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Discussione: Monti: posto fisso? monotono... articolo 18? pernicioso

  1. #251
    TCP Rider Senior L'avatar di ABCDEF
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    Citazione Originariamente Scritto da HornetS2000 Visualizza Messaggio
    Mio "Illustrissimo" amico ... non ho molta voglia di partecipare a discussioni "accademiche" in questo periodo però un mio piccolo contributo personale vorrei portarlo: i politicanti democraticamente eletti stanno sostenendo un governo che è andato al potere con un provvedimento "autoritario" da parte di Naploitano. In caso di crisi di governo il Presidente della Repubblica (fatico a vedere Napolitano in tale veste) avvia consultazioni con le forze politiche e cerca di arrivare alla formazione di un nuovo governo, senza andare a cercare presidenti del consiglio nelle università, oppure negli stadi od ancora nei pub ...
    Il "golpe" lo abbiamo avuto, senza cari armati per le strade. Ed è stato un "golpe" dal mio punto di vista perchè questi personaggi che oggi dirigono e comandano non sono sati eletti da nessuno. Sbaglio, forse ?
    Questa non è proprio democrazia, diciamo che la democrazia è stata "sospesa" qui da noi per un paio d'anni, il tempo necessario a "super mario" a "modificare la cultura ed il comportamento degli italiani", come ha affermato ieri durante la sua visita negli Stati Uniti.
    Evidentemente, la mentalità dell'insegnante non lo abbandona mai, e quando educa si rifà alle pratiche pedagogiche del 19° secolo, infarcite di "punizioni corporali".
    Aspetto, ovviamente, una pronta ed arguta replica da parte tua ...
    ti rispondo con chi e' piu' bravo di me a scrivere

    Come (è possibile) cambiare gli italiani?
    Non siamo previdenti come la formica della favola; ma siamo troppo smaliziati per non intuire il destino della cicala

    di BEPPE SEVERGNINI
    Se davvero Mario Monti volesse cambiare il modo di vivere degli italiani, Giulio Andreotti dovrebbe aggiornare la sua massima: i pazzi non sono soltanto quelli che credono di essere Napoleone e riformare le Ferrovie dello Stato. Ma il presidente del Consiglio non è pazzo. Semmai silenziosamente euforico e, di conseguenza, incauto. Perché bisogna abbandonare ogni cautela per dire agli italiani una cosa semplice e ovvia come questa: «Qualsiasi riforma sarà effimera se non entra gradualmente nella cultura della gente».

    Non credo che Mario Monti, nella sua intervista a , intendesse «bocciare gli italiani», come riassume il Giornale . Ma è evidente: non intende neppure assolverci e applaudirci qualsiasi cosa facciamo. È questa la tentazione di ogni leader in ogni tempo e in ogni Paese: si chiama populismo, e porta prima illusioni, poi amare sorprese. Un leader non ha facoltà di condurre; ne ha il dovere. Se seguisse tutti gli istinti dei suoi elettori, in cambio di popolarità e voti, farebbe il loro male. Non è così che si aiutano le nazioni a crescere (neppure i figli).

    Noi italiani non dobbiamo diventare qualcos'altro. Possiamo tenerci tutte le nostre virtù, frutto di secoli di storia, e lavorare sulle nostre debolezze, figlie di recenti sciatterie. Le prime sono inimitabili, e ci vengono invidiate nel mondo. Le seconde sono correggibili, e quasi sempre frutto di furbizie, ingordigia, pressapochismi e disonestà, denunciate sempre con squilli di retorica, ma sostanzialmente impunite. Le sanzioni italiane infatti sono sempre spaventose, lentissime e improbabili; quando dovrebbero essere moderate, rapide e certe.

    Anni di viaggi e di mestiere mi hanno portato a incontrare italiani in tutti gli angoli del mondo: credo di sapere cosa ci ha danneggiati e cosa ci ha aiutati. Ci hanno danneggiato l'intelligenza (asfissiante), l'inaffidabilità, l'individualismo, l'ideologia e l'inciucio. Ci hanno aiutato la gentilezza, la generosità, la grinta, il gusto e il genio. Soprattutto il genio di trasformare una crisi in una festa - ed è quello che potremmo fare anche stavolta, se saremo determinati e fortunati.

    A costo di sembrare retorico, riscrivo una splendida frase di Luigi Barzini Jr, talvolta accusato di denigrare l'Italia (che invece capiva bene e amava molto): «Essere onesti con se stessi è la miglior forma di amor di patria». Un concetto che molti patrioti da strapazzo - in ogni Paese - non capiscono. Difendono orgogliosamente l'indifendibile, irritando chi sarebbe disposto a comprendere. Il motto di costoro è «I panni sporchi si lavano in famiglia!» - dimenticando che chi sceglie questa soluzione i panni nazionali non li lava mai, e va in giro con i vestiti che mandano cattivo odore.

    Noi italiani non abbiamo alcun bisogno di rifugiarci in queste tattiche difensive: siamo un grande popolo con alcune debolezze. Quasi sempre, purtroppo, spettacolari. Qualche esempio? Altre culture hanno prodotto malavita organizzata - spesso frutto di un'idea degenerata di famiglia - ma soltanto la mafia ha creato tanta letteratura, tanto cinema e tanta televisione. Molte belle città hanno attraversato momenti difficili: ma Roma e Napoli sono riuscite a trasformare problemi normali (immondizia e neve) in pasticci clamorosi, fornendo sfondi gloriosi a polemiche imbarazzanti. Alcuni Paesi importanti hanno eletto leader teatrali: ma nessuno ha eletto (tre volte!) un personaggio come Silvio Berlusconi, vero detonatore di stereotipi. A proposito: Mario Monti è sincero quando dice che il predecessore, lasciando il campo e sostenendo l'attuale governo, «guadagna terreno nella sua credibilità, reputazione e autorevolezza» (anche perché, diciamolo, partiva piuttosto indietro).

    In una recente pubblicazione del Reuters Institute for the Study of Journalism (Oxford University), l'autore - Paolo Mancini, professore a Perugia - titola così il capitolo conclusivo: «Are the Italians bad guys?», gli italiani sono grami? La sua risposta, e la nostra, è negativa. È vero tuttavia che - dopo l'illusione di Mani Pulite, trasformata da catarsi in farsa - l'autoindulgenza è diventata la norma italiana. «La gente è buona, lo Stato è cattivo!». Come se non fossimo noi - la gente - a impersonare, rappresentare, ingannare e mungere lo Stato nelle sue varie forme.

