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Risultati da 581 a 590 di 992

Discussione: Proposte economiche per far ripartire l'Italia

  1. #581
    TCP Rider Senior L'avatar di z4fun
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    Io esporto il 90% della produzione per fortuna ma per chi vive del Paese Italia saran cazzi amarissimi!

    dai che Conte ti lascia andare a lavorare per pagare le pensioni, stesso discorso per il lotto ed i tabacchi lavora e torna a casa in carcere per un paio di mesi! E non provare ad andare a correre che ti incula

    PS: ma quelli che dovevano ritirare le moto? Speriamo che i concessionari siano ancora vivi a giugno...
    Ultima modifica di z4fun; 26/04/2020 alle 20:44

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  3. #582
    TCP Rider Senior L'avatar di Desmonio
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    io riaprirei le case chiuse ma legalizzate : dopo tutto sto casino sai quanto incasserebbe lo stato????
    e legalizzerei la marijuana per lo stesso motivo.

  4. #583
    TCP Rider L'avatar di Sting
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    piano piano sta venedo a galla qualcosina, basta solo aspettare un po' e vedremo se alla fine dietro a tutto ciò c'è la manina di qualcuno


    La rivoluzione verde fermata dal coronavirus: la ripresa sarà tutta fossile

    L'Europa preme per la svolta green che però è ostacolata dall’urgenza del rilancio dell'economia. E i paesi meno avanzati e diverse lobby chiedono di rinviare l’ecotransizione e dirottare altrove i sussidi previsti per la riconversione


  5. #584
    Triumphista Moderatore L'avatar di _sabba_
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    Anche i letamai sono ecologici in quanto composti di materiale organico e vegetale, ma puzzano maledettamente!

    Sabba

  6. #585
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    Sempre gradevoli le analisi di tre righe senza fatto, senza fonte, senza dato, senza neppure soggetto né predicato, ma contraddistinte dal perenne interrogativo: "e se poi fosse vero?".

  7. #586
    TCP Rider Senior L'avatar di ABCDEF
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    Citazione Originariamente Scritto da Sting Visualizza Messaggio
    piano piano sta venedo a galla qualcosina, basta solo aspettare un po' e vedremo se alla fine dietro a tutto ciò c'è la manina di qualcuno


    La rivoluzione verde fermata dal coronavirus: la ripresa sarà tutta fossile

    L'Europa preme per la svolta green che però è ostacolata dall’urgenza del rilancio dell'economia. E i paesi meno avanzati e diverse lobby chiedono di rinviare l’ecotransizione e dirottare altrove i sussidi previsti per la riconversione
    dimmi: perchè tu, oltre alle altre menti non obnubilateo, peggio, asservite, possiate affermare la tesi che esponi con certezza, cosa è necessario?

    una prova?
    un fiorire di post sul web?
    oppure, come credo, pur da asservito e obnubilato, a voi basta già così, anzi, lo sapete fin dall'inizio?

    e che cosa intendi per: "la manina di qualcuno"?

  8. #587
    TCP Rider L'avatar di Sting
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    se avessi letto il mio post tempo fa sulla "stranezza" del crollo del petrolio forse capiresti

  9. #588
    TCP Rider Senior L'avatar di ABCDEF
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    Citazione Originariamente Scritto da Sting Visualizza Messaggio
    se avessi letto il mio post tempo fa sulla "stranezza" del crollo del petrolio forse capiresti
    ti ho detto che sono obnubilato

    potresti esporre con chiarezza, magari senza rimandare ad altri, la tua tesi

    e , sempre se ti va, rispondere alle mie semplici domande

    ah: una cosa strana non indica nulla...è strana e basta

    così come correlazione non è causalità ecc. ecc.

    cito:
    Stephan Lewandowsky, psicologo e presidente del dipartimento di psicologia cognitiva all’Università di Bristol, e John Cook, scienziato cognitivo e ricercatore al Center for Climate Change Communication della George Mason University, hanno studiato le cause e le dinamiche delle teorie del complotto, ed hanno creato una sorta di manuale di istruzioni per “navigare” il complottismo.

