di Ennio Buffoli
In un periodo in cui le tematiche inerenti la circolazione stradale in ambito penale sono di straordinaria attualità i giudici della quarta sezione penale della Corte di cassazione con la sentenza 37606/07 (qui leggibile nei documenti correlati) ribadiscono la necessità di verificare caso per caso l'incidenza eziologica che il superamento del limite di velocità può aver assunto nella causazione di un incidente stradale da cui è conseguita la morte dell'investito.
Osserva infatti la Suprema corte come l'aver superato il limite di velocità da parte dell'investitore a fronte di una contemporanea condotta imprudente della vittima non può di per sé fondare giudizio di colpevolezza, dovendosi piuttosto accertare se, in relazione alle specifiche condizioni di spazio e di tempo, la condotta di guida della vittima fosse prevedibile e se le conseguenze determinatesi a seguito del sinistro fossero evitabili da parte del prevenuto diminuendo la velocità.
La sentenza in commento prende le mosse dal ricorso proposto da R. G. avverso la sentenza della Corte d'appello di Bari che, pur confermando il pronunciamento di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto l'imputato responsabile del reato di omicidio colposo conseguente a sinistro stradale, aveva ridotto la pena in ragione del concorso di colpa della vittima nella causazione dell'incidente.
Secondo l'impostazione recepita dai giudici di merito il sinistro si era verificato poiché la vittima, mentre percorreva una strada statale a bordo di un motoveicolo, aveva improvvisamente invaso la corsia opposta dalla quale sopraggiungeva l'automobile dell'imputato che procedeva ad una velocità di 104 Km orari nonostante il limite di 90 Km orari, causando in tal modo l'impatto.
Pur a fronte di plurimi addebiti colposi ascrivibili alla persona offesa la velocità eccessiva tenuta dal prevenuto avrebbe rappresentato, secondo i giudici d'appello, la violazione della regola cautelare di adeguare la velocità alle condizioni ambientali richiesta per l'integrazione del reato colposo.
Investiti dal ricorso proposto avverso la sentenza d'appello con il quale si è lamentato che, in relazioni alle emergenze probatorie conseguite, non si potesse escludere che, pur a fronte del rispetto del limite di velocità, il sinistro si sarebbe verificato in ogni caso proprio a causa della condotta di guida della vittima, i supremi giudici con la sentenza annotata offrono un prezioso contributo alla sempre attuale tematica della colpa nell'ambito del diritto penale.
In particolare l'aspetto della responsabilità colposa approfondito dalla Corte di cassazione attiene ad un duplice aspetto: da un lato il cosiddetto "criterio del comportamento alternativo lecito", vale a dire l'esclusione di responsabilità allorquando l'evento conseguente alla condotta negligente si sarebbe verificato anche nell'ipotesi in cui l'agente avesse rispettato la cautela doverosa disattesa e dall'altro l'eccesso di velocità quale elemento sempre rappresentativo di una responsabilità colposa.
Muovendo dalla premessa che la problematica dell'incidenza causale rilevante nel caso in esame impone all'interprete di valutare la questione non già sotto l'aspetto della causalità materiale del reato, ascrivendosi al prevenuto una condotta attiva e non già un'omissione, la sentenza ben individua il profilo eziologico da porre in risalto, vale a dire la "causalità della colpa", strumento interpretativo da impiegare per non pervenire a giudizi di responsabilità oggettiva.
È più che evidente l'intento del Supremo collegio di enucleare dal caso sottoposto al loro vaglio quegli elementi dimostrativi del nesso di imputazione soggettivo, distinto rispetto a quello materiale, tra la violazione della regola cautelare e l'evento.
Ed infatti muovendo dal dato letterale dell'art. 43 c.p. laddove precisa che "il delitto è colposo quando l'evento non è voluto e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia" nota doverosamente come la responsabilità colposa non possa estendere a tutti gli eventi conseguenti alla violazione di una norma cautelare ma solo a quelli che la norma di comportamento mira a prevenire.
Ed allora per poter "restringere" lo spettro della responsabilità viene richiamato il criterio della "prevedibilità e della prevedibilità" sì da accertare l'effettiva relazione causale tra le norme di comportamento ed i risultati temuti.
L'agente risponderà solo di quegli eventi che la norma cautelare intende evitare siccome rappresentativi di una concretizzazione del rischio, non potendosi certo attribuire responsabilità per accadimenti che la regola di condotta non ha preveduto come probabili.
Ma vi è di più.
Osserva infatti la sentenza come sia possibile parlare di responsabilità colposa solo quando, unitamente alla violazione della regola cautelare cui consegue uno di quegli eventi che la norma intende prevenire, è possibile individuare anche quella condotta diligente (comportamento alternativo lecito) che, se posta in essere, avrebbe evitato il verificarsi dell'evento.
È pertanto pacifico che andrà esente da responsabilità colui che abbia violato una regola cautelare prevista per evitare un determinato evento quando, pur a fronte di una condotta rispettosa del precetto da parte dell'agente, l'evento si sarebbe realizzato ugualmente.
Conseguentemente, per poter risolvere le censure svolte con l'atto di impugnazione, il Collegio ribadisce come il parametro della prevedibilità e della prevedibilità dell'evento dovrà sempre essere impiegato per pervenire ad un giudizio di imputazione soggettiva della condotta colposa in capo all'agente.
Non è pertanto possibile far discendere automaticamente la penale responsabilità dall'avere il soggetto superato i limiti di velocità dovendosi piuttosto accertare caso per caso se l'agente modello a fronte delle condizioni spazio temporali presenti al momento dell'incidente avesse la possibilità di prevedere la pericolosità della propria condotta.
Richiamando un orientamento consolidato la quarta sezione penale della Corte di cassazione ribadisce come la velocità tenuta dall'investitore sia un concetto relativo rispetto alle situazioni contingenti, trattandosi di un elemento utilizzato per valutare il comportamento dell'imputato in chiave causale e non certo per accertare la violazione della norma contravvenzionale che prescrive precisi limiti di velocità (Corte Cassazione, sezione IV, 9.05.1983, Togliardi).
Ciò che rileva quindi, a fronte di un comportamento imprudente della vittima del sinistro, è la possibilità per l'agente modello di prevedere siffatta incauta condotta e quindi di poter adeguare la propria velocità a tale situazione.
Evidentemente ove tale previsione non sia praticabile l'aver l'investitore superato i limiti di velocità non può di per sé essere rappresentativo di una condotta colposa fino a quando, per le condizioni ambientali e di traffico, serbando tale condotta si possa prevedere la verificazione di un preciso evento illecito.
È per tali ragioni che, rilevando un difetto motivazionale, i supremi giudici rimettono la valutazione al giudice di merito civile - essendo il reato prescritto e dovendosi quindi valutare le sole statuizioni civili - affinché possa stabilire se, rispetto alle condizioni spazio - temporali presenti al momento del sinistro ivi compresa la condotta di guida della vittima, l'evento illecito fosse prevedibile e per l'effetto prevenibile con una condotta di guida più prudente.
Va da sé che, una volta superata la disamina relativa alla prevedibilità dell'evento, per confermare il giudizio di penale responsabilità dovrà in ogni caso dimostrarsi come la condotta di guida della vittima non fosse talmente imprudente e pericolosa da determinare l'impatto anche a fronte di una condotta del prevenuto rispettosa delle norme cautelari.