    Ma l'Italia non è come gli orologi, che avanzano regolarmente. È come i bambini: cresce a balzi irregolari, di solito quando uno non se lo aspetta. Abbiamo visto l'abisso finanziario, nei mesi scorsi, e insieme la possibilità della fine di una convivenza basata sul lavoro, il risparmio e i reciproci aiuti familiari (quelli leciti e lodevoli, ci sono anche gli altri). Nella nostra vita pubblica c'è un aspetto operistico che gli osservatori stranieri - bramosi di metafore colorate e comprensibili - non mancano mai di notare: gli italiani applaudono il tenore fino al momento in cui lo cacciano dal palco a suon di fischi, pronti ad accoglierne un altro. Lo stesso abbiamo fatto con chi ci governa: la musica non cambia.

    Credo che abbiamo improvvisamente capito alcune cose - tutti, anche chi si rifiuta di ammetterlo per questioni ideologiche (quarta «i», vedi sopra). Non possiamo pretendere servizi sociali nordeuropei mantenendo comportamenti fiscali nordafricani. Non possiamo permetterci buone scuole, buoni ospedali e buone strade se le risorse finiscono nell'economia malavitosa (140 miliardi), nelle banche svizzere (120 miliardi), in corruzione, rendite ingiustificate e sprechi. Non possiamo andare in pensione quando siamo ancora attivi, per essere mantenuti da giovani che manteniamo inattivi (chiudendo loro il mercato del lavoro).

    Non siamo previdenti come la formica della favola; ma siamo troppo smaliziati per non intuire il destino della cicala. È un inverno allegoricamente perfetto, quello che stiamo attraversando: duro e freddo, così poco adatto a una nazione considerata solare, nelle semplificazioni del mondo.

    La sensazione - la speranza - è che noi italiani ci siamo convinti di una cosa: la gentilezza, la generosità, la grinta, il gusto e il genio possono portarci lontano; l'intelligenza (asfissiante), l'inaffidabilità, l'individualismo, l'ideologia e l'inciucio ci stavano conducendo nel baratro. La nostra è una saggezza preterintenzionale, ma ci ha salvato diverse volte della storia. È il senso del limite: inconfessabile, per gente che ama presentarsi come spontanea, emotiva e sregolata (ascoltate/guardate le pubblicità delle automobili: il commercio conosce chi vuol sedurre).

    È presto per sapere se qualcuno saprà interpretare queste novità, e offrire tra un anno un prodotto elettorale all'altezza delle nuove aspirazioni. Per ora possiamo assistere al distacco del prodotto vecchio, che si allontana nel cosmo politico a velocità vertiginosa: oggi Santanché sembra il nome di un satellite di Saturno (come il piccolo Febe, l'unico con moto di rivoluzione retrogrado).

    Di sicuro c'è chi, nel mondo, è disposto a darci credito. È un esame? Certo: non finiscono mai, per tutti i Paesi. Le reputazioni nazionali esistono: negarlo può essere consolante, ma è inutile. Sono fatte di tante cose: di storia e di economia, di eroismi e di serietà, di salite e di ricadute, di conquiste e di disastri, di comparse e di protagonisti. La sensazione è che Mario Monti sia servito, ai tanti nostri amici nel mondo, per poter dire a quelli cui stiamo meno simpatici: «Visto? L'Italia è anche questa».

    Ed è un'Italia - questa - che in tutti i continenti hanno imparato a conoscere e ad apprezzare: fa quello che dice, e dice quello che fa. Negli uffici e negli ospedali, nelle aziende e nelle università, nei ristoranti e negli alberghi, nelle organizzazioni non governative e nelle nostre rappresentanze all'estero c'è tanta gente che non meritava di diventare lo zimbello del mondo. «II misero uccelletto al quale i cacciatori tirano con la funicella la gamba, per farlo saltare» - evocato in autunno da Emma Marcegaglia - non è diventato di colpo un'aquila; diciamo che si è slegato, è scomparso e non lo rimpiangeremo.

    Non è mai esistito un complotto internazionale contro l'Italia e la sua reputazione: esiste invece un'informazione vorticosa, che cerca notizie succose, le mastica e le risputa. L'opinione pubblica internazionale è vorace e frettolosa: sempre, comunque e verso tutti. Tende alla semplificazione e cerca occasioni. Ieri trovava quelle per deriderci (esageratamente), oggi scopre quella per applaudirci (prematuramente?). La narrazione internazionale cerca trame, svolte e volti. In pochi mesi l'Italia ne ha fornito in abbondanza: la maschera di Silvio e il sudario di Mario; una società gaudente disposta ad accettare la penitenza; il Paese più divertente d'Europa che diventa decisivo: anche per l'America pre-elettorale e il suo banchiere cinese.

    Stiamone certi, tuttavia: anche queste novità, presto, sbiadiranno. Sarà allora che dovremo provare d'essere seri, e dimostrare d'aver scelto, tra le nostre diverse anime, quella sana e realista. Noi italiani - lasciatemelo ripetere - abbiamo qualità permanenti e difetti rimovibili. Quando decidiamo di essere seri e affidabili, non ci batte nessuno, e tutti ci ammirano. Perché gentilezza, generosità, grinta, gusto e genio - salvo eccezioni, e purtroppo non sono poche - ci vengono spontanei. Sono le qualità che mancano ai nostri critici. E questo, statene certi, non ce lo perdoneranno mai.

    Citazione Originariamente Scritto da natan Visualizza Messaggio
    la democrazia non esiste, esistono le democrazie .... si può vivere in un paese democratico e nello stesso tempo socialmente avanzato ... non vedo il problema ... il libero mercato non é obbligatoriamente una conseguenza della democrazia, piuttosto lo é del liberismo sfrenato voluto dalle multinazionali e da quell'economia autoreferenziale ... qualche regola a cui attenersi perché le industrie non siano unicamente gestite per un arricchimento di chi li dirige ma anche una fonte di ricchezza nazionale é un punto che penso dovrà sempre più essere tenuto in considerazione ... troppe volte sentiamo parlare di banche o di aziende che aumentano il loro profitto eppure continuano una politica di licenziamenti selvaggi.
    metti un sacco di cose assieme

    democrazia vs democrazie= teoria vs pratica, ma l'educatore mi confermera' che un modello teorico e' normalmente necessaio.....poi, purtroppo, ci sono gli uomini e le culture

    libero mercato-liberismo sfrenato-utilita' sociale delle aziende: metti assieme cose diverse: il libero mercato non e' liberismo sfrenato, e in un libero mercato nulla vieta, anzi, molte scuole di pensiero indicano e descrivono il ruolo sociale delle aziende.

