fattìlli abbummare cu dui tumpuluni:biggrin3:
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un saluto alla pregiata donzella e all'aitante Arma...
gli altri nun contano...:rolleyes::laugh2:
in onore del mio Turin che giuoca questa sera...
la mia composizion affatto lieve e austera
salut
IL GIORNO CHE SCESERO DA SUPERGA...
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blandir facendomi da compagna musa…
onorato alquanto se poi di me abusa
librar pindarico come rapace in volo
fantasticar di gnocca di ragu' e di TORO
l'arar tenace in mezzo agli altrui campi
esposto ignudo ma procace ai lampi
lo giusto guidardone come companatico
il dolce nettare e' certo.. .mi sara' omeopatico....
un rosso…grasso polposo forse fin troppo granata
spesso denso tenace …VINO di grande annata
al cui cospetto il beveraggio del gobbaccio dirimpetto
da corto figurante si sustanzia come pallido Dolcetto
pensieri indotti da Barolo ………………. Vieppiu’ fatati rotondi vellutati
mi riconducon teneri struggenti agli INDIMENTICATI
e’un bisogno innocente vivo intenso incipiente
come un tuono repente che seduce la mente
e sia
rapito da romantica fascinazione ecco… la lieve apparizione…
da’ colore all’incarnato sedimento INGENERATO
e’ allora che li ho veduti … i miei campioni eterni
calare da lontano tenendosi per mano
dalla volta del cielo sgorgati
da purpureo baleno annunciati
di vessillo granata ammantati
del prestigio dei MITI frangiati
col sudore di mille lacrime dai piu’ colori incerti
sgorgate candide e copiose dai reperti
veementi sbaragliarono scoscesi aspri sentieri
il passo sciolto e forte gli sguardi intensi in fieri
vennero ordunque e
sgominarono Superga i profili dei virtuosi
piu’ veloci dei raggi del sole
un’armata di astri impetuosi
che la vampa la fiamma il calore
connoti con forza e litore
designi con giusta tensione
in Essi e trazione e torsione
discosti in maratona al loro seggio disposti a rimirar ogni fraseggio
la speme di mirar l’arte granata si’ pregna favorita ed immutata
macche’
la realta’ assai amara esorbito’ immanente
pascolano sbilenchi in gregge soavemente
esangui pencolanti… vinti e pur boriosi
novelli pedatori pasciuti sonnacchiosi
che fu di quell’eminente TREMENDISMO
quel germogliar veemenza bradisismo
innanzi al frigido sterile bullismo
dell’emblema del nuovo torinismo
a lungo ... TRISTI gli INVINCIBILI meditarono
stoicamente poSCIA cheti si prostrarono
scorgendo dalla levita' DEI campestri disegni
del declino granata e LO STIGMA ed i segni
messaggeri d’amore dal cuore di tigre
tornarono in alto tra le nuvole pigre
tra le morbide guance della notte splendente
come piccoli frugoli piansero languidamente
giacche’ mutilata e’ speme e dimidiato e’ seme
se il musico e’ perduto smarrito ha lo spartito
o se ingenuamente ancor non ha intuito
che la maglia del torino e’ una seconda pelle
dal dorso non si stacca ha tempra da ribelle
non e’ vecchio tessuto consunto un po’ vissuto
incarna una poesia e’ fiaba ed e’ magia
come una barbatella ….. di vite la piu’ bella
vuole fatica e terra
non lesinar sudore
chiede passione
cuore…
una parola
……………… amore
4 MAGGIO 1949
Io gliel' avevo chiesto tante volte a mio padre, ma l'avevo già notato: quello che non è concesso ai figli, i nipoti lo ottengono; perchè i nonni hanno con loro il cuore tenero.
Se a me aveva sempre risposto con un "ma si, lascia stare" o con "un giorno forse.." a mio figlio ha ceduto, il nipote granata cui tutto è concesso.
Così sabato a cena è successo.
Alla domanda: "Nonno ma tu cosa stavi facendo, dov'eri quel giorno?" mio padre ha raccontato, a cena finita.
Ed è stato commovente più di un film in tv.
Mio padre lavorava da mezzadro appena fuori Ivrea ed accudiva tre mucche.
"Avevo 16 anni, in quel 1949, e mio fratello 19.
Ed ero contento, perchè il tempo era piovoso e dovevo stare nella stalla in pratica a far niente.. e leggevo.