    Le teorie del complotto sono contraddistinte da sette caratteristiche principali, riassunte in inglese con l’acronimo CONSPIR (in inglese coincide con le lettere iniziali di ogni caratteristica).

    La prima è l’elemento di contraddittorietà; chi crea e propone le teorie del complotto può contemporaneamente credere ad idee che si contraddicono a vicenda. Non importa che il ragionamento sia incoerente, ma importa solo evitare ad ogni costo di credere alla versione ufficiale dei fatti.

    La seconda caratteristica, infatti, è la diffidenza (preesistente) proprio nei confronti della versione ufficiale dei fatti; qualsiasi elemento non rientri direttamente nella teoria non va considerato. Il complotto diventa la realtà, è il resto ad essere una distorsione.

    Questo si lega ad una terza caratteristica, il sospetto: “c’è qualcosa che non va”, è la realtà ad essere un inganno e non viceversa.

    Un altro aspetto comune a coloro che sostengono le teorie del complotto è un sentimento di vittimismo, accompagnato dalla mania di persecuzione: il complottista si presenta come vittima di una persecuzione universale. Allo stesso tempo, diventa “antagonista coraggioso” che affronta i “malvagi cospiratori” (ovvero tutti coloro che sono al di fuori della teoria del complotto) e finisce per avere una percezione di sé ambivalente: vittima ed eroe contemporaneamente.

    Quinta caratteristica: molto spesso le teorie del complotto sono volutamente “immuni” a prove fattuali, Cook e Lewandowsky le definiscono “auto-sigillanti”. E anche se le prove esistono, vengono reinterpretate in modo tale da farle rientrare nel quadro del complotto stesso. Quanto più forti sono le prove a sfavore della teoria, tanto più i complottisti hanno necessità che venga creduta la loro (falsa e costruita) versione dei fatti. Esempio: “il cambiamento climatico non esiste, è un complotto e gli scienziati che dimostrano che esiste e che è stato prodotto dall’uomo ne fanno parte”. Un complotto nel complotto, insomma.

    Spesso, la manipolazione della realtà è così ingannevole da rendere le teorie una plausibile alternativa alla realtà. Più il complotto è credibile, più è pericolosa la sua diffusione.

    Il meccanismo di reinterpretazione delle prove si lega anche alla sesta caratteristica: i complottisti strumentalizzano le “coincidenze”, reinterpretano le casualità per integrarle nel complotto stesso.

    Nulla accade per caso, tutto deve indicare che la teoria è l’assoluta verità: ogni dettaglio, anche il più irrilevante, viene intrecciato in uno schema d’inganno che possa rientrare alla perfezione all’interno del complotto.

    L’ultima caratteristica rappresenta l’aspetto più strategico di queste teorie: “l’intento nefasto” o malafede. “Le motivazioni alla base di ogni complotto sono ritenute nefaste”, scrivono Cook e Lewandowsky. “Le teorie del complotto non prevedono mai che i complottisti abbiano intenzioni benevole”.

    Ma perché le teorie del complotto si diffondono così facilmente?

    Secondo Cook e Lewandowsky, le persone che si sentono vulnerabili e impotenti tendono ad offrire un terreno fertile per la diffusione delle teorie del complotto.

    Inoltre, queste teorie permettono di “affrontare” circostanze di minaccia immediata attraverso un capro espiatorio: un “grande evento” deve per forza avere una “causa importante”. In quest’ottica, è un modo per spiegare eventi improbabili e fuori dall’ordinario: una sorta di meccanismo di coping (barcamenarsi, ndr) che offre ad alcuni un modo alternativo per “gestire l’incertezza”.

    La dimensione di incertezza è, infatti, fondamentale affinché le teorie del complotto possano avere successo. Possono essere utilizzate come strumento “retorico” per sfuggire a conclusioni “scomode”, per “contestare” le idee politiche ufficiali e sono un ingrediente inevitabile dell’estremismo politico.