    sul profitto e i licenziamenti, prescindendo dalle aberrazioni, che qualunque sistema puo' incontrare, va comunque deciso se le aziende devono essere PRINCIPALMENTE uno strumento di sicurezza sociale o di competizione e lucro.

    io sono per la seconda delle due visioni.
    Ultima modifica di ABCDEF; 11/02/2012 alle 12:32 Motivo: Unione Post Automatica

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  3. #252
    TCP Rider Senior L'avatar di natan
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    Citazione Originariamente Scritto da flag Visualizza Messaggio
    metti un sacco di cose assieme

    democrazia vs democrazie= teoria vs pratica, ma l'educatore mi confermera' che un modello teorico e' normalmente necessaio.....poi, purtroppo, ci sono gli uomini e le culture

    libero mercato-liberismo sfrenato-utilita' sociale delle aziende: metti assieme cose diverse: il libero mercato non e' liberismo sfrenato, e in un libero mercato nulla vieta, anzi, molte scuole di pensiero indicano e descrivono il ruolo sociale delle aziende.

    sul profitto e i licenziamenti, prescindendo dalle aberrazioni, che qualunque sistema puo' incontrare, va comunque deciso se le aziende devono essere PRINCIPALMENTE uno strumento di sicurezza sociale o di competizione e lucro.

    io sono per la seconda delle due visioni.
    hai ragione, la vita, purtroppo, non si riesce a dividerla per temi come un composizione astratta ... é di per se complessa e un fattore esiste in sintonia con altri ... tutto viene contestualizzato e pensare di trovare la soluzione magica é al quanto improbabile se non addirittura impossibile ...

    Il modello tecnico é normalmente necessario ma quando questo diventa un modo operativo rigido solitamente é perdente. L'ascolto, in tutte le sue manifestazioni, rimane al quanto fondamentale, al di la del modello tecnico che si é scelto, perché si possano avere dei risultati.

    Sia esso sistemico, cognitivo o quant'altro, senza un pensiero costruito sull'ascolto in merito alla situazione del momento non può che essere ad alto rischio di sconfitta.

    Il ruolo sociale dell'azienda é di fondamentale importanza in una società civile ... forse non così tanto in quello che si definisce astrattamente "giungla", ma in una società che vuole avere le sue radici nel diritto e nella dignità, avere un economia che prevede e sostiene la società é al quanto importante, a parer mio. Se poi queste aziende chiedono un aiuto allo Stato perché possano sopravvivere, allora che ci possano essere delle contrattazioni forti sul dare e avere, e non sull'avere per poi, se mi va, darò. Si sono salvate compagnie aeree, banche, assicurazioni sociali di tutti i tipi, senza che questi, nei momenti di buona raccolta, ricambiassero l'aiuto incrementando l'occupazione o i salari dei lavoratori, e chi l'ha fatto non é di certo perché obbligato. Tanto di cappello a quelle persone che hanno saputo gestire con altruismo i propri affari, ci mancherebbe, ma questo in uno Stato non dà di certo delle certezze.
    Dimenticavo, le certezze Monti le vede come noiose, obsolete ... poveri noi, personaggi noiosi e obsoleti ...

    ps: non dimentichiamoci mai che questa crisi NON é stata creata dalle aziende produttive ma dalle speculazioni selvagge .... e a far fronte al disastro vengono chiamati i cittadini, con enormi sacrifici soprattutto da parte di chi la crisi l'ha subita in tutte le sue forme, senza averne approfittato minimamente prima.
    Ultima modifica di natan; 11/02/2012 alle 16:30
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  4. #253
    TCP Rider Senior L'avatar di Stinit
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    ti rispondo con chi e' piu' bravo di me a scrivere

    Come (è possibile) cambiare gli italiani?
    Non siamo previdenti come la formica della favola; ma siamo troppo smaliziati per non intuire il destino della cicala

    di BEPPE SEVERGNINI
    Se davvero Mario Monti volesse cambiare il modo di vivere degli italiani, Giulio Andreotti dovrebbe aggiornare la sua massima: i pazzi non sono soltanto quelli che credono di essere Napoleone e riformare le Ferrovie dello Stato. Ma il presidente del Consiglio non è pazzo. Semmai silenziosamente euforico e, di conseguenza, incauto. Perché bisogna abbandonare ogni cautela per dire agli italiani una cosa semplice e ovvia come questa: «Qualsiasi riforma sarà effimera se non entra gradualmente nella cultura della gente».

    Non credo che Mario Monti, nella sua intervista a , intendesse «bocciare gli italiani», come riassume il Giornale . Ma è evidente: non intende neppure assolverci e applaudirci qualsiasi cosa facciamo. È questa la tentazione di ogni leader in ogni tempo e in ogni Paese: si chiama populismo, e porta prima illusioni, poi amare sorprese. Un leader non ha facoltà di condurre; ne ha il dovere. Se seguisse tutti gli istinti dei suoi elettori, in cambio di popolarità e voti, farebbe il loro male. Non è così che si aiutano le nazioni a crescere (neppure i figli).

    Noi italiani non dobbiamo diventare qualcos'altro. Possiamo tenerci tutte le nostre virtù, frutto di secoli di storia, e lavorare sulle nostre debolezze, figlie di recenti sciatterie. Le prime sono inimitabili, e ci vengono invidiate nel mondo. Le seconde sono correggibili, e quasi sempre frutto di furbizie, ingordigia, pressapochismi e disonestà, denunciate sempre con squilli di retorica, ma sostanzialmente impunite. Le sanzioni italiane infatti sono sempre spaventose, lentissime e improbabili; quando dovrebbero essere moderate, rapide e certe.

    Anni di viaggi e di mestiere mi hanno portato a incontrare italiani in tutti gli angoli del mondo: credo di sapere cosa ci ha danneggiati e cosa ci ha aiutati. Ci hanno danneggiato l'intelligenza (asfissiante), l'inaffidabilità, l'individualismo, l'ideologia e l'inciucio. Ci hanno aiutato la gentilezza, la generosità, la grinta, il gusto e il genio. Soprattutto il genio di trasformare una crisi in una festa - ed è quello che potremmo fare anche stavolta, se saremo determinati e fortunati.

