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Mettiamola così, senza entrare nelle definizioni della teoria economica, che parla di solito di esternalità...
Il progresso tecnico porta all’obsolescenza delle conoscenze e dell’utilità conseguente di una certa percentuale di forza lavoro.
Se questa percentuale è abbastanza piccola, o se la transizione abbastanza lenta da permetterne la riallocazione, anche in funzione del gap culturale relativo o delle capacità di riempirlo, tutto bene, se no si crea una quantità di forza lavoro inutilizzabile e, di conseguenza un problema sociale.<<Problema che può essere affrontato oppure no, e che nel caso sia affrontato, può esserlo in diversi modi.
<<ora, questa transizione rischia di essere la più “disruptive” e la più veloce della storia, e ritengo bisogni tenerne conto, sapendo che la domanda non è infinita, che la vita media è lunga, che ci sono vincoli economici e organizzativi, oltre che legali, che non possono essere ignorati e/o sottovalutati.
In aggiunta a questo e, a differenza di quanto successo nelle precedenti “rivoluzioni industriali” , siamo in un mondo globalizzato che mette a confronto rapidamente e facilmente diverse situazioni sociali-politiche-economiche di diversi continenti.
Non so se ho stato spiegato: voglio dire, in poche ma sentite parole, che a farla semplice son capaci tutti, ma che semplice non è