Forse una generazione di giovani italiani dovrebbe aspirare non a diventare ricercatori molecolari o operatori dell'alta finanza trasferendo il cervello all'estero, ma a diventare capofficina, saldatore di alto livello, tecnico in qualcosa di un pelino più umile intellettualmente ma più utile alla ripresa dell'economia e comunque professionalmente qualificante.
Uno dei motivi che mi hanno indotto alla chiusura dell'attività, oltre alla contrazione del mercato, è stata proprio l'impossibilità di trovare e nel contempo di formare operai particolarmente qualificati, nella fattispecie saldatori e meccanici specializzati in grandi apparecchi a pressione e muratori refrattaristi. Ho portato alla pensione gli ultimi e poi stop.
Di trovarli perché già oltre a noi sulla piazza ce n'erano molto pochi e nessuno a spasso, di formarli perché sono mestieri che si imparano tenendo gli occhi aperti mentre da aiutanti (già questo comporta preparazione e precisione) si servono i capisquadra. Ogni altra forma di istruzione era di fatto impossibile, non avendo la possibilità economica né contrattuale di organizzare corsi forzati oltre l'orario di lavoro e nemmeno di rallentare l'attività presso la clientela imponendo ai capisquadra di servire gli aiutanti costringendoli a prendere in mano i ferri del mestiere. E ci ho pure provato perdendoci tempo e soldi.
Nessuno interessato a fare il salto di qualità, nemmeno dopo aver lavorato 10 anni ad aiutare chi il padre chi lo zio. Complice sicuramente il fatto che al giorno d'oggi il gap retributivo tra uno specializzato ed un aiutante non è poi tale da indurre ad accendere il cervello,per costruirsi un futuro migliore.