E’ come se domani ci svegliassimo e non trovassimo più l’arcipelago delle Eolie. Un paradiso naturale, patrimonio dell’Unesco, sparito per sempre. E non ci fossero più Capri, Ischia e l’Asinara. Di botto inghiottite dall’acqua. E’ come se da un giorno all’altro ci portassero via un pezzo di storia culturale e naturale del nostro Paese, lasciandolo mutilato.
In Giappone è successo l’11 marzo, il giorno dell’apocalisse, che passerà alla storia anche per aver sottratto al mondo l’arcipelago di Matsushima Kaigan, a largo della costa nord-orientale dello Stato.
Come racconta l’inviato Giampaolo Visetti di Repubblica, erano 260 piccole isole, decine di penisole verdi tuffate nel pacifico, tra gli scenari naturali più stupefacenti del Giappone.
Rocce nere, torri di tufo, sabbia come neve, sorgenti di acqua bollente, borghi antichi e una miriade di templi buddisti e scintoisti invasi dalla pace.
Dalla costa oltre Sendai occorreva un’ora di barca per entrare nel paradiso delle scimmie e dei cervi, popolato di oltre 200 mila persone.
Ora c’è solo vuoto e silenzio. Sull’orizzonte non si scorge più nulla ed è impossibile sapere quanti siano riusciti a mettersi in salvo e in che modo siano stati capaci di farlo.
A Ishinomaki, sull’isola di Miyato, abitano 166 mila persone, di cui non si ha notizia. Metà della città risulta distrutta. I pescatori dell’isola di Kinkazan, il fiore d’oro dell’Honshu, non trovano più decine di altre isole, rimaste sotto il livello del mare. Il censimento del disastro è ostacolato dalla distruzione dei porti e di migliaia di imbarcazioni. L’arcipelago di Matsushima è totalmente isolato da venerdì e anche il laboratorio marino dell’università di Tuhoku, nella città di Onagawa, non da segni di vita. Di certo la penisola di di Ojika, l’isola di Oshima e Fukura, si trovano oggi sotto il livello dell’acqua.
Le isole hanno fatto da frangiflutti contro il mare, proteggendo un tratto di terraferma ma autocondannandosi a scomparire.
La drammatica e malinconica storia di questo patrimonio andato perduto lascia un senso di definitivo, di irrecuperabile. Lo tsunami che ha squassato il Giappone ha mutilato profondamente il Paese, segnando inesorabilmente una linea di confine netta tra quello che è stato prima dell’11 marzo e tutto quello che verrà dopo.