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ROMA
L’appuntamento in commissione Giustizia della Camera è per le 14. La folla di cronisti attende quello che da giorni viene definito "il momento della verità": quando il governo dà il parere sugli emendamenti.
In particolare tutti vogliono sapere quello che il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo dirà dei cinque emendamenti presentati al ddl intercettazioni da Giulia Bongiorno, presidente della commissione e relatrice del testo. Emendamenti che di fatto si integrano con i sei firmati dai capigruppo di Pdl e Lega in commissione, Enrico Costa e Matteo Brigandì, ma che toccano alcuni dei punti più caldi del provvedimento come le intercettazioni ambientali e le sanzioni agli editori. Caliendo però è in ritardo e quando arriva, trafelato e accaldato, spiazza tutti: il governo, dice, ha bisogno di più tempo per esaminare le oltre 600 proposte di modifica depositate, pertanto chiede un rinvio di 48 ore.
Fin qui la cronaca. La vera ragione che avrebbe spinto il governo a rallentare i tempi, si spiega, sarebbe il tentativo di trovare la "quadra". Una volta per tutte. Obiettivo: puntare a un’integrazione tra gli emendamenti di Costa e quelli della Bongiorno per rendere il testo il più "potabile" possibile per il Quirinale. La vera partita, infatti, i berlusconiani continuerebbero a giocarla non solo con i finiani, ma anche - in prospettiva - con il Colle. In un momento così complesso per la politica, con le inchieste che incombono e con ministri e sottosegretari che si dimettono, almeno il capitolo "intercettazioni" si cercherà di chiuderlo nel modo più indolore possibile. Nell’opposizione si sperava che il rinvio fosse in realtà il primo di una lunga serie che avrebbe portato poi all’abbandono progressivo del testo su «un binario morto».
Non si esclude, infatti che il governo possa formulare nuovi emendamenti che raccolgano non solo le istanze dei finiani, ma anche alcuni suggerimenti dell’opposizione. Senza contare lo studio di alcune questioni di inammissibilità che potrebbero riguardare sia gli emendamenti della Bongiorno, sia quelli di Costa. In più, si osserva ancora nel Pdl, è meglio che si affronti il tema intercettazioni a dimissioni di Nicola Cosentino avvenute («una miccia in meno che brucia»). La decisione di Fini di calendarizzare la mozione in Aula nonostante il "no" dei capigruppo di Pdl e Lega, Fabrizio Cicchitto e Marco Reguzzoni, non aveva contribuito esattamente a rasserenare il clima.
tratto da laStampa non Repubblica
http://www.lastampa.it/redazione/cms...6723girata.asp