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Dimezzati i posti letto per terapia intensiva e casi gravi
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità,*il nostro Paese ha dimezzato i posti letto per i casi acuti e la terapia intensiva, passati da*575 ogni 100 mila abitanti ai 275 attuali. Un taglio del 51% operato progressivamente dal 1997 al 2015, che ci porta in fondo alla classifica europea. In testa la Germania con 621 posti, più del doppio (qui sotto*l’infografica interattiva dell’Oms*sui posti letto per casi acuti persi nei diversi Paesi dal 1997 al 2015).
Mentre le cronache raccontano del personale sanitario allo stremo, occorre ricordare che*la sanità pubblica nazionale ha perso, tra il 2009 e il 2017, più di 46 mila unità di personale dipendente.*Oltre 8.000 medici e più di 13 mila infermieri,*secondo la Ragioneria di Stato. Cifre che da sole possono far comprendere come gli* ospedali e i pronto soccorso, già sotto pressione al nord, potrebbero non essere in grado di reggere la diffusione dell’epidemia. Specie nelle regioni del centro e del sud, ancora meno attrezzate e con minore personale. Come*denunciato dal presidente dell’Associazione Medici Dirigenti, (Anaoo),*le strutture ospedaliere hanno perso, infatti, 70 mila posti letto, solo negli ultimi 10 anni.
https://www.google.com/amp/s/valori....va-fare/%3famp
Tagli o mancati investimenti?
Eppure, secondo*l’ultima relazione della Corte dei Conti al Parlamento* con la legge di bilancio approvata il 30 dicembre 2018, sono state incrementate le risorse da destinare al fabbisogno sanitario. Dai*114,4 miliardi di euro stanziati nel 2019, ai 116,4 miliardi di euro per il 2020, fino ai*117,9 miliardi previsti* per il 2021. Ma, come si legge nella stessa relazione,*gli investimenti, proprio da parte degli enti locali, sono stati ridotti del*48%* tra il 2009 e il 2017.*E con essi le risorse umane, in calo del 5,3%.
L’Italia spende in sanità meno di Germania, Francia e Regno Unito
Globalmente, la*spesa sanitaria*sostenuta dallo Stato italiano, nel 2017, è stata pari al*6,6% del Pil. Valore inferiore di circa tre punti percentuali a quella in Germania (9,6%) e Francia (9,5%), di un punto percentuale rispetto al Regno Unito. E di poco superiore a quella di Spagna (6,3%), Portogallo (6,0%) e Repubblica Ceca (5,8%).
Sempre secondo la Corte dei Conti, i dati Ocse relativi all’arco temporale 2000/2017 mostrano, soprattutto a partire dal 2009, la progressiva perdita di peso relativo del comparto sanitario sul Pil,* rispetto a quello nei maggiori paesi europei. Se nel 2000 Francia e Germania spendevano per il servizio sanitario due punti percentuali di Pil in più rispetto all’Italia (rispettivamente 7,5%, 7,7% e 5,5%), nel 2017 il divario è cresciuto a tre punti percentuali.
Anche l’indicatore della spesa pro capite mostra il sottodimensionamento relativo di quella italiana. Nel 2017 la spesa pubblica italiana (espressa in dollari a parità di potere di acquisto) è stata pari a 2.622 dollari, ossia inferiore del 35% a quella francese (4.068 dollari) e del 45% a quella tedesca (4.869 dollari), con un divario che cresce, rispetto a quello dell’anno 2000, rispettivamente di 10 e di 15 punti percentuali.