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più che l'inno "L'internazionale comunista" era proprio il partito comunista
L'Internazionale Comunista era all'epoca strutturata, secondo una concezione fortemente sostenuta da Lenin, come partito unico mondiale. Di qui la denominazione estesa di "Partito Comunista d'Italia, Sezione dell'Internazionale Comunista".
Tale denominazione ufficiale rimarrà fino al 1943, quando sarà sciolta l'Internazionale Comunista, ma almeno dal 1924-1925 compare nei documenti del nuovo partito la denominazione PCI, acronimo di Partito Comunista Italiano. La nuova denominazione con l'aggettivo nazionale subentra all'originaria man mano che l'Internazionale Comunista, specie dopo la morte di Lenin, diventa di fatto una federazione di partiti comunisti nazionali. Il problema del nome non era quindi secondario per le due principali componenti del partito: da una parte la concezione leniniana del partito unico mondiale, internazionalista e fortemente accentrato; dall'altra quella del partito con peculiarità e autonomia nazionali.
Fin dalla sua nascita il PCd'I compie un grande sforzo per organizzarsi su basi che non siano una semplice riproduzione di quelle dei partiti tradizionali. In particolare, il partito riprende alcuni temi che furono già caratteristici della battaglia all'interno del PSI: è necessario dar vita ad un "ambiente" ferocemente avverso alla società borghese e già anticipatore della società futura. Il proposito non ha nulla di utopistico, dato che già in questa società, specie nel mondo della produzione, certe strutture nascono in funzione di un risultato futuro.
In due articoli del 1921 questo concetto è sviluppato fino al punto di affermare che l'organo partito non è una semplice parte della classe proletaria ma già una struttura al di là delle classi, già adatta a una società senza di esse, disegnata dai suoi compiti futuri. La rivoluzione non è infatti un problema di forme organizzative ma di forza; essa non si "fa" (velleitarismo infantile) ma si "dirige" (rovesciamento della prassi). Dal punto di vista organizzativo, dunque, il partito dovrebbe abbandonare la democrazia elettiva, le gerarchie interne, ecc. e funzionare "organicamente", cioè come un organismo biologico, con le sue parti, cioè cellule e organi differenziati che però partecipano insieme al tutto.
Non essendo altro che una sezione territoriale dell'Internazionale Comunista, il PCd'I adotta lo stesso programma, la stessa concezione di partito e la stessa tattica adottate al II Congresso di Mosca (1920). Il programma ufficiale, redatto in 10 punti, inizia con quello sulla natura intrinsecamente catastrofica del sistema capitalistico e termina con quello sull'estinzione dello Stato. Ricalca in modo sintetico il modello che Lenin aveva tratteggiato per il partito russo.