Ogni tanto tiravo fuori le figurine ripassate col colore di Grezar e Gabetto e guardavo quelle facce pulite, i miei eroi di ragazzino.
Dalla porta spalancata vidi mio fratello Gianni arrivare con la bici piu' forte del solito giù dalla discesa che conduceva al cascinale, in una nuvola di pioggia.
Era solito scendere al volo dalla bicicletta sgangherata, ma quella volta lo fece ancora più con irruenza.
Entrò di corsa nella stalla urlando come un matto: "son tutti morti , Giorgino mio: tutti, tutti morti...."
Le lacrime non c'erano ancora sul suo volto, e io pensai a papà e mamma e ai miei fratelli.
"Ma cosa stai dicendo Gianni, cosa stai dicendo," gli urlai sulla faccia...
"Valentino, Baciga, Loik.... tutti morti, è caduto l'aereo, Giorgino, sono morti tutti.."
Avevo in mano la bacchetta per le mucche e non so perchè , glie la diedi su un braccio, abbastanza forte.
Lui era piu grande e qualche volta uno schiaffo me lo mollava, ma io mai avrei osato colpirlo, prima!
"tu sei pazzo replicai , tu non puoi fare questi scherzi di merda, Gianni, io ti ammazzo..."
ma di colpo mentre lo fissavo pieno di rabbia, vidi i suoi occhi allagarsi e capii.
Lui singhiozzava e parlava così male...le sue parole erano deformate dal pianto a dirotto in una parlata grottesca, e tutto cio' che riuscivo a capire era "non si è salvato nessuno, Giorgio, non si è salvato nessuno...."
Io rimasi di pietra, poi misi la mia fronte sul suo mento e di fronte uno all'altro piangemmo così per lunghi interminabili minuti.
"Ora vado Giò, devo aiutare il babbo a casa, anche lui è distrutto,disse ripassandosi cento volte il fazzoletto sul viso, la radio parla solo di quello e anche la mamma che non capisce di pallone, piange anche lei, piangono tutti, anche Piero, il vicino gobbo, piange anche lui"
La mucca Mariuccia (avevo dato un nome ad ognuna) una pezzata bianca e nera, mi guardava con quell'aria indifferebte mentre rimasticava il fieno: mi venne voglia di romperle la verga a bastonate sulla schiena mentre mio fratello mi baciò e fece per andarsene senza salutarmi, tanti erano i singhiozzi.
Lei era quella che non mi ubbidiva mai, ma non potevo sfogare la mia frustrazione su di lei, cosi' rimisi a posto tutto, e mi sedetti, disperato e solo su una balla di fieno fissando il pavimento.
Dopo una decina di minuti, arrivò il padrone della cascina e mi disse: "vai ragazzo, vai pure a casa, lo finisco io il tuo lavoro oggi, vai tranquillo".
Eravamo abituati a soffrire, la guerra con le sue ferite, era cosa fresca, ma quella sera mia madre dovette dare il latte e il pane alle bestie, perchè nessuno mangiò, e lei si sentiva in colpa, non mangiò neppure lei, mentre mio padre le ripeteva che non era il caso.
Per molti giorni tutti credemmo di vivere in un incubo e non ci volevamo credere, ma le foto dei funerali e la radio, sempre, ci riportavano alla realtà: il grande Torino non c'era più.
E quel dolore nel petto ce lo portammo per molto molto tempo, anzi, ce n'è un poco ancora adesso in fondo al mio cuore".
- "Va bè, adesso basta, cosa sono sti musi lunghi....sono vecchio, ma voglio vedere il toro tornare in A, voglio festeggiare col mio unico nipote, se non sarà quest'anno sarà il prossimo ma sempre forza toro vero bocia?"
- "sempre FORZA TORO E JUVEMERDA nonno!!!!"
Mia madre: - "EEEEEHHHHH!!!!!"
- "Dai bocia, lo sai che la nonna non vuole le parolacce.... " e sottovoce nell'orecchio di mio figlio: "Si si iuvemerda, ih ih ih....ehm...shhhh!!!"
Eh, si sa, dopo una certa età si torna un po' bambini.....
Di Sergio, "cienfuegos" su ToroNews
da piccoli mio padre ci portava spesso a superga,per noi era come andare in gita,non avevamo l'auto e con il tram si arrivava fino al capolinea della dentiera,poi una volta su si rendeva omaggio alla squadra e qualche volta anche ai savoia.
non sono mai piu' salito senza mio padre