Mario Formenton, il presidente e azionista della casa di Segrate che nel lontano 1984 si rivolse proprio all’Ingegnere per chiedere un aiuto manageriale e finanziario dopo il malaugurato ingresso nel campo televisivo (l’acquisto di Retequattro) e con l’obbiettivo di risolvere in qualche modo la guerra corrosiva che già era scoppiata tra le famiglie Formenton e Mondadori.
A quel tempo il gruppo editoriale presentava un bilancio particolarmente sofferente con 940 miliardi di lire di ricavi, 400 miliardi di debiti e 240 miliardi di perdite. Solo alcune alchimie contabili consentivano di ridurre il rosso del 1984 a 10 miliardi ma nessuno a quel tempo era disposto a investire una lira in un’azienda così pericolante. Tuttavia De Benedetti rispose positivamente all’appello di Formenton, insieme chiamarono Franco Tatò dalla Mannesmann per cercare di raddrizzare i conti della Mondadori, diedero mandato alla Mediobanca di Enrico Cuccia di vendere Retequattro a Berlusconi e gettarono le basi per un aumento di capitale da 60 miliardi concluso nel 1985. E quando proprio in quell’anno Leonardo Mondadori propose l’ingresso di Berlusconi nell’azionariato della Amef (la holding che controllava la casa editrice) fu Mario Formenton a imporre a sua volta la discesa in campo della Cir con una quota doppia (il 16%) rispetto a quella della Fininvest (8%). Poi la faccenda si complica. Formenton scompare nel 1987, i rapporti tra le due famiglie si inaspriscono, la Cir comincia a rastrellare azioni Amef sul mercato e nel maggio 1988, nel solco di ciò che era successo fino a quel momento, Cristina e Luca chiedono a De Benedetti di prendere in mano le redini dell’azienda. Nel far ciò firmano anche un accordo di prelazione che prevede la vendita all’ingegnere di tutte le loro azioni Amef entro il 31 gennaio 1991. Ma la controffensiva di Berlusconi comincia a dare i suoi frutti nel settembre 1989. Emissari di Luca e Cristina fanno sapere a De Benedetti che vorrebbero un coinvolgimento del Cavaliere nel controllo della casa editrice. Si avviano le trattative ma è chiaro fin da subito il cambio di campo dei Formenton che ai primi di dicembre fanno sapere di aver raggiunto un accordo con l’uomo di Arcore per la vendita delle loro azioni. A gennaio 1990 Berlusconi, che pochi mesi prima aveva detto «di non voler rimanere seduto sul sedile posteriore della Mondadori» viene nominato presidente della casa editrice e dunque, oltre a tre tv e a Il Giornale s’impossessa del gruppo editoriale che controlla Repubblica, Panorama, Espresso, Epoca e i 15 quotidiani locali della Finegil. Un’enormità, se fosse esistita un’autorità antitrust. Il punto centrale di tutta la guerra di Segrate è rappresentato dal "lodo Mondadori", l’arbitrato con cui tre giudici super partes nel giugno 1990 danno ragione a De Benedetti e al suo contratto del 1988 che gli consente di entrare in possesso delle azioni Amef a lui promesse. È a questo punto che il Cavaliere comincia a giocare pesante e insieme ai Formenton impugna il lodo di fronte alla Corte d’Appello di Roma presieduta da Antonio Valente, con Vittorio Metta giudice relatore. Il 24 gennaio 1991 la Corte annulla il lodo e la Mondadori torna nelle mani di Berlusconi ma con De Benedetti azionista importante: l’unica via d’uscita è la mediazione messa in campo da Andreotti e Ciarrapico attraverso cui il gruppo Espresso-Repubblica torna sotto il controllo dell’Ingegnere. Ma si deve arrivare al 2007, dopo diversi processi penali, perché la Corte d’Appello di Milano decida che la sentenza Metta è stata comprata da Cesare Previti che agiva per conto del Cavaliere e con denaro della Fininvest. Ora è arrivato anche il risarcimento patrimoniale già definito ingiusto dalla Fininvest che ricorrerà in appello. Per la parola fine ci vorranno dunque altri due o forse tre passaggi giudiziari ma di certo non si potrà tornare alla situazione ex ante, quella del 1989. In soli cinque anni (dal 1984) la Mondadori sotto l’ombrello De Benedetti passò da 67 a 2500 miliardi di capitalizzazione in Borsa, da 940 a 2400 miliardi di fatturato, da una perdita di 240 a un utile di 100 miliardi. Il valore della partecipazione Formenton nella Mondadori in quel periodo si moltiplicò per trenta volte ma tutto ciò non impedì quel famoso salto della barricata che ha allargato a dismisura l’impero mediatico di Berlusconi.