Poliedrica e con un look che la distingue da tutte le altre. E' modaiola, ma non si tira indietro se c’è da infangarsi e si ispira alle dirt-track: così la Mulhacén (dal nome della montagna più alta di Spagna) proietta la Casa spagnola nelle medie cilindrate. Il prezzo non è basso per una monocilindrica, ma la qualità dei componenti lo giustifica: costa 7.700 euro chiavi in mano
Vista dal vivo ci si rende subito conto di quanto sia compatta. La Casa dichiara un interasse contenuto in soli 1.385 mm, promessa di grande agilità.
Una volta in sella si scopre un’ergonomia eccellente.
Le gambe trovano spazio nelle ampie svasature del serbatoio e le braccia si distendono il giusto per afferrare il largo manubrio senza dover inclinare eccessivamente il busto. Una posizione del tutto naturale che non ci affaticherà nemmeno al termine di una intera giornata passata a macinar chilometri.
Si nota subito una certa cura per il dettaglio e la componentistica di livello elevato. La Mulhacén 659 non è una moto cheap.
Il motore è lo stranoto Yamaha-Minarelli 660 con tutti i pregi e i difetti che gìà conosciamo: è robusto e ricco di coppia a partire da 4.000 giri, ma ha un carattere poco coinvolgente e vibra agli alti regimi. Lineare su tutto l’arco d’erogazione, mostra una certa irregolarità solo tra i 2.500 ed i 3.000 giri. A dirla tutta, ci saremmo aspettati un sound più “cattivo” e una rapportatura finale un po’ più corta.
L’alimentazione è a iniezione elettronica, con corpo farfallato da 44 mm, lo scarico invece è totalmente in acciaio inox e ingloba al suo interno il catalizzatore. La capacità del serbatoio di 12 litri garantisce un’autonomia di quasi 200 km.
L’accentramento delle masse e lo scarso sviluppo in altezza riducono il beccheggio (ovvero poco trasferimento di carico in accelerazione e frenata). Ciò permette di avere sospensioni morbide quanto basta per filtrare bene le asperità a tutto vantaggio del comfort e della guida (anche off-road), senza intaccare la precisione quando si alza il ritmo tra i tornanti.
Davanti spicca una bella forcella Marzocchi a steli rovesciati da 43 mm di aspetto racing. Un po’ sfrenata in compressione, è priva di regolazioni. Posteriormente c’è un monoammortizzatore Sachs (con regolazione del precarico molla e dell’idraulica in estensione) montato lateralmente e con l’interposizione di leveraggi. Imponente il forcellone monolitico, realizzato per fusione in conchiglia, mentre il telaio è una struttura tubolare in acciaio altoresistenziale.
I freni utilizzano dischi Braking; per pompe e pinze si è scelto Brembo. L’impianto anteriore vede l’impiego di pompa e pinza radiali: l’impatto estetico racing è assicurato e con poco sforzo alla leva si ottiene una frenata molto potente, ma altrettanto modulabile.
Infine un appunto: nelle manovre in città e in spazi angusti affiora il limite di un raggio di sterzata ampio, ma il peso ridotto (162 kg dichiarati) e la sella bassa sopperiscono in parte a questo deficit.
Si ispira alle moto da dirt-track. Ma è alla moda e originale