
Originariamente Scritto da
Natt
"Room Service !"
Aspetto qualche momento, a dir poco scocciato per l'orario (era tardi per un room service!), aspetto.
Io sono emaciato dalla tirata di ore giornaliere, sudato come pochi, sudato fino nell'anima, con un colpo di mano m'aggiusto la divisa, fradicia, sopratutto lei.
Sulla gola della camicia sento umido, è il nodo della cravatta impregnato dalle ennesime fatiche giornaliere, mi vedo da lontano riflesso sul lustro specchio del corridoio, ordinariamente mi sento un ragazzo bellino, ma stasera mi leggo sul volto la tortura del turno spezzato, e mi vedo brutto come pochi, sciupato.
A quel punto apre la porta.
Il buona sera va in automatico, la bocca parla da sola.
Poi incrocio i suoi occhi azzurri congelati, quel viso che (senza togliere niente alle nostre ragazze italiane) solo sua madre, la patria Russia, poteva donargli.
Perfetta, candida e come è scontato celestiale, con le labbra rosa tenue e di una carnosità, sinuosità così naturale che stento a ricordarne di simili.
Se ne sta in piedi, e poi fa largo al carrello imbandito di primizie, non a me, al carrello imbandito di primizie.
Comunque penetro nella stanza come un rasoio, taglio un'intimità nella quale mai sarei potuto accedere, e mi sento per un secondo così ricco e così misero.
In frazioni di secondo avanzo e osservo tutto, lo smalto sulle unghie è rosso, il suo corpo, bello, aggraziato, giovane d'appena 20 anni, è coperto d'una veste da sera leggerissima, bianca come la carne sotto.
Fa due passi e mi porge la schiena, prilla lentamente su se stessa e in quel secondo vedo di profilo la fertile sinuosità perfetta del suo sedere.
Sussurra qualcosa in lingua russa, non capisco e proseguo nella camera dove vuole che sia depositato il suo prossimo banchetto.
E' in quel momento che mi sento diventato così ridicolo, e pure basso del mio metro e ottanta, quando costretto al sorriso saluto il suo uomo.
Quello con cui passa e forse passerà la sua vita, tutta.
Da sotto le coperte saluta lo schifoso, è arrivato il pasto e il porco è allegro.
Lo vedo e non riesco a distogliergli gli occhi di dosso, da quel suo corpo grasso e grosso e caduco, fortunatamente ricoperto dalle lenzuola.
Lo fisso e mi viene in mente Jabba, cui somiglia molto.
A occhio e croce lo colloco immediatamente tra i 55 e i 60 anni.
Di sicuro non è brutto per colpa della sua età, il volto tende a profilarsi verso un punto centrale e astratto, proprio tra la bocca e il naso, tutto e proteso verso quel punto, come una tenda da circo.
Il naso grosso si sforza e si deforma verso la bocca, la bocca grossa e volgare come quella che attribuiremmo ad un lama, si sforza e si deforma verso il naso.
Il cranio largo come quello di un bisonte e schiacciato, lo si farebbe una maschera da carnevale se non fosse vivo e di fronte a me, ma son sicuro che è lui che paga la camera, le oltre 700 euro a notte, che paga il room service.
Comprendo la situazione.
Apro le ali del carrello, do il buon appetito, guardo e saluto Jabba, ricambia con il gesto della mano, guardo lei, grato fuori, ancor più abbattuto di prima dentro, e mi ringrazia come se fossi un cameriere, come fossi un cameriere; e grazie a Dio si sia evitata la mancia, la mancia no. Me ne vado.
Comprendo la situazione.
Avvilito, torno nel branco, che si dimostra disinibito, abituato al punto di essere disinteressato.
Finisco i miei lavori e nell'aprire le porte basculanti che mi collegano alla sala, nel mio fuori e dentro, pigio con violenza l'avanbraccio sul bordo d'ottone, colpisco con violenza e vorrei spezzarmelo l'avanbraccio.
Forse non mi ci abituerò mai, a questa gerarchia economica, a questa vita.
Forse sono io che purtroppo mi porto sulla schiena la croce dell'eccessiva sensibilità, ma questi sono stati cinque minuti della mia serata, queste, dicono, sono cose normali, "buon per lui" dicono, e io mi sento dieci volte più stanco e dieci volte più febbrile.