Avrebbero dovuto brevettarla in qualsiasi modo, questa sfida a Londra tra Brasile e Italia, ma non con il nome di amichevole, almeno per onore di verità. Lasciamo perdere anche esibizione, perché quasi Marcello Lippi s’arrabbia: «Le esibizioni si fanno al circo - ribatte subito il ct - qui invece ci saranno 65.000 spettatori e l’attenzione di tutto il pianeta. E miliardi di motivazioni: sarà una partita di calcio vera». L’etichetta migliore, allora, l’ha appiccicata Paolo Roberto Falcao, «il derby del mondo». Lippi annuisce e la sottoscrive: «È una bella definizione che mi piace molto, ormai ci sono derby ovunque, nel calcio. E un po’ è vero: di fronte ci sono le due squadre più titolate: loro cinque mondiali, noi quattro».
La pensano così pure dall’altra metà del campo: «Non può essere un’amichevole - aveva detto Ronaldinho poco prima con il solito sorrisone - ma è una partita bellissima, la più importante del mondo». Poi, d’accordo, dentro a quello scatolone rosso che è la fodera dell’Emirates Stadium, ci si trova pure per affari (un milione di euro a squadra, please), ma quest’incrocio si trascina sempre dietro emozioni, ricordi, fotogrammi che hanno segnato epoche: la finale di Messico ’70 e il volo tra le nuvole di Pelè, la sfida spagnola dell’82 e la tripletta di Rossi, Pasadena ’94 e il rigore di Baggio alla luna. Per questo Brasile-Italia è la partita cui dare un’occhiata anche se di pallone non te ne frega nulla, un incrocio che ha diviso la memoria di generazioni.
Allora, dà spazio alle emozioni anche Lippi, e al diavolo gli schemi, i moduli, le diagonali, ce ne sarà tempo più tardi, sul prato e nella sacrestia degli spogliatoi: «Per me - racconta - questa partita è una grandissima novità, perché non ho mai giocato contro il Brasile, o una squadra brasiliana. Loro sono i più titolati, noi i titolati più freschi». E fa la sua differenza, come essersi guadagnati il visto per presentarsi davanti ai migliori, con le carte in regola: «Perché il Brasile, per tutti quelli che amano questo sport è sempre stato il calcio». Brutalmente, i più forti: «Come qualità tecniche - ribadisce Lippi con forza - la più forte del mondo, in assoluto». Anche per questo stasera in campo ci saranno molti eroi di Berlino, arruolati anche se nei club (Juventus) erano ammaccati e assenti da tempo, come Iaquinta e Camoranesi: «Qui ci sono tanti giocatori che si sono guadagnati questa partita, perché arrivarci da campioni del mondo è un’altra cosa». Non ti trovi qui per caso, insomma. Più che due squadra, si confrontano due modi di pilotare il pallone, quasi due filosofie, affinati nei decenni e levigate da talento, successi e tragiche sconfitte: «Le Nazionali mantengono le proprie tradizioni - spiega il ct azzurro - ma poi, per esempio, i tanti brasiliani in giro per l’Europa, o gli allenatori, cambiano un po’ le cose. Mi viene in mente Italia-Brasile dell’82: ormai loro non sono più quella squadra che va tutta all’attacco».
Anche gli azzurri hanno subito l’evoluzione della specie, e strappato il bollino del catenaccio: «Neppure l’Italia è quella di anni fa, ma un po’ più spregiudicata». E concentrata, tanto che Lippi ha solo rimorsi per avere il campionato addosso: «L’unico rammarico è di dover giocare a sole 48 ore dalle partite di domenica, per il resto non mi dispiaccio di nulla». Nemmeno la polemica per l’estradizione di Cesare Battisti e le richieste di annullare il duello: «Direi di parlare di calcio, di quello se ne occupino quelli deputati a farlo». Lui si preoccupa di una partita non banale: «Immaginate che iniezione di fiducia sarebbe vincere con il Brasile». L’etichetta della sfida si sbiadisce solo nelle parole di Baptista: «È una partita importante, ma lo sarà di più quella che giocherò qui tra due settimane, Arsenal-Roma». Lo corregge Cannavaro, uno che Italia-Brasile l’ha già giocata: «La partita che uno sogna fin da bambino». E un sogno mica può chiamarsi amichevole.
CHE DIRE....FORZA AZZURRI !!!!!!!!!!!!!!!!!!!