    Studi di “de-radicalizzazione”, quindi, possono fornire indicazioni su come “disarmare” i complottisti.

    I social media tendono ad alimentare i meccanismi delle teorie del complotto.

    La mancanza dei tradizionali “gate-keeper” (ad esempio i giornali, ndr), scrivono Cook e Lewandowsky, è uno dei motivi per cui la disinformazione si diffonde più facilmente e velocemente online, spesso spinta da account falsi, bot o troll.

    Allo stesso modo, chi “consuma” le teorie del complotto è incline a mettere “mi piace” e a condividere post complottisti su Facebook.

    Cook e Lewandowsky, identificano due modalità principali per far fronte a queste teorie: il prebunking e il debunking.

    ecc.ecc.

  10. #589
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    non è che ne abbia tanta voglia di scassarmi la minkia con tutte queste elucubrazioni, vedo solamente che incomincia ad essere un po' troppo inflazionato il concetto sui fantomatici "complottisti".
    Io ho alcune teorie su ciò che sta accadendo e solitamente prima di assecondare gli eventi cerco sempre di vedere un po' oltre e analizzare ogni aspetto anche quello più improbabile per vedere se ci può essere un punto di contatto, è una mia deformazione professionale forse ma in 55 anni mi ha quasi sempre portato bene tanto da far dire a diverse persone/conoscenti che spesso vedo troppo oltre, al limite della fantasia ma che quando però si verifica la previsione restano basiti.
    Se rileggi bene ho scritto di aspettare un po' e se si verificheranno alcune cose che ora immagino e che l'articolo de L'Espresso riporta(altro complottista????), allora la mia tesi del tanto "vituperato" complotto (ormai si chiama cosi tutto ciò che sta sulle balle a chi conta e decide) sarà azzeccata.
    Ora non ho voglia di disquisire sulle mie teorie, mi porterebbero via troppo tempo, cioddafa' ma una cosa la ripeto (non so se l'ho già detta): tutto quello che sta accadendo non è opera di Batman.

    prosit

  11. #590
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    ti ho detto che sono obnubilato

    potresti esporre con chiarezza, magari senza rimandare ad altri, la tua tesi

    e , sempre se ti va, rispondere alle mie semplici domande

    ah: una cosa strana non indica nulla...è strana e basta

    così come correlazione non è causalità ecc. ecc.

    cito:
    Stephan Lewandowsky, psicologo e presidente del dipartimento di psicologia cognitiva all’Università di Bristol, e John Cook, scienziato cognitivo e ricercatore al Center for Climate Change Communication della George Mason University, hanno studiato le cause e le dinamiche delle teorie del complotto, ed hanno creato una sorta di manuale di istruzioni per “navigare” il complottismo.

    Le teorie del complotto sono contraddistinte da sette caratteristiche principali, riassunte in inglese con l’acronimo CONSPIR (in inglese coincide con le lettere iniziali di ogni caratteristica).

    La prima è l’elemento di contraddittorietà; chi crea e propone le teorie del complotto può contemporaneamente credere ad idee che si contraddicono a vicenda. Non importa che il ragionamento sia incoerente, ma importa solo evitare ad ogni costo di credere alla versione ufficiale dei fatti.

    La seconda caratteristica, infatti, è la diffidenza (preesistente) proprio nei confronti della versione ufficiale dei fatti; qualsiasi elemento non rientri direttamente nella teoria non va considerato. Il complotto diventa la realtà, è il resto ad essere una distorsione.

    Questo si lega ad una terza caratteristica, il sospetto: “c’è qualcosa che non va”, è la realtà ad essere un inganno e non viceversa.

    Un altro aspetto comune a coloro che sostengono le teorie del complotto è un sentimento di vittimismo, accompagnato dalla mania di persecuzione: il complottista si presenta come vittima di una persecuzione universale. Allo stesso tempo, diventa “antagonista coraggioso” che affronta i “malvagi cospiratori” (ovvero tutti coloro che sono al di fuori della teoria del complotto) e finisce per avere una percezione di sé ambivalente: vittima ed eroe contemporaneamente.