    A costo di sembrare retorico, riscrivo una splendida frase di Luigi Barzini Jr, talvolta accusato di denigrare l'Italia (che invece capiva bene e amava molto): «Essere onesti con se stessi è la miglior forma di amor di patria». Un concetto che molti patrioti da strapazzo - in ogni Paese - non capiscono. Difendono orgogliosamente l'indifendibile, irritando chi sarebbe disposto a comprendere. Il motto di costoro è «I panni sporchi si lavano in famiglia!» - dimenticando che chi sceglie questa soluzione i panni nazionali non li lava mai, e va in giro con i vestiti che mandano cattivo odore.

    Noi italiani non abbiamo alcun bisogno di rifugiarci in queste tattiche difensive: siamo un grande popolo con alcune debolezze. Quasi sempre, purtroppo, spettacolari. Qualche esempio? Altre culture hanno prodotto malavita organizzata - spesso frutto di un'idea degenerata di famiglia - ma soltanto la mafia ha creato tanta letteratura, tanto cinema e tanta televisione. Molte belle città hanno attraversato momenti difficili: ma Roma e Napoli sono riuscite a trasformare problemi normali (immondizia e neve) in pasticci clamorosi, fornendo sfondi gloriosi a polemiche imbarazzanti. Alcuni Paesi importanti hanno eletto leader teatrali: ma nessuno ha eletto (tre volte!) un personaggio come Silvio Berlusconi, vero detonatore di stereotipi. A proposito: Mario Monti è sincero quando dice che il predecessore, lasciando il campo e sostenendo l'attuale governo, «guadagna terreno nella sua credibilità, reputazione e autorevolezza» (anche perché, diciamolo, partiva piuttosto indietro).

    In una recente pubblicazione del Reuters Institute for the Study of Journalism (Oxford University), l'autore - Paolo Mancini, professore a Perugia - titola così il capitolo conclusivo: «Are the Italians bad guys?», gli italiani sono grami? La sua risposta, e la nostra, è negativa. È vero tuttavia che - dopo l'illusione di Mani Pulite, trasformata da catarsi in farsa - l'autoindulgenza è diventata la norma italiana. «La gente è buona, lo Stato è cattivo!». Come se non fossimo noi - la gente - a impersonare, rappresentare, ingannare e mungere lo Stato nelle sue varie forme.

    Ma l'Italia non è come gli orologi, che avanzano regolarmente. È come i bambini: cresce a balzi irregolari, di solito quando uno non se lo aspetta. Abbiamo visto l'abisso finanziario, nei mesi scorsi, e insieme la possibilità della fine di una convivenza basata sul lavoro, il risparmio e i reciproci aiuti familiari (quelli leciti e lodevoli, ci sono anche gli altri). Nella nostra vita pubblica c'è un aspetto operistico che gli osservatori stranieri - bramosi di metafore colorate e comprensibili - non mancano mai di notare: gli italiani applaudono il tenore fino al momento in cui lo cacciano dal palco a suon di fischi, pronti ad accoglierne un altro. Lo stesso abbiamo fatto con chi ci governa: la musica non cambia.

    Credo che abbiamo improvvisamente capito alcune cose - tutti, anche chi si rifiuta di ammetterlo per questioni ideologiche (quarta «i», vedi sopra). Non possiamo pretendere servizi sociali nordeuropei mantenendo comportamenti fiscali nordafricani. Non possiamo permetterci buone scuole, buoni ospedali e buone strade se le risorse finiscono nell'economia malavitosa (140 miliardi), nelle banche svizzere (120 miliardi), in corruzione, rendite ingiustificate e sprechi. Non possiamo andare in pensione quando siamo ancora attivi, per essere mantenuti da giovani che manteniamo inattivi (chiudendo loro il mercato del lavoro).

    Non siamo previdenti come la formica della favola; ma siamo troppo smaliziati per non intuire il destino della cicala. È un inverno allegoricamente perfetto, quello che stiamo attraversando: duro e freddo, così poco adatto a una nazione considerata solare, nelle semplificazioni del mondo.

    La sensazione - la speranza - è che noi italiani ci siamo convinti di una cosa: la gentilezza, la generosità, la grinta, il gusto e il genio possono portarci lontano; l'intelligenza (asfissiante), l'inaffidabilità, l'individualismo, l'ideologia e l'inciucio ci stavano conducendo nel baratro. La nostra è una saggezza preterintenzionale, ma ci ha salvato diverse volte della storia. È il senso del limite: inconfessabile, per gente che ama presentarsi come spontanea, emotiva e sregolata (ascoltate/guardate le pubblicità delle automobili: il commercio conosce chi vuol sedurre).

    È presto per sapere se qualcuno saprà interpretare queste novità, e offrire tra un anno un prodotto elettorale all'altezza delle nuove aspirazioni. Per ora possiamo assistere al distacco del prodotto vecchio, che si allontana nel cosmo politico a velocità vertiginosa: oggi Santanché sembra il nome di un satellite di Saturno (come il piccolo Febe, l'unico con moto di rivoluzione retrogrado).

    Di sicuro c'è chi, nel mondo, è disposto a darci credito. È un esame? Certo: non finiscono mai, per tutti i Paesi. Le reputazioni nazionali esistono: negarlo può essere consolante, ma è inutile. Sono fatte di tante cose: di storia e di economia, di eroismi e di serietà, di salite e di ricadute, di conquiste e di disastri, di comparse e di protagonisti. La sensazione è che Mario Monti sia servito, ai tanti nostri amici nel mondo, per poter dire a quelli cui stiamo meno simpatici: «Visto? L'Italia è anche questa».

    Ed è un'Italia - questa - che in tutti i continenti hanno imparato a conoscere e ad apprezzare: fa quello che dice, e dice quello che fa. Negli uffici e negli ospedali, nelle aziende e nelle università, nei ristoranti e negli alberghi, nelle organizzazioni non governative e nelle nostre rappresentanze all'estero c'è tanta gente che non meritava di diventare lo zimbello del mondo. «II misero uccelletto al quale i cacciatori tirano con la funicella la gamba, per farlo saltare» - evocato in autunno da Emma Marcegaglia - non è diventato di colpo un'aquila; diciamo che si è slegato, è scomparso e non lo rimpiangeremo.

