E qui entra in gioco la famigerata flessibilità, che in Germania non si traduce però nel modo in cui la vorrebbero molti imprenditori italiani. “Noi non intendiamo la flessibilità nel senso anglosassone di poter licenziare la gente quando si vuole, bensì in termini di numero di ore lavorate”, spiega Asmussen, riportando una posizione, questa sì, che a parole coincide con quella dell’esecutivo.
Il modello è molto lineare. “Magari sei pagato parzialmente, ma sei sicuro di mantenere il posto di lavoro. Mentre le ore di lavoro possono arrivare fino a zero per periodi molto limitati, il dipendente mantiene comunque il 60% della paga e nel frattempo riceve formazione”. La flessibilità, insomma, è nel numero di ore che si adeguano alla situazione economica del momento. Dal punto di vista delle tipologie contrattuali, invece, la regola prevede che un contratto a tempo determinato possa durare due anni e sia rinnovabile due volte “senza causale”. Dopo di che il lavoratore non matura il diritto all’assunzione a tempo indeterminato, “l’azienda è libera di non assumere, il rischio c’è. Ma se ti tengono”, aggiunge Asmussen, “ti spetta un contratto stabile”.
...l'importante è che questi principi siano applicati in egual modo per tutti i lavoratori dipendenti...
nn è questione di essere rosso nero o verde...quando i principi sono giusti poi le cose funzionano...e se funzionano si vede...