Dagli Appennini alle...onde
Quando il sole lentamente cala il suo sipario sulla giornata festiva è il momento di lasciare spazio al ruggito dei motori dei veicoli ed imboccare, senza indugio alcuno, la via del ritorno. La S.S. 45, come un serpente all'apparire del primo sole estivo, diventa il pericolo da cui prendere le misure: mai sottovalutarne il suo lento scorrere e le sue trame oscure ed impreviste, mai scordarsi che il rettile di cemento è un'insidia latente e talvolta sorprendente anche per chi crede di conoscerne ogni segreto ed ogni palmo.
La stanchezza e la troppa sicurezza insieme alla malavoglia del ritorno alla città sono sempre cattive amicizie da cui diffidare e da cui stare alla larga; il ripudio dell'imminente feriale in arrivo, il grigio pensiero da cui non lasciarsi imbrigliare e sopprimere.
L'aria fresca della sera ha il potere di congelare i tristi pensieri, il contorno d'altri cento motori canterini sono la miglior terapia d'urto per risvegliare e mettere in all'erta chi tende a lasciarsi andare alla distrazione delle mille divagazioni della mente senza più porre attenzione alla guida. Più t'allontani dai monti e più il mare s'avvicina riprendi coscienza e la mente lentamente torna a navigare mari più equilibrati, più le prime ombre della sera prendono il posto della luce il cuore lascia spazio alla ragione ed il senti¬mento inizia a ripiegare in un cantuccio.
Ancora una volta, appena ritrovato, il paradiso già lascia spazio al purgatorio, ancora una volta il dovere vince ai punti sul piacere, ancora una volta il Valtrebbino chiude la sua parentesi, ancora una volta e chissà per quante altre volte ancora, la breve pausa fatta di porte aperte e di vita a tutto cuore, segna una nuova interruzione.
Dagli Appennini alle... onde, parafrasando un antico titolo, dai monti al mare, dal cuore alla ragione e all'esigenza della razionalità che il vivere richiede.
Forse questa strada tutta curve e pericoli è fatta proprio per dare un significato più grande ed un valore più profondo alla nostra terra, forse la soglia d'attenzione che ogni volta c'impegna alla guida altro non è se non il riconoscimento più significativo del valore dei nostri luoghi amati.
Come in processione silenziosa, i figli dei monti e del fiume puntano il mare sapendo che dopo una settimana di lavoro la processione si farà chiassosamente allegra sulla via di un nuovo respiro tra le antiche mura, come peccatori in penitenza, assorti e mesti, i Valtrebbini incrociano sul loro cammino roboanti motociclette che s'inerpicano nella Valle per lanciarsi poi verso la pianura dell'Emilia e della Lombardia. Ogni due ruote incontrate sulla via è sempre un colpo al cuore, ogni curva è sempre un tonfo ed un sospiro, ogni viso coperto dal casco è un mare in burrasca, ogni colpo non dato sul pedale dell'acceleratore è un passo in avanti verso la cima del monte chiamato vita.
All'andata come al ritorno, la prudenza deve essere la figlia prediletta della vita, all'andata come al ritorno è indispensabile che non si aggiungano altri mazzi di fiori ai tanti, già presenti, sulla nostra strada. Verso i monti o verso il mare tutto ha significato solo se la vita umana è la sola concorrente a salire sul podio del vincitore.
Nessun monito e nessuna preghiera, nessun consiglio e nessun insegnamento, troppe parole sono già state spese e purtroppo spesso vengono scordate, un solo urlo mi viene spontaneo dal profondo del cuore: la vita è adesso. Amiamola davvero in ogni circostanza, amiamola un po' di più quando siamo alla guida.
Giampiero Zanardi
(Questo articolo è stato tratto dal N° 36 del 23/10/08 del settimanale "La Trebbia")