    Non è mai esistito un complotto internazionale contro l'Italia e la sua reputazione: esiste invece un'informazione vorticosa, che cerca notizie succose, le mastica e le risputa. L'opinione pubblica internazionale è vorace e frettolosa: sempre, comunque e verso tutti. Tende alla semplificazione e cerca occasioni. Ieri trovava quelle per deriderci (esageratamente), oggi scopre quella per applaudirci (prematuramente?). La narrazione internazionale cerca trame, svolte e volti. In pochi mesi l'Italia ne ha fornito in abbondanza: la maschera di Silvio e il sudario di Mario; una società gaudente disposta ad accettare la penitenza; il Paese più divertente d'Europa che diventa decisivo: anche per l'America pre-elettorale e il suo banchiere cinese.

    Stiamone certi, tuttavia: anche queste novità, presto, sbiadiranno. Sarà allora che dovremo provare d'essere seri, e dimostrare d'aver scelto, tra le nostre diverse anime, quella sana e realista. Noi italiani - lasciatemelo ripetere - abbiamo qualità permanenti e difetti rimovibili. Quando decidiamo di essere seri e affidabili, non ci batte nessuno, e tutti ci ammirano. Perché gentilezza, generosità, grinta, gusto e genio - salvo eccezioni, e purtroppo non sono poche - ci vengono spontanei. Sono le qualità che mancano ai nostri critici. E questo, statene certi, non ce lo perdoneranno mai.



    metti un sacco di cose assieme

    democrazia vs democrazie= teoria vs pratica, ma l'educatore mi confermera' che un modello teorico e' normalmente necessaio.....poi, purtroppo, ci sono gli uomini e le culture

    libero mercato-liberismo sfrenato-utilita' sociale delle aziende: metti assieme cose diverse: il libero mercato non e' liberismo sfrenato, e in un libero mercato nulla vieta, anzi, molte scuole di pensiero indicano e descrivono il ruolo sociale delle aziende.

    sul profitto e i licenziamenti, prescindendo dalle aberrazioni, che qualunque sistema puo' incontrare, va comunque deciso se le aziende devono essere PRINCIPALMENTE uno strumento di sicurezza sociale o di competizione e lucro.

    io sono per la seconda delle due visioni.
    sono proprio curioso di vedere dove taglieranno OGNI ANNO per i prossimi 20 ANNI per fare puntuali manovre economiche da 40-50 MILIARDI DI EURO!!...

    intanto la firma l'hanno messa...

  5. #254
    TCP Rider Senior L'avatar di natan
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    Citazione Originariamente Scritto da Stinit Visualizza Messaggio
    sono proprio curioso di vedere dove taglieranno OGNI ANNO per i prossimi 20 ANNI per fare puntuali manovre economiche da 40-50 MILIARDI DI EURO!!...

    intanto la firma l'hanno messa...
    taglieranno a se stessi, si faranno precari e rinunceranno alle loro pensioni ...... ci scommetto ...


    ps: se queste "riforme" fossero state fatte dal precedente governo avremmo visto una sinistra indignata ... ... per l'articolo 18 andavano sui tetti a fianco degli operai, ora votano lo smantellamento sociale come la peggiore destra europea ...
    Ultima modifica di natan; 11/02/2012 alle 18:33
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  6. #255
    TCP Rider Senior L'avatar di ABCDEF
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    Citazione Originariamente Scritto da natan Visualizza Messaggio
    .........
    Il ruolo sociale dell'azienda é di fondamentale importanza in una società civile ... forse non così tanto in quello che si definisce astrattamente "giungla", ma in una società che vuole avere le sue radici nel diritto e nella dignità, avere un economia che prevede e sostiene la società é al quanto importante, a parer mio.
    le aziende italiane sostengono l'economia nazionale molto piu' di quelle svizzere, per dire..........mi risulta che in svizzera paghino molte meno tasse

    Se poi queste aziende chiedono un aiuto allo Stato perché possano sopravvivere, allora che ci possano essere delle contrattazioni forti sul dare e avere, e non sull'avere per poi, se mi va, darò.

    corretto......nel passato e' spesso successo, vedi fiat, che non avrebbe avuto alcuna utilita' nell'aprire stabilimenti in alcune aree.....ma il discorso si fa molto complicato affonda nelle pastoie politiche di questo paese.
    Si sono salvate compagnie aeree, banche, assicurazioni sociali di tutti i tipi, senza che questi, nei momenti di buona raccolta, ricambiassero l'aiuto incrementando l'occupazione o i salari dei lavoratori, e chi l'ha fatto non é di certo perché obbligato.
    beh, le compagnie aeree alle quali ti riferisci, l'occupazione , nei momenti belli, e perfino in quelli brutti, l'hanno data eccome....semmai sarebbero criticabili i criteri con cui l'hanno fatto

    Tanto di cappello a quelle persone che hanno saputo gestire con altruismo i propri affari, ci mancherebbe, ma questo in uno Stato non dà di certo delle certezze.
    Dimenticavo, le certezze Monti le vede come noiose, obsolete ... poveri noi, personaggi noiosi e obsoleti ...
    chi non le vorrebbe le certezze...........ma questo paese ha scelto di darle ad alcuni sulle spalle di altri.......ora e' evidente che non avrebbero potuto esserci per tutti: un lavoratore medio "si paga" durante la vita lavorativa non piu' di 10 anni di pensione: fatti 2 conti e vedrai che ho ragione.....vedi quant'e' la vita media in italia (la piu' elevata del mondo) e a che eta' sono andati in pensione molti di quelli che attualmente rappresentano la maggioranza degli iscritti al sindacato.............i grandi principi contano eccome, ma anche i numeri
    ps: non dimentichiamoci mai che questa crisi NON é stata creata dalle aziende produttive ma dalle speculazioni selvagge .... e a far fronte al disastro vengono chiamati i cittadini, con enormi sacrifici soprattutto da parte di chi la crisi l'ha subita in tutte le sue forme, senza averne approfittato minimamente prima.
    sull'approfittato, mi sono espresso poco piu' sopra.

    evidentemente i ladri evasori, i privilegiati e i fruitori di posizioni "protette", sono odiose figure da combattere, su questo non ci piove

  7. #256
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    sull'approfittato, mi sono espresso poco piu' sopra.

    evidentemente i ladri evasori, i privilegiati e i fruitori di posizioni "protette", sono odiose figure da combattere, su questo non ci piove
    mi soffermo sul tuo primo intervento in rosso ...

