalletto centrale e parecchie “cianfrusaglie” di abbellimento.
Grande moto, anzi grandissima moto, e basterebbero 20 cavalli in più per “sderenare” il mercato delle enduro fino a 850cc.
Costa meno di 12000€, e (a parte il faro anteriore) è anche una gran bella moto.
C’è da farci un serio pensierino….
Passiamo ora alla KTM Adventure 890.
Tutto ciò che ho scritto fino ad ora per la Aprilia, potrei riscriverlo quasi in toto per la poderosa austriaca, che, a differenza della Aprilia, oltre ad avere tutte le carte in regola per primeggiare in ogni settore, ha su un motore da paVura (Giacobazzi Mode ON).
Ai bassissimi regimi tira come il GS1250, ai medi spinge come la Brutale 800 (molto di più della Tiger 900 GT, anche “spagnolizzata”), e agli alti (fino a quasi 10000 giri) si difende contro bestie tipo la Tracer 9 e la stessa Brutale 800.
Mi limito a citare moto della stessa cilindrata, ma svernicia di brutto anche moto di cilindrata superiore ai 1000cc, tipo l’Africa Twin 1100 e la V-Strom 1050.
Non ce n’è per nessuno, il motore si incattivisce parecchio e diventa persino ignorante (tipo la prima MT-09).
Per il resto, come già scritto sopra, siamo al top (ma stavolta al top dei top) per quanto riguarda ciclistica, freni, telaio, sospensioni (WP), cambio, frizione, posizione di guida (più improntata, rispetto anche all’Aprila, per affrontare del fuoristrada vero).
Stesso discorso della Aprilia per quanto riguarda le finiture (inferiori rispetto a quelle Triumph, ma credo sia praticamente impossibile eguagliarle), ma la strumentazione è molto più grande della media (sta tra l’Aprilia e quella della Tiger) e ben leggibile, e fornisce tutte le informazioni necessarie (senza ridondanze di dati), con il contagiri ancor più facile da interpretare.
Vibrazioni contenutissime, Cruise Control (anche qui di serie) e sella del pilota regolabile su due posizioni (ovviamente ho utilizzato quella più bassa).
Due difetti però ce li ha (a parte la linea che può piacere e non piacere, visto che il particolare serbatoio basso forma due “testicoli testicolarum” a cui bisogna farci l’abitudine, o più semplicemente ricoprirli con particolari paratie in carbonio, tralaltro molto belle, attingendo dal ricchissimo catalogo accessori, che in gergo KTM si chiamano PowerParts).
Il primo difetto è arcinoto agli addetti al settore (e non), e cioè il calore generato dal motore che spara fuori aria caldissima (in maggior parte) verso il martoriato stinco sinistro, il secondo difetto è solo “uditivo”, e cioè la percezione di un “tatanagliamento” ai regimi molto bassi (stranamente molto simile a quello della Tiger 1200 col T-Plane), che allo stesso modo sparisce appena si raggiungono i regimi di normale utilizzo.
Ci sarebbe anche un terzo difetto, che la accomuna alla Aprilia Tuareg, e cioè la mancanza del ritorno automatico degli indicatori di direzione.
Essendo abituato da tempo ad avere questa (utile) frocieria, ho lasciato le frecce accese per chilometri e chilometri, anche in città.
La moto mi è stata consegnata dall’altra parte di Bologna, per cui la curva delle Orfanelle verso il Santuario di San Luca è diventato un obbligo irrinunciabile, così come tutte le stradine in collina intorno a Montalbano, Paderno e via discorrendo.
Esame, inutile nemmeno dirlo, passato a pieni voti.
La moto in prova era dotata del TechPack, che aggiunge una marea di funzioni elettroniche (compreso il Quickshifter a due vie), che la pongono davvero ai vertici di categoria (ma in questo caso assoluta).
Moto eccezionale, oserei dire da urlo, e costa poco più di 14000€ (+849€ dell’imprescindibile TechPack).
Può non piacere come linea (è decisamente “dimessa” se affiancata alla signorile Tiger 900 GT Pro), ma ha una superiorità tecnica globale disarmante.
Note comuni….
Entrambe le moto sono più leggere della già leggerissima Tiger 900, e nonostante le ruote anteriori da 21” risultano più maneggevoli e più stabili della Triumph (che “soffre” molto la bislacca misura della gommatura anteriore, e soprattutto la pochezza qualitativa dei pneumatici di serie).
Sono moto parecchio “fortunate” perché hanno SOLO due cilindri (altrimenti nel mio garage non ci sarebbe sicuramente entrata la Tiger 900, nonostante abbia il ritorno automatico degli indicatori di direzione)….
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