    Quinta caratteristica: molto spesso le teorie del complotto sono volutamente “immuni” a prove fattuali, Cook e Lewandowsky le definiscono “auto-sigillanti”. E anche se le prove esistono, vengono reinterpretate in modo tale da farle rientrare nel quadro del complotto stesso. Quanto più forti sono le prove a sfavore della teoria, tanto più i complottisti hanno necessità che venga creduta la loro (falsa e costruita) versione dei fatti. Esempio: “il cambiamento climatico non esiste, è un complotto e gli scienziati che dimostrano che esiste e che è stato prodotto dall’uomo ne fanno parte”. Un complotto nel complotto, insomma.

    Spesso, la manipolazione della realtà è così ingannevole da rendere le teorie una plausibile alternativa alla realtà. Più il complotto è credibile, più è pericolosa la sua diffusione.

    Il meccanismo di reinterpretazione delle prove si lega anche alla sesta caratteristica: i complottisti strumentalizzano le “coincidenze”, reinterpretano le casualità per integrarle nel complotto stesso.

    Nulla accade per caso, tutto deve indicare che la teoria è l’assoluta verità: ogni dettaglio, anche il più irrilevante, viene intrecciato in uno schema d’inganno che possa rientrare alla perfezione all’interno del complotto.

    L’ultima caratteristica rappresenta l’aspetto più strategico di queste teorie: “l’intento nefasto” o malafede. “Le motivazioni alla base di ogni complotto sono ritenute nefaste”, scrivono Cook e Lewandowsky. “Le teorie del complotto non prevedono mai che i complottisti abbiano intenzioni benevole”.

    Ma perché le teorie del complotto si diffondono così facilmente?

    Secondo Cook e Lewandowsky, le persone che si sentono vulnerabili e impotenti tendono ad offrire un terreno fertile per la diffusione delle teorie del complotto.

    Inoltre, queste teorie permettono di “affrontare” circostanze di minaccia immediata attraverso un capro espiatorio: un “grande evento” deve per forza avere una “causa importante”. In quest’ottica, è un modo per spiegare eventi improbabili e fuori dall’ordinario: una sorta di meccanismo di coping (barcamenarsi, ndr) che offre ad alcuni un modo alternativo per “gestire l’incertezza”.

    La dimensione di incertezza è, infatti, fondamentale affinché le teorie del complotto possano avere successo. Possono essere utilizzate come strumento “retorico” per sfuggire a conclusioni “scomode”, per “contestare” le idee politiche ufficiali e sono un ingrediente inevitabile dell’estremismo politico.

    Studi di “de-radicalizzazione”, quindi, possono fornire indicazioni su come “disarmare” i complottisti.

    I social media tendono ad alimentare i meccanismi delle teorie del complotto.

    La mancanza dei tradizionali “gate-keeper” (ad esempio i giornali, ndr), scrivono Cook e Lewandowsky, è uno dei motivi per cui la disinformazione si diffonde più facilmente e velocemente online, spesso spinta da account falsi, bot o troll.

    Allo stesso modo, chi “consuma” le teorie del complotto è incline a mettere “mi piace” e a condividere post complottisti su Facebook.

    Cook e Lewandowsky, identificano due modalità principali per far fronte a queste teorie: il prebunking e il debunking.

    ecc.ecc.
    E’ grazie a questi professoroni se siamo dove siamo.
    E si che la realtà è sotto gli occhi di tutti.

    Io le cose le ho imparate per la strada, è quella la vera università, e me la sono sempre cavata.

    Secondo te chi li ha pagati per scrivere certe cose?
    Non ti sembra strano?

    Quando aprirete gli occhi?

    Aspetta e vedrai.

    ....

    Aggiungi pure altro a piacimento.
    Io sono responsabile di quello che dico. Non di quello che capisci tu. [cit]
    Questa è una mela...

    IMHOSTICA

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