    .... ma che senso ha fare il confronto in negativo tra due nazioni? .... forse che chi ne uccide uno di meno é meno assassino dell'altro? queste sono risposte che mi mettono tristezza, che hanno una valenza pari allo zero, che non danno ragione all'intelligenza umana, anche quando questa c'é ....

    per il resto sono numeri e calcoli ... ma a chi non riesce a tirare la fine del mese poco importano ... per di più chi paga poco, a livello pensionistico, é perché ha guadagnato poco ........ e anche solo accennare che i privilegiati siano stati quelli protetti dall'art. 18 é al quanto ostile al vero privilegio di chi speculando senza produrre altro che un guadagno per se stessi hanno messo in ginocchio un intera istituzione e da queste finanziarie non vengono quasi per nulla toccati ...
    Ultima modifica di natan; 11/02/2012 alle 20:27
    Le verre est un liquide lent

  8. #257
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    mi soffermo sul tuo primo intervento in rosso ...

    .... ma che senso ha fare il confronto in negativo tra due nazioni? .... forse che chi ne uccide uno di meno é meno assassino dell'altro? queste sono risposte che mi mettono tristezza, che hanno una valenza pari allo zero, che non danno ragione all'intelligenza umana, anche quando questa c'é ....
    spiace l'averti intristito

    intendevo dire che oltre alla funzione sociale e solidale delle aziende, evidentemente serve un tessuto che sappia utilizzare quelle risorse al meglio, specie se chiederne piu' di cosi' e' assai difficile.

    cmq non intendo convincerti delle mie idee, che , su questo argomento , sono evidentemente assai divergenti dalle tue.

    se devo essere sincero, pero', credo si possa parlare e confrontarsi anche senza un atteggiamento professorale , scendendo dalla cattedra............non sono un educatore professionale, ma qualche esperienza di studi e di vita me la sono fatta anch'io

    perdonami ancora per averti cosi' turbato

  9. #258
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    spiace l'averti intristito

    intendevo dire che oltre alla funzione sociale e solidale delle aziende, evidentemente serve un tessuto che sappia utilizzare quelle risorse al meglio, specie se chiederne piu' di cosi' e' assai difficile.

    cmq non intendo convincerti delle mie idee, che , su questo argomento , sono evidentemente assai divergenti dalle tue.

    se devo essere sincero, pero', credo si possa parlare e confrontarsi anche senza un atteggiamento professorale , scendendo dalla cattedra............non sono un educatore professionale, ma qualche esperienza di studi e di vita me la sono fatta anch'io

    perdonami ancora per averti cosi' turbato
    Mi spiace che tu abbia letto il mio definirmi come una cosa seria ... chi mi conosce sa quando dia poca importanza a queste formalità e voleva essere tra l'ironico e .... e poi, non mi sembra neppure di essermi messo in cattedra ma piuttosto in strada, a fianco della gente che di strategie politiche non può che importarne poco, se queste non fanno altro che salvare un paese mettendoli alla fame ... come per dire: ci ricorderemo di voi e per quanto avete fatto per il nostro paese, perendo nella miseria per salvare chi non solo non ne aveva bisogno ma che in più sono causa di questo nostro male ....

    Non preoccuparti, la tristezza non mi spaventa ma ripeto, sono nato in un paese, tu in un altro, altri ancora in altri paesi e nessuno di noi é obbligatoriamente fautore diretto, e a volte neppure indiretto, di ciò che succede di negativo, e anche di positivo, laddove siamo nati. Si critica una politica e un economia che solo illudendoci la si può vedere propria ... é ormai generalizzata in tutti i paesi occidentali e ne é la prova che la crisi si é divulgata a macchia d'olio in men che non si dica, senza guardare più di tanto né frontiere né nazionalità ... poi ci sono paesi meglio e peggio messi, ma questo é ancora un discorso diverso ...

    ps: comunque se ti diverte puoi continuare a farmi il verso, con la storia dell'educatore, non sono un tipo permaloso ...
    Le verre est un liquide lent

  10. #259
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    Mi spiace che tu abbia letto il mio definirmi come una cosa seria ... chi mi conosce sa quando dia poca importanza a queste formalità e voleva essere tra l'ironico e .... e poi, non mi sembra neppure di essermi messo in cattedra ma piuttosto in strada, a fianco della gente che di strategie politiche non può che importarne poco, se queste non fanno altro che salvare un paese mettendoli alla fame ... come per dire: ci ricorderemo di voi e per quanto avete fatto per il nostro paese, perendo nella miseria per salvare chi non solo non ne aveva bisogno ma che in più sono causa di questo nostro male ....

    Non preoccuparti, la tristezza non mi spaventa ma ripeto, sono nato in un paese, tu in un altro, altri ancora in altri paesi e nessuno di noi é obbligatoriamente fautore diretto, e a volte neppure indiretto, di ciò che succede di negativo, e anche di positivo, laddove siamo nati. Si critica una politica e un economia che solo illudendoci la si può vedere propria ... é ormai generalizzata in tutti i paesi occidentali e ne é la prova che la crisi si é divulgata a macchia d'olio in men che non si dica, senza guardare più di tanto né frontiere né nazionalità ... poi ci sono paesi meglio e peggio messi, ma questo é ancora un discorso diverso ...

    ps: comunque se ti diverte puoi continuare a farmi il verso, con la storia dell'educatore, non sono un tipo permaloso ...
    non riuscirei mai a farti il verso: sono maleducato e permaloso

  11. #260
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    ti rispondo con chi e' piu' bravo di me a scrivere

    Come (è possibile) cambiare gli italiani?
    Non siamo previdenti come la formica della favola; ma siamo troppo smaliziati per non intuire il destino della cicala

    di BEPPE SEVERGNINI
    Se davvero Mario Monti volesse cambiare il modo di vivere degli italiani, Giulio Andreotti dovrebbe aggiornare la sua massima: i pazzi non sono soltanto quelli che credono di essere Napoleone e riformare le Ferrovie dello Stato. Ma il presidente del Consiglio non è pazzo. Semmai silenziosamente euforico e, di conseguenza, incauto. Perché bisogna abbandonare ogni cautela per dire agli italiani una cosa semplice e ovvia come questa: «Qualsiasi riforma sarà effimera se non entra gradualmente nella cultura della gente».

    Non credo che Mario Monti, nella sua intervista a , intendesse «bocciare gli italiani», come riassume il Giornale . Ma è evidente: non intende neppure assolverci e applaudirci qualsiasi cosa facciamo. È questa la tentazione di ogni leader in ogni tempo e in ogni Paese: si chiama populismo, e porta prima illusioni, poi amare sorprese. Un leader non ha facoltà di condurre; ne ha il dovere. Se seguisse tutti gli istinti dei suoi elettori, in cambio di popolarità e voti, farebbe il loro male. Non è così che si aiutano le nazioni a crescere (neppure i figli).

    Noi italiani non dobbiamo diventare qualcos'altro. Possiamo tenerci tutte le nostre virtù, frutto di secoli di storia, e lavorare sulle nostre debolezze, figlie di recenti sciatterie. Le prime sono inimitabili, e ci vengono invidiate nel mondo. Le seconde sono correggibili, e quasi sempre frutto di furbizie, ingordigia, pressapochismi e disonestà, denunciate sempre con squilli di retorica, ma sostanzialmente impunite. Le sanzioni italiane infatti sono sempre spaventose, lentissime e improbabili; quando dovrebbero essere moderate, rapide e certe.

    Anni di viaggi e di mestiere mi hanno portato a incontrare italiani in tutti gli angoli del mondo: credo di sapere cosa ci ha danneggiati e cosa ci ha aiutati. Ci hanno danneggiato l'intelligenza (asfissiante), l'inaffidabilità, l'individualismo, l'ideologia e l'inciucio. Ci hanno aiutato la gentilezza, la generosità, la grinta, il gusto e il genio. Soprattutto il genio di trasformare una crisi in una festa - ed è quello che potremmo fare anche stavolta, se saremo determinati e fortunati.

    A costo di sembrare retorico, riscrivo una splendida frase di Luigi Barzini Jr, talvolta accusato di denigrare l'Italia (che invece capiva bene e amava molto): «Essere onesti con se stessi è la miglior forma di amor di patria». Un concetto che molti patrioti da strapazzo - in ogni Paese - non capiscono. Difendono orgogliosamente l'indifendibile, irritando chi sarebbe disposto a comprendere. Il motto di costoro è «I panni sporchi si lavano in famiglia!» - dimenticando che chi sceglie questa soluzione i panni nazionali non li lava mai, e va in giro con i vestiti che mandano cattivo odore.

    Noi italiani non abbiamo alcun bisogno di rifugiarci in queste tattiche difensive: siamo un grande popolo con alcune debolezze. Quasi sempre, purtroppo, spettacolari. Qualche esempio? Altre culture hanno prodotto malavita organizzata - spesso frutto di un'idea degenerata di famiglia - ma soltanto la mafia ha creato tanta letteratura, tanto cinema e tanta televisione. Molte belle città hanno attraversato momenti difficili: ma Roma e Napoli sono riuscite a trasformare problemi normali (immondizia e neve) in pasticci clamorosi, fornendo sfondi gloriosi a polemiche imbarazzanti. Alcuni Paesi importanti hanno eletto leader teatrali: ma nessuno ha eletto (tre volte!) un personaggio come Silvio Berlusconi, vero detonatore di stereotipi. A proposito: Mario Monti è sincero quando dice che il predecessore, lasciando il campo e sostenendo l'attuale governo, «guadagna terreno nella sua credibilità, reputazione e autorevolezza» (anche perché, diciamolo, partiva piuttosto indietro).

    In una recente pubblicazione del Reuters Institute for the Study of Journalism (Oxford University), l'autore - Paolo Mancini, professore a Perugia - titola così il capitolo conclusivo: «Are the Italians bad guys?», gli italiani sono grami? La sua risposta, e la nostra, è negativa. È vero tuttavia che - dopo l'illusione di Mani Pulite, trasformata da catarsi in farsa - l'autoindulgenza è diventata la norma italiana. «La gente è buona, lo Stato è cattivo!». Come se non fossimo noi - la gente - a impersonare, rappresentare, ingannare e mungere lo Stato nelle sue varie forme.

    Ma l'Italia non è come gli orologi, che avanzano regolarmente. È come i bambini: cresce a balzi irregolari, di solito quando uno non se lo aspetta. Abbiamo visto l'abisso finanziario, nei mesi scorsi, e insieme la possibilità della fine di una convivenza basata sul lavoro, il risparmio e i reciproci aiuti familiari (quelli leciti e lodevoli, ci sono anche gli altri). Nella nostra vita pubblica c'è un aspetto operistico che gli osservatori stranieri - bramosi di metafore colorate e comprensibili - non mancano mai di notare: gli italiani applaudono il tenore fino al momento in cui lo cacciano dal palco a suon di fischi, pronti ad accoglierne un altro. Lo stesso abbiamo fatto con chi ci governa: la musica non cambia.

    Credo che abbiamo improvvisamente capito alcune cose - tutti, anche chi si rifiuta di ammetterlo per questioni ideologiche (quarta «i», vedi sopra). Non possiamo pretendere servizi sociali nordeuropei mantenendo comportamenti fiscali nordafricani. Non possiamo permetterci buone scuole, buoni ospedali e buone strade se le risorse finiscono nell'economia malavitosa (140 miliardi), nelle banche svizzere (120 miliardi), in corruzione, rendite ingiustificate e sprechi. Non possiamo andare in pensione quando siamo ancora attivi, per essere mantenuti da giovani che manteniamo inattivi (chiudendo loro il mercato del lavoro).

    Non siamo previdenti come la formica della favola; ma siamo troppo smaliziati per non intuire il destino della cicala. È un inverno allegoricamente perfetto, quello che stiamo attraversando: duro e freddo, così poco adatto a una nazione considerata solare, nelle semplificazioni del mondo.

    La sensazione - la speranza - è che noi italiani ci siamo convinti di una cosa: la gentilezza, la generosità, la grinta, il gusto e il genio possono portarci lontano; l'intelligenza (asfissiante), l'inaffidabilità, l'individualismo, l'ideologia e l'inciucio ci stavano conducendo nel baratro. La nostra è una saggezza preterintenzionale, ma ci ha salvato diverse volte della storia. È il senso del limite: inconfessabile, per gente che ama presentarsi come spontanea, emotiva e sregolata (ascoltate/guardate le pubblicità delle automobili: il commercio conosce chi vuol sedurre).

    È presto per sapere se qualcuno saprà interpretare queste novità, e offrire tra un anno un prodotto elettorale all'altezza delle nuove aspirazioni. Per ora possiamo assistere al distacco del prodotto vecchio, che si allontana nel cosmo politico a velocità vertiginosa: oggi Santanché sembra il nome di un satellite di Saturno (come il piccolo Febe, l'unico con moto di rivoluzione retrogrado).

    Di sicuro c'è chi, nel mondo, è disposto a darci credito. È un esame? Certo: non finiscono mai, per tutti i Paesi. Le reputazioni nazionali esistono: negarlo può essere consolante, ma è inutile. Sono fatte di tante cose: di storia e di economia, di eroismi e di serietà, di salite e di ricadute, di conquiste e di disastri, di comparse e di protagonisti. La sensazione è che Mario Monti sia servito, ai tanti nostri amici nel mondo, per poter dire a quelli cui stiamo meno simpatici: «Visto? L'Italia è anche questa».

    Ed è un'Italia - questa - che in tutti i continenti hanno imparato a conoscere e ad apprezzare: fa quello che dice, e dice quello che fa. Negli uffici e negli ospedali, nelle aziende e nelle università, nei ristoranti e negli alberghi, nelle organizzazioni non governative e nelle nostre rappresentanze all'estero c'è tanta gente che non meritava di diventare lo zimbello del mondo. «II misero uccelletto al quale i cacciatori tirano con la funicella la gamba, per farlo saltare» - evocato in autunno da Emma Marcegaglia - non è diventato di colpo un'aquila; diciamo che si è slegato, è scomparso e non lo rimpiangeremo.

    Non è mai esistito un complotto internazionale contro l'Italia e la sua reputazione: esiste invece un'informazione vorticosa, che cerca notizie succose, le mastica e le risputa. L'opinione pubblica internazionale è vorace e frettolosa: sempre, comunque e verso tutti. Tende alla semplificazione e cerca occasioni. Ieri trovava quelle per deriderci (esageratamente), oggi scopre quella per applaudirci (prematuramente?). La narrazione internazionale cerca trame, svolte e volti. In pochi mesi l'Italia ne ha fornito in abbondanza: la maschera di Silvio e il sudario di Mario; una società gaudente disposta ad accettare la penitenza; il Paese più divertente d'Europa che diventa decisivo: anche per l'America pre-elettorale e il suo banchiere cinese.

    Stiamone certi, tuttavia: anche queste novità, presto, sbiadiranno. Sarà allora che dovremo provare d'essere seri, e dimostrare d'aver scelto, tra le nostre diverse anime, quella sana e realista. Noi italiani - lasciatemelo ripetere - abbiamo qualità permanenti e difetti rimovibili. Quando decidiamo di essere seri e affidabili, non ci batte nessuno, e tutti ci ammirano. Perché gentilezza, generosità, grinta, gusto e genio - salvo eccezioni, e purtroppo non sono poche - ci vengono spontanei. Sono le qualità che mancano ai nostri critici. E questo, statene certi, non ce lo perdoneranno mai.



    metti un sacco di cose assieme

    democrazia vs democrazie= teoria vs pratica, ma l'educatore mi confermera' che un modello teorico e' normalmente necessaio.....poi, purtroppo, ci sono gli uomini e le culture

    libero mercato-liberismo sfrenato-utilita' sociale delle aziende: metti assieme cose diverse: il libero mercato non e' liberismo sfrenato, e in un libero mercato nulla vieta, anzi, molte scuole di pensiero indicano e descrivono il ruolo sociale delle aziende.

    sul profitto e i licenziamenti, prescindendo dalle aberrazioni, che qualunque sistema puo' incontrare, va comunque deciso se le aziende devono essere PRINCIPALMENTE uno strumento di sicurezza sociale o di competizione e lucro.

    io sono per la seconda delle due visioni.
    Se scrivevi tu la risposta, l'avrei preferita ...
    Ecco alcuni argomenti a mio avviso fallaci portati da questo signore: Monti non è un leader, è arrivato li spinto da "forze" o meglio, potentati economici globali, come mi pare risulti chiaro dai trionfalismi americani. Non ha nessun dovere nei confronti di ogni cittadino italiano, perchè non essendo stato eletto non rappresenta nulla, solo le elite di cui è espressione, molto distanti dalla vita del Popolo Italiano. Il 150° anno dell'Unità di questo Paese è quasi terminato, ed all'improvviso ci accorgiamo di avere bisognio di una guida spirituale che ci aiuti a crescere ? questo è proprio populismo e paternalismo, e di un tipo non troppo raffinato.
    Le sciatterie di cui parla questo signore nell'articolo, quali sono ... ? Ah, si, l'articolo 18 !!! ed il posto di lavoro fisso !!!
    Per me "fisso" (in particolare adesso) significa che se perdo il lavoro entro tempo poco ne trovo subito un altro, possibilmente senza una riduzione dello stipendio dell'ordine del 35-55% (si, mi hanno proposto anche questo, ultimamente)
    Forse questo giornalista considera queste pretese di un 50-enne "irritato" i capricci di un "giovincello" che deve crescere, sotto la guida di questo novello supeMmario-Radames-salvatore-della-patria.
    Il resto dell'articolo è retorica spicciola, un misto di "siamo quelli con millenni di storia alle spalle" ma anche con "il cuore e l'ingegno" .... anzi, è retorica ma stucchevole, più che spicciola, i soliti luoghi comuni sull' "italiano", questa volta pronunciati da un altro italiano e non da uno straniero.
    La realtà è che un sistema politico nato già marcio oltre 60 anni fa, dopo il fascismo, ha continuato a marcire ed incancrenirsi: su questa base maleodorante, parassiti economici e sociali grandi e piccoli, hanno approfittato della situazione, sino a questo epilogo, distruggendo col consenso e l'avvallo di tutte le forze politiche (nel corso di molti anni) la struttura produttiva e sociale di questo Paese. Ed ora abbiamo una nazione paralizzata, non combiniamo più nulla, e ci preoccupiamo solo se in borsa i titoli delle banche scendono ... con una persona su due che crede che "superMario" farà il miracolo. Farà il miracolo, impedirà il fallimento del sistema bancario italiano, passando sugli Italiani stessi. E noi lo accetteremo così, da deboli che siamo, a differenza di altri Popoli che almeno (come i Greci) ci provano a ribellarsi ai propri governanti ed ai loro provvedimenti iniqui. Ma appunto, noi siamo "italiani" ...
    Ah, una nota: le aziende come strumento di sicurezza sociale o di competizione e lucro ? Secondo E. F. Schumacher ("Piccolo è bello") entrambe le funzioni possono convivere. E l'orientamento per la competizione ed il lucro fini a se stessi mi rattrista.
    Ultima modifica di HornetS2000; 11/02/2012 alle 22:18
    Ho fatto tutto il bene che ho potuto, e tutto il male che ho dovuto
    ... Voi credete in Dio ? ... Noi crediamo nella punizione ...
    Quando tutti i mari sono nostri confratelli,
    Perchè i venti e le onde si innalzano rumorosi